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Nella nostra regione ed in particolare a Genova, preoccupa l'espansione di sale scommesse e compro oro, mondi attorno ai quali prospera l'humus ideale per l'espansione del prestito a nero
L’usura costringe a chiudere cinquanta aziende al giorno e ha bruciato, nel corso del 2010, almeno 130 mila posti di lavoro. Cifre impressionanti emerse dal rapporto curato da Confesercenti, “No usura day” che, giunto alla seconda edizione, torna a fare il punto su un fenomeno circondato da un silenzio assordante nonostante sia in continua crescita.
La persistente crisi economica ha reso più difficili le condizioni di vita, la qualità, il potere d’acquisto di cittadini e imprenditori, allargando il bacino potenziale del mercato usurario. E per il futuro le previsioni sono assai cupe. Ormai si parla apertamente di recessione, ne è sicura Confindustria che stima per il 2012 un prodotto interno lordo in calo dell’1,6% e lo teme anche l’Abi. L’associazione bancaria fa una previsione meno negativa – segnalando per l’anno prossimo un pil in diminuzione dello 0,7% – ma la sostanza non cambia.
In un contesto simile aumentano esponenzialmente le fasce di cittadinanza coinvolte nello stato di impoverimento generale. Lo certifica anche la Banca d’Italia che, nel rapporto sulla stabilità finanziaria del novembre 2011, avverte “Le imprese stanno risentendo dell’indebolimento dell’attività economica. I sondaggi presso le aziende segnalano aspettative di un peggioramento dei livelli di attività e delle condizioni di acceso al credito. Qualora queste aspettative si materializzassero, nel 2012 le condizioni finanziarie potrebbero peggiorare per molte imprese”.
Commercianti e piccoli imprenditori, già gravati dalla crisi potrebbero subire dunque ulteriori contraccolpi dall’accesso al credito. Mentre l’indebitamento delle imprese ha raggiunto i 180 mila euro, raddoppiando nell’ultimo decennio.
“In Liguria, come nel resto d’Italia, c’è stata una diminuzione drastica delle erogazioni da parte degli istituti bancari sia alle imprese che ai privati – spiega Andrea Dameri, direttore Confesercenti Genova – alcuni istituti sono quasi fermi a causa della forte crisi di liquidità. Ovviamente con la crisi è cambiata anche la qualità dell’indebitamento delle imprese, che mentre prima finanziavano investimenti, adesso finanziano ristrutturazioni del debito e soprattutto liquidità”.
Anche i fallimenti sono cresciuti vorticosamente: +26,6% nel 2009, + 46% secondo i dati del primo trimestre 2010. A pagare il prezzo più alto è il piccolo commercio – si legge nel dossier di Confesercenti – Nell’ultimo triennio sono infatti 242 mila i commercianti al dettaglio che hanno cessato l’attività a cui bisogna aggiungere oltre 300 mila imprese artigiane.
A Genova – secondo i dati della camera di Commercio – dopo un 2009 disastroso, che aveva visto crescere il valore complessivo dei mancati pagamenti dell’85% e il numero dei fallimenti del 50%, il 2010 vede il crollo del valore dei protesti (-43%) e un forte rallentamento della corsa dei fallimenti (+ 7,9%). Il dato genovese è ancor più incoraggiante se si pensa che a livello nazionale il valore dei protesti è sceso solo del 17,7% mentre i fallimenti continuano a crescere del 20%. Nei primi 5 mesi del 2011 il valore complessivo dei titoli protestati (assegni, cambiali e tratte) è sceso ancora rispetto allo stesso periodo del 2010, del 27,4%.
Purtroppo i fallimenti sono tornati a crescere in questo terzo trimestre in modo esponenziale. Nei primi 9 mesi del 2011 a Genova sono stati 112 (nello stesso periodo del 2010 erano 86). 33 sono attività commerciali e 23 le imprese artigiane.
Tornando al quadro nazionale la forte fase di instabilità economica ha determinato una ripresa incontrollabile del fenomeno usurario. “Oggi i gangli del credito illegale strangolano chiunque: non solo i clienti abituali come i giocatori d’azzardo, famiglie a basso reddito o imprenditori incapaci di gestire complicate situazioni economiche ma anche operai, impiegati e professionisti – scrive Confesercenti –Accanto all’usura strettamente intesa sta infatti emergendo una vasta area di sovraindebitamento che colpisce soprattutto le famiglie di medio reddito”.
Stimare il mercato dell’usura è un’operazione complicata, perché parliamo di un fenomeno sommerso. È possibile però, in base alle informazioni in possesso di Sos impresa e ai diversi sportelli di aiuti presenti in tutta Italia, indicare il numero dei commercianti coinvolti. Si tratta di almeno 200 mila unità e visto che ciascuno si indebita con più strozzini, le posizioni debitorie sono stimate in oltre 600 mila. Di queste almeno 70 mila sono con associazioni per delinquere di tipo mafioso finalizzate all’usura.
