La NASA ha pubblicato in diretta le immagini dell'esplosione del vulcano sottomarino e la nascita della nuova isola nel cuore del Mar Rosso
Benvenuta! E’ l’espressione benaugurale che si fa in questi casi davanti ad una nascita, anche se parliamo di un evento insolito per “rumore”, per spettacolarità, per interesse scientifico e per implicazioni geografiche. Intanto le presentazioni: non ha ancora un nome ma la sua natura fisica la classifica come isola; non è stato possibile pesarla ma ha una certa consistenza tenuto conto della sua natura magmatica, ricca di lava basaltica; è nata dopo una parto travagliato in seguito all’esplosione di un vulcano sottomarino; è piccola, come tutti i neonati, presentando una superficie di soli 500mq; è yemenita, avendo visto la luce a circa 1 km a nord di Rugged Island, una delle Zubayr, una decina tra isole e scogli che fatichi a trovare persino sull’atlante, ubicate a circa 50 km a ovest di Salif; ha avuto un’assistenza veramente speciale, come quella della NASA, che ne ha diffuso le prime immagini ad alta risoluzione grazie al dispositivo “Advanced Land Imager “, dotazione di bordo del satellite EO-1 d.
L’arcipelago, sito nel Mar Rosso in corrispondenza della cosiddetta Great Rift Valley, una vasta fossa tettonica che si estende per circa 6.000 km dal nord della Siria fino al Mozambico centrale, condivide una stessa paternità identificabile in un vulcano sottomarino a scudo attivo. Fenomeni eruttivi e sismici, dovuti ad un progressivo allontanamento dell’Africa dall’Asia, non sono una novità lungo questa linea: l’eccezionalità sta nel fatto che si sia potuto seguire il fenomeno “in diretta”.
Normalmente, infatti, l’attività di questo vulcano sommerso non si evidenzia in superficie né tantomeno con una portata di dimensioni tali da dare origine ad un nuovo lembo di terra. Per avere memoria di un fenomeno analogo, bisogna risalire al lontano 1824, con la nascita dell’isola da cui l’arcipelago prende il nome. I pescatori del luogo riferiscono che le prime avvisaglie si sono avute nei primi giorni del mese, con un apice intorno al 19 dicembre che si è manifestato con getti di lava alti fino a 30m. Per fortuna, non vi sono state vittime a differenza di ciò che è accaduto, il 30 settembre 2007, quando il vulcano Jebel al-Tair, sito più a nord, nell‘omonima isola, ha provocato la distruzione della base navale e la morte di 8 militari che, inutilmente, hanno cercato di salvarsi a nuoto tra la lava incandescente.
Un’altra perla “nera “ si aggiunge, dunque, a questa manciata di sassi sparsi in un mare blu, dove pesci pappagallo dal bernoccolo, squaletti pinna nera e tartarughe stanziali condividono un paradiso naturale incontaminato con aironi Golia e fenicotteri rosa. Come tante guglie color antracite, emergono dagli abissi per esibire panorami mozzafiato in cui la bizzarria del magma ha disegnato geometrie primordiali, in un alternarsi di impervie gole e profondi solchi, cicatrici di un passato recente.
Il terreno arso dalla salsedine concede la vita a stentare mangrove che si aggrappano, tenaci, a crateri spenti o esplosi i quali ci rendono conto dei fermenti concitati che ribollono in agguato nel sottosuolo.
Una nuova nata, ubicata a migliaia di chilometri di distanza da El Hierro (Canarie) dove, da mesi, è in corso un’attività analoga che si manifesta con scosse sismiche di lieve entità, accompagnate da costante fuoruscita di lava dalla bocca di un vulcano “hot spot”, apertasi nel fondale marino, a 2 chilometri a sud dell’isola e che porterà, a giudizio degli esperti, anche in questo caso, al formarsi di una nuova terra.
Adriana Morando