La nebbia fra i tetti, la malinconia e il silenzio. La capitale della Slovacchia negli ultimi anni è cambiata molto, dopo l'ingresso nell'euro zona la magia dei vicoli lascia spazio a commercio e modernità
Giuseppa Koshkova è un’infermiera che vive a Bratislava e ogni mattina si reca in stazione per prendere il treno che la porta a Vienna dove inizia il suo turno all’ospedale generale della capitale austriaca, due città distanti poco più di cinquanta chilometri e nonostante siano vicine le differenze culturali sono visibili a occhio nudo.
Quindici anni fa, durante una vacanza in Austria, avevamo conosciuto alcune ragazze che ci avevano invitato a passare una giornata con loro nella capitale slovacca. A quei tempi era necessario il passaporto per passare la dogana ed essendo dotati della sola carta d’identità ci aspettava un mesto ritorno a casa con qualche giorno a disposizione prima di riprendere gli studi.
Giuseppa era seduta in una kaffeehausen del centro di Vienna, leggeva distrattamente un libro ascoltando le nostre conversazioni su come poter superare il confine. Il pomeriggio era fresco e una densa pioggia restava attaccata ai vetri appannati del locale, un giornalaio chiudeva la saracinesca mentre le luci del teatro iniziavano a scaldarsi per l’arrivo dei primi signori in abito scuro.
Siamo rimasti senza parole quando Giuseppa si è seduta al nostro tavolo dicendo che ci avrebbe potuto aiutare, la nostra diffidenza iniziale fu spezzata dal suo aspetto che ispirava fiducia. Il suo italiano era discreto, il nonno era calabrese di nascita ed emigrato nei primi anni del novecento in Germania per lavorare nelle miniere di Rammelsberg, in seguito fu deportato in Austria a causa della guerra, trovò pace in Slovacchia per ragioni sentimentali…
Ci ha proposto di passare in treno la frontiera la mattina successiva e che se ci fossero stati problemi ci avrebbe pensato lei grazie alle sue conoscenze in dogana ferroviaria. L’occasione era ghiotta e la paura reale ma nonostante le apparenze il regime comunista era un lontano ricordo e il rischio era quello di essere rispediti al mittente quindi abbiamo accettato l’offerta e anche le eventuali conseguenze.
Abbiamo passato il confine senza problemi, Giuseppa ci avrebbe riportato indietro il giorno dopo e ci ha lasciato liberi di scoprire la città, non abbiamo trovato le ragazze ma al loro posto abbiamo conosciuto la bellezza e il fascino immortale di storia e cultura che scorre lungo le acque impetuose del Danubio, uno dei fiumi più lunghi e grandi d’Europa. Quella è stata la prima stretta di mano fra me e Bratislava, nel tempo è diventata una tappa annuale per trascorrere weekend lunghi o capodanni alternativi e divertenti ma sempre con un regolare passaporto.
La città è piccola ed è abitata da poco meno di mezzo milione di persone che vivono nel tranquillo centro storico dominato dal castello oppure nelle zone più periferiche e malfamate oltre il Danubio.
La signora Giuseppa non poteva che abitare a Petralka, uno dei peggiori e mal tenuti quartieri, ma pur di risparmiare due soldi abbiamo soggiornato nella sua modesta casa in più di un’occasione dormendo su un divano e un materassino da mare gonfiato in soggiorno. Rimangono nella memoria i suoi gulash e il pollo farcito legato con ago e filo di sartoria, le zuppe con corpi estranei galleggianti e le colazioni di pane secco tostato e marmellata di frutta sconosciuta, tutto però era preparato con l’amore di una persona altruista e sola.
Petralka è un quartiere popolare e mal frequentato soprattutto nelle ore serali, molte persone vivono in edifici obsoleti e dimenticati e altre in case più moderne e ben arredate ma comunque in un contesto più economico rispetto al centro storico.