“Alle aziende coinvolte vano aggiunti gli altri piccoli imprenditori, artigiani soprattutto ma anche dipendenti pubblici, operai e pensionati, facendo giungere ad oltre 600 mila le persone invischiate in patti usurari”.
La cifra media del prestito iniziale è relativamente bassa, nel 40% dei casi non supera i 5 mila euro, e un altro 39% arriva a 20 mila. “I tassi di interesse oscillano mediamente tra il 120% ed il 240% annui (10-20% mensili) e cresce il capitale richiesto e gli interessi restituiti – si legge nel rapporto – nel complesso il tributo pagato dai commercianti ogni anno, a causa di questa lievitazione, si aggira in non meno di 20 miliardi di euro”. La scelta del ricorso al prestito usurario per molti imprenditori e commercianti si rivela fatale “Nel 30% dei casi determina la fine della propria attività”. E tra le cause della cessazione emerge un sostanzioso 12% di espropri da parte degli usurai.
Ma qual è la situazione in Liguria?
Nel documento si segnalano 5700 commercianti coinvolti, il 12% di quelli attivi, per un giro d’affari di circa 600 mila euro. “Ma – avverte Dameri – questi dati vanno trattati con estrema cautela. Parliamo di una stima ricavata dall’incrocio di indicatori statistici. Per essere chiari non esiste un riscontro oggettivo rispetto al fatto che in Liguria ci siano 5700 imprese vittime di usura. Personalmente tutte le volte che – anche a seguito di fatti di cronaca eclatanti come le indagini in Valbisagno o a Certosa – siamo intervenuti sui territori interessati ed abbiamo chiesto ai presidenti di Civ o ai nostri soci storici se erano a conoscenza diretta o indiretta di episodi di usura o estorsione, ci è sempre stato risposto con un netto diniego, senza alcuna esitazione. Ovviamente questo non significa che il fenomeno usura non interessi la Liguria, anzi se incrociamo i dati relativi a protesti, fallimenti, cessazioni di attività e li incrociamo per esempio con i dati relativi alle indagini ed ai procedimenti aperti in tema di usura, emerge un forte rischio per il nostro territorio”.
Per quanto riguarda i privati cittadini, abbiamo chiesto lumi alla Fondazione antiusura S. Maria del soccorso, l’unico ente del genere presente in Liguria, nata 15 anni fa su iniziativa dell’allora Arcivescovo di Genova, Dionigi Tettamanzi.
“Noi operiamo soprattutto sul versante della prevenzione dell’usura – spiega il dott. Montani, responsabile della Fondazione – cercando di avvicinare tutte le persone a rischio”. Quindi famiglie in difficoltà e cittadini alle prese con problemi economici.
“Ma a noi si rivolgono anche persone che ammettono di essere cadute nella rete dell’usura – continua Montani – su circa 1200 – 1300 casi all’anno, 20 sono riferibili all’usura. Siamo sotto al 2% del totale”.
In situazioni simili la fondazione invita sempre a denunciare e fornisce la necessaria consulenza.
“Fra gli usurati c’è una fascia di stranieri in particolare latino – americani – racconta Montani – Si tratta di una comunità in cui l’usura è presente in misura maggiore rispetto ad altre. È un problema culturale e di mentalità. Può capitare ad esempio di indebitarsi per riuscire ad attuare un ricongiungimento famigliare. Parliamo di un’usura con interessi che si attestano sul 10% al mese”.
Per fortuna in Liguria, rispetto a 10 anni fa, è aumentata la percezione del pericolo. “Fino a qualche anno fa c’era chi finiva nelle braccia dello strozzino per la comunione del figlio – spiega Montani – Oggi, nonostante il periodo di crisi, registriamo un calo di casi grazie alla maggiore consapevolezza del rischio”.
Chi sono gli usurai? E soprattutto quanti sono?
Se nel 2000 le stime parlavano di circa 25 mila prestatori illegali in attività, oggi siamo saliti ad oltre 40 mila. Tra questi si inserisce anche una cosiddetta usura di mafia, ovvero gestita dalla criminalità organizzata che, nell’arco di soli 10 anni, ha ampliato e di molto la sua influenza. Secondo i dati di Sos Impresa le operazioni censite che hanno coinvolto esponenti della criminalità organizzata sono aumentate in tre anni del 52,5%.
A fronte di questi numeri, il numero delle denunce registrate appare davvero risibile: 375 nel 2008 e 369 nel 2009. Particolarmente indicativo risulta invece l’aumento delle persone denunciate che – secondo il Ministero dell’Interno – nel primo semestre 2010, sono state 640.
“Il dato indica inequivocabilmente un allargamento del giro usuraio e soprattutto il fatto che l’usura diventa un reato sempre più associativo – scrive Confesercenti – Il 65% degli usurai consuma il reato in concorso con altri, un 25% agisce all’interno di un associazione a delinquere (16%) o mafiosa (9%)”.
