Reperti archeologici, templi e colonne in aree verdi che sembrano sottratte alla Natura. Alberi spontanei, arbusti mediterranei e papaveri scarlatti sottolineano l’equilibrata e perfetta eleganza dell’Arte Classica
Questa settimana abbiamo deciso di trattare del “verde” di una capitale europea di cui non si sente molto spesso parlare. In un mio recente viaggio ad Atene, ho avuto occasione di visitare i giardini cittadini, in particolare quello dell’Acropoli e quelli delle aree archeologiche poste ai suoi piedi. Ho sempre sentito parlare in termini non proprio entusiastici della città tuttavia sono rimasto davvero colpito dalle decisioni assunte in queste aree verdi. Le scelte progettuali e le loro realizzazioni sono secondo me perfette.
Il quartiere di Plaka, posto subito sotto l’Acropoli, è il più antico e caratteristico, tra le strette viuzze e le case colorate, si inframmezzano ampi spazi verdi in cui si ergono templi, colonne e gli antichi resti archeologici greci. Ogni porzione è circondata da un’alta cancellata in ferro nero, lucida. Il disegno è sobrio ed elegante, richiama lo stile classico delle architetture e permette di osservare, dalla strada, un variopinto insieme di alberi, arbusti, rampicanti ed erbe semi selvatiche, inframmezzate ed abbarbicate ai reperti. Vi è così un “continuum” tra città e zona archeologica, tra costruito ed aree a verde.
La particolare ed oculata scelta e collocazione delle singole piante mi ha poi molto colpito. In un contesto di frammenti, colonne, archi e pietre sparpagliate sul terreno, tra templi e resti di pavimentazioni a mosaico, crescono numerose essenze tipicamente mediterranee.
Vi sono pini marittimi, prostrati e piegati dal vento, antichi platani, qualche cipresso che “verticalizza” gli spazi e lecci che uniscono alla nobiltà delle querce (famiglia cui appartengono) i toni grigi e scuri delle foglie. Proprio grazie a tutto questo, i colori chiari delle pietre e del marmo degli edifici vengono, a contrasto, enfatizzati. L’insieme della vegetazione fa da sfondo a statue e colonnati, in un sapiente gioco chiaroscurale che accentua l’aspetto storico del contesto.
Crescono poi canne, erbe semi spontanee frammiste a pietre storiche, si abbarbicano viti corrugate, edere tra le colonne e spuntano, tra i crepacci, inaspettati ciuffi di papaveri rosso scarlatto dai petali crespati. Il tutto in una luce assoluta che sembra provenire, uniforme e pura, da ogni angolazione. Qui e là, tra le colonne, vi sono poi mirti e gruppi di melograni, fichi ed Ailanti… I primi hanno foglie lanceolate, scure e lucenti, fiori bianchi purissimi e rimandano ai miti classici. I melograni spiccano per le foglie chiare ed i fiori di un acceso arancione, che volutamente contrasta con il non colore dei reperti archeologici.
Gli Ailanti, siano essi spontanei o appositamente collocati in loco, sono infine perfetti. In generale considerati una pianta invasiva e di poco pregio, un po’ scomposti, presentano poche foglie su lunghi rami spogli. Trasmettono all’insieme un’aria di voluta trascuratezza che si addice alla, ora decadente ma pur sempre perfetta, ritmata eleganza dell’arte greca.
Salendo quindi verso l’Acropoli si è circondati da un verde che lentamente ma costantemente dirada. Una sorta di cammino di elevazione, attraverso essenze tipicamente mediterranee, in un paesaggio che diventa sempre più scabro fino a ridursi alla sola pietra ed alla pura linearità degli edifici.
Dall’alto e sotto un cielo blu cobalto si domina la città che si stende ai piedi dell’Acropoli, lontana fisicamente e mentalmente, bianca e verde. Questi soli tre colori puri dominano tutto il paesaggio che si estende fino al mare in lontananza. Evidente è la discrasia tra disordine della parte moderna della metropoli ed il perfetto equilibrio di quella antica, il contrasto tra costruito e natura.
Al di là delle singole essenze, è proprio il verde nel suo insieme che ricuce il paesaggio, nasconde quello che c’è da nascondere, fa da sfondo all’insieme ed esalta, con rimandi classici (Mirto, Acanto, Alloro…) e di spontaneo disordine, i fondamenti dell’arte classica occidentale.
Dimenticando di essere nell’anno in cui siamo, sotto il cielo di un blu solo greco e nel verde di un “giardino” mediterraneo sottratto alla natura, si colgono, tra i resti dei più alti esempi dell’arte greca, le radici profonde della cultura europea.
Nel 1954, in un clima di riscoperta dell’orgoglio nazionale ellenico dopo la guerra civile, Dimitris Pikionis (1887 – 1968), architetto greco, fu incaricato della progettazione e del recupero dei camminamenti interni al parco archeologico.
Le pavimentazioni sono la chiave di lettura: il detrito storico riceve la stessa attenzione dell’antico monumento divenendo strumento di sintesi tra storia e contemporaneità. Pochi i disegni preparatori, ogni pietra era scelta e posizionata in cantiere come meglio poteva adattarsi alle esigenze del terreno. Il riutilizzo di pietre scolpite, marmi, capitelli e terracotte è antica abitudine vernacolare quando nulla può essere sprecato. Qui nasce un progetto di paesaggio moderno, così ben integrato con il contesto da apparire come se lì fosse sempre stato.
Il progetto descritto ha ricevuto il Premio internazionale Carlo Scarpa per il giardino nel 2003.
Filippo Leone Roberti Maggiore e Emanuele Deplano
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