Uno spazio vuoto da riempire con un’idea provocatoria... Ecco la scultura realizzata con i rifiuti, diamo il benvenuto alla Zebra di Prà
“Una zebra a pois, me l’ha data un Maraja”, testo di una celebre canzone di Mina potrebbe da oggi essere modificato in “una zebra in quel di Prà, e l’han messa proprio là”… una zebra!? Si, una zebra tutta genovese, ecologica perché fatta in materiale riciclato, rifiuti che riprendono vita per iniziativa promossa da giovani artisti genovesi. Vedrà la luce presso l’anfiteatro della Fascia di Rispetto del quartiere di Prà, nell’ambito della manifestazione “Fatti Spazio”, organizzata dal Collettivo Burrasca. Tre giorni all’insegna del “cambiamento” per rivalutare, con innovativi progetti architettonici, quelle zone che più risentono del degrado a cui sono abbondonati angoli della nostra città. E la zebra?
Curiosa storia, nata durante la realizzazione di uno sfondo per videoproiezioni, progetto naufragato davanti ai soliti intoppi burocratici. Uno spazio vuoto da riempire con un’idea provocatoria, spiega l’architetto Elisa Tozzi, proposta subito sposata con entusiasmo. In linea con il carattere dell’iniziativa, che si prefigge di migliorare l’habitat senza costi aggiuntivi, si è pensato di ricorrere alla “rumenta”, preziosa fonte di materiale per chi ha occhio, fantasia e spirito di iniziativa.
“Tubi Innocenti”, per costruire un solido scheletro, porte di legno per modellare la struttura, vecchi teli di barche per la pelle che sarà rigorosamente a strisce come nelle migliori tradizioni e, per criniera, fluente saggina rubata a vecchie ramazze: ecco un superbo animale africano trapiantato in terra ligure che qualcuno ha evocato come un novello cavallo di Troia ma che, lungi dal nascondere insidiosi nemici, porta in se entusiasmo, creatività, voglia di cambiamenti, conditi da una sana, goliardica ironia.
Così la rumenta, parola esecrata da chi contesta discariche e termovalorizzatori, ritorna ad acquisire una sua dignità, trovando nel riciclaggio un emblema contro sprechi deprecabili ma, soprattutto, diventando il simbolo di voglia di tutela per l’ambiente, sentimento sempre più presente nella coscienza dei cittadini. Sono ormai innumerevoli gli artisti che si affidano a questo genere di “materiali”, figli di un antico lavoro che ha avuto precise regole, attrezzi pertinenti, i suoi protagonisti e le sue storie.
Non a caso Aldo Padovano ne ha fatto l’argomento di un suo libro, La storia della Rumenta (edito per la Sagep, dicembre 2009), con tanto di introduzione redata dall’ex sindaco Marta Vincenzi, in cui si può ripercorrere uno spaccato della storia della città, ricco del lessico, della letteratura e della cronaca di Genova “vista dal… cassonetto dell’immondizia”.
Spazzatura che si fregia dei suoi numi tutelari individuati presso gli antichi romani nella dea Cloacina e nel dio Stercuzio o Giove Stercorario e di un’etimologia che scomoda il filosofo Seneca e la sua citazione “ramenta sulpure adspersa” nel senso di raschiatura, truciolo asperso di zolfo. Se gli dei protettori non bastassero a convincervi della sua dignità, vi ricordiamo il famoso “Ö canto da rumenta” di Nicolò Bacicalupo: Chi villezza in sce o Parnaso – O s’angoscia, o s’accimenta -Se o s’intoppa a da do naso- In tu muggio de rumenta -Ben diverso mi da quello-Me ghe levo de capello-E saluo profondamente-Con rispetto ed umiltae -Sto rifiuto puzzolente-Da superba umanitae.
Dunque, ridata onorevolezza ai rifiuti, godiamoci questo monumento equestre che gli architetti del Gruppo Informale si accingono a regalare a questo quartiere del ponente, un altro animale che si aggiunge ai tanti già presenti, tra realtà ed immaginazione, nella storia della nostra città e a cui auguriamo la stessa imperitura memoria.
Adriana Morando