“E se al sud l’usura è il frutto dell’evoluzione di una carriera criminale, nell’Italia centro settentrionale presenta caratteristiche più vicine ad un’attività finanziaria degenerata piuttosto che di un’attività criminale vera e propria”. Ciò non vuol dire che sia meno pericolosa, anzi: “la crescita dei reati associativi, maggiore al nord, è un segnale che conferma come il reato di usura stia sempre più evolvendo verso una dimensione associativa”.
In Liguria tra 2008 e 2010 si sono svolte 23 operazioni antiusura per un totale di 58 indagati. Anche nella nostra regione si conferma un aumento dei soggetti coinvolti (gli indagati erano 9 nel 2009 a fronte di 5 operazioni, sono diventati 32 nelle 7 operazioni censite nel 2010).
Se il fenomeno è sommerso gli attori criminali sono personaggi pubblici. Nella maggior parte dei casi si tratta di persone già note all’autorità giudiziaria.
“La figura dell’usuraio classico (di strada, di quartiere, sul posto di lavoro) è destinata ad esaurirsi per lasciare spazio ad un usuraio organizzato, ben collegato agli ambienti professionali e che si avvale di connivenze con professionisti di alto livello – scrive Confesercenti – Un usura dalla faccia pulita i cui attori protagonisti, imprenditori, commercialisti, avvocati, notai, bancari, funzionari ministeriali e statali, conoscono bene, per professione, i meccanismi del credito legale e spesso conoscono perfettamente le condizioni economiche delle proprie vittime”.
Nella tipologia degli usurai dal volto pulito rientrano innanzitutto le Società di intermediazione o di servizi finanziari “in preoccupante espansione negli ultimi anni, rappresenta una delle più insidiose forme d’illegalità economica perché gioca sulla fiducia che può nutrire una persona bisognosa nei confronti di una struttura apparentemente legale ed impersonale, visibilmente pubblicizzata sui mezzi d’informazione”.
In Liguria – secondo i dati della Camera di Commercio – sono presenti 108 società che svolgono varie attività creditizie e servizi finanziari, 82 solo a Genova.
“I prestiti non sono mai di grossa entità e i tassi d’interesse iniziale abbastanza tollerabili, il meccanismo di usura o truffa scatta sul tasso d’interesse che non è mai a scalare, ma fisso o sull’obbligo d’acquisto di un servizio tanto inutile quanto oneroso”.
Ma forse il fronte più pericoloso, in particolare per Genova, è rappresentato da tutti quei mondi borderline – quelli delle aste giudiziarie e dei tribunali delle esecuzioni, dei compro oro, delle agenzie di scommesse – attorno a cui ruotano personaggi ambigui che maneggiano parecchio denaro. Qui prospera l’humus ideale per l’espansione del prestito a nero.
Preoccupa ad esempio la fortissima impennata relativa all’apertura di Sale scommesse. Sono già 63 fra Genova e Provincia. Ma non solo. È visibile ad occhio nudo anche l’espansione dei Compro oro, difficilmente quantificabili perché rientrano in una più ampia categoria che comprende oreficerie ed altre attività.
Occorre infine non dimenticare mai che, a fronte di facili guadagni, si è notevolmente abbassato il rischio di essere denunciati. In pratica l’usura è un reato depenalizzato.
Il primo dato che salta all’occhio riguarda le persone che denunciano potendo contare sull’assistenza legale, il più delle volte fornita dalle stesse associazioni antiusura presenti sul territorio. Ebbene “solo un 10% dei denuncianti può godere di un’assistenza in grado di garantirlo durante tutto l’iter giudiziario”. Un dato che influenza fortemente l’esito finale della denuncia. Solo nel 9% si arriva, entro due anni, alla chiusura dell’inchiesta e al rinvio a giudizio; nella stragrande maggioranza dei casi (91%) l’indagine si trascina per almeno 4 anni. E di queste un buon 70% vengono archiviate.
“Una percentuale così irrisoria di assistiti è un fallimento della legge 108 che prevedeva una capillare informazione per quanto riguarda l’assistenza alle vittime di usura. Ma la realtà è ben diversa. Le vittime ignorano o ricevono informazioni del tutto errate, un atteggiamento negativo che spesso le spinge a recedere dalla denuncia”.
Dei casi analizzati solo il 9% produce un rinvio a giudizio entro due anni e ancora meno (5%) una sentenza di primo grado. Il 49% ha un’attesa di due o tre anni per il rinvio a giudizio e ben il 36% attende oltre i 4 anni per giungere ad una sentenza di primo grado.
Quando l’inchiesta non viene archiviata è la lentezza con cui i processi arrivano alla sentenza a provocare una serie di conseguenze: la caduta in prescrizione del reato per decorrenza dei termini (18%), oppure l’archiviazione (11%). Nel 22% dei casi la sentenza finale è di assoluzione e solo nel 49% il processo si è concluso con una condanna che oscilla fra una pena minima di 8 mesi e una pena massima di oltre 7 anni, ma solo nel caso particolare in cui oltre all’usura sono contestate anche associazione a delinquere di stampo mafioso e altri reati gravi quali l’estorsione i danneggiamenti, minacce e violenze.
Matteo Quadrone