Dovrebbe sorgere sulle vette delle Ande cilene, a quota 5000 metri. Al suo interno, si studieranno l'astrochimica della vita e le nubi cosmiche
E’ passata quasi sotto silenzio la notizia che, da pochi giorni, occhi o meglio nuove orecchie scrutano nel profondo dell’universo per carpirne i più arcani segreti. L’ALMA (Atacama Large Millimeter/submillimeter Array), il più potente osservatorio astronomico che si tenta di realizzare, vede la collaborazione di Europa, USA, Asia e Cile.
E’ sulle vette delle Ande cilene, a 5000 metri di altezza, nella piana di Chajnantor nel deserto di Atacama, che hanno visto la luce 19 delle 66 antenne previste dal progetto.
Delle 900 richieste di collaborazione, tra le 100 accettate, c’è quella dell’ italiana Eie GROUP, che insieme alla italo-francese Thales Alenia Space e alla tedesca MTM si sono fatte carico di ben 25 delle antenne previste, antenne ognuna di 12 metri di diametro e del peso di 100 tonnellate.
Il compito dell’ osservatorio è di captare le onde millimetriche e submillimetriche dal lontano infrarosso in avanti, onde mille volte più lunghe all’incirca di quella della luce visibile. Questo permetterà di studiare corpi molto freddi come le dense nubi cosmiche di polvere e gas da cui si formano stelle e pianeti.
La presenza delle polveri nelle nubi, stante la grande mole di queste rispetto ai piccoli atomi liberi gassosi, avrebbe il compito di rallentarne il moto vorticoso, evitarne la dispersione e aggregarli in materia.
A questa prima fase (globuli di Bok), segue la genesi di deboli nebulose illuminate da stelle in formazione i cosiddetti “oggetti Herbig–Haro”, dal nome dei due scopritori. La tappa successiva sono le stelle T Tauri (nome della prima di questa specie) che sono stelle variabili irregolari, ancora in fase di contrazione, come è il nostro sole.
Risalendo ai primordi dell’universo, altro compito di Alma è studiare l’astrochimica della vita, in particolare il disco di polvere e gas che circonda HD142527, una giovane stella a 400 anni luce dalla Terra. Qui, in una grande lacuna, si ipotizza la presenza di pianeti giganti già formati o in formazione.
L’esistenza di superterre, di cui gli Astronomi dell’Eso hanno già dato notizia, potrebbe portare a convalidare la tesi di mondi alieni in grado di sostenere la vita. Un esempio è il pianeta “b” in orbita attorno alla stella di tipo solare HD 85512, di settima magnitudine, distante 35 anni luce, nella costellazione australe della Vela.
Forse, lassù, un giorno, potremmo scoprire che ci attende un simpatico e tenerissimo ET che ripete, con tenacia, la celebre frase ”telefono casa”.
Adriana Morando