Nei giorni di mercato il quartiere si ferma per lasciare il posto a banchi di frutta non proprio in buono stato a causa anche delle basse temperature, altri banchi vendono materiale storico e articoli bellici come elmetti e maschere antigas, spille e cappelli dell’armata rossa, binocoli usati e vecchi cartelli con scritte in cirillico.
Dopo un giro perlustrativo ci si reca in centro, superando il parco Sad Janka Krala dove una torre con un UFO (così viene chiamato) con al suo interno un ristorante panoramico, svetta tra gli alberi. Il parco è stato anche luogo di riprese del video “Sei nell’anima” di Gianna Nannini, dove si riconosce la torre in più di un fotogramma.
Superato il parco si attraversa il ponte che cavalca il Danubio e si arriva ai piedi del castello che domina la città dal suo colle più alto che permette di ammirarlo da ogni parte della città.
Il lato del colle che costeggia il Danubio è formato da piccole grotte e gallerie naturali dove trovano alloggio i senzatetto, meglio non curiosare al loro interno. Tuttavia Bratislava è tranquilla e vivibile, il centro storico negli ultimi dieci anni è stato rimodernato con la pavimentazione delle strade e la ristrutturazione dei palazzi, questo ha permesso l’aumento di attività commerciali.
Nei primi anni non era così, una coltre di nebbia copriva le vecchie case dalle finestre consumate e le strade erano poco frequentate, l’ambiente sembrava più povero ma sicuramente più affascinante e molto più malinconico.
Lungo le vie del centro si trovano statue in ferro che rappresentano personaggi di ogni genere, un operaio che esce da un tombino è il più famoso, centinaia di turisti si fermano a fotografare e farsi immortalare con lui mentre Napoleone si appoggia su una panchina e da un angolo di un vicolo un paparazzo è pronto a scattare un fotografia.
Una delle prime serate l’abbiamo passata mangiando un ottimo piatto di pasta al ristorante Paparazzi, proprio dove c’è l’omonima statua, per poi andare a ballare al Circus Barok, una discoteca galleggiante sul fiume.
Il locale non deve essere in regola con le norme di sicurezza e non è neanche frequentato dalla creme di Bratislava ma è un posto inusuale e originale a cui abbiamo dedicato almeno una serata per ogni vacanza.
Una sera siamo usciti molto stanchi, tornare a piedi sarebbe stato faticoso e abbiamo deciso di prendere un taxi, uno dei tanti che fermano all’uscita della discoteca che con pochi spiccioli ti portano a destinazione. Saliamo a bordo di una vecchia skoda verde militare che non aveva per niente l’aspetto di un taxi e il conducente guidava freneticamente parlando al telefono con tono forte in lingua slovacca.
Matteo era dietro che dormiva, io stavo seduto sul sedile posteriore osservando la strada con sospetto, i palazzi e le case lasciavano il posto a fitte trame di alberi in fila come soldati e luoghi isolati. Accostò in una piazzola e ci chiese il conto con un coltello, Matteo finalmente era sveglio, abbiamo svuotato il portafoglio ma fortunatamente eravamo senza carte di credito e il cambio era a nostro favore, la cosa preoccupante era tornare indietro a piedi ma una cosa era sicura, non avremmo chiamato un taxi.
Abbiamo seguito la strada, le luci e il Danubio fino ad arrivare al ponte quando ormai il sole iniziava timidamente a sorgere, alcuni raggi rimbalzavano sulla nebbia mattutina, altri invece brillavano sull’erba bagnata del parco indicando la strada di casa. Petralka deserta sembrava ancora più povera, un gatto malconcio cercava cibo tra i rifiuti facendo allontanare degli sporchi piccioni, attraversando il mercato chiuso siamo arrivati a casa dove Giuseppa aveva preparato un’abbondante colazione con uova, latte e pane tostato accompagnato dalla sua marmellata di arance fatta in casa.
Per raggiungere il castello si percorre una bellissima promenade che taglia il parco alla base delle mura, spesso una leggera nebbia lascia intravedere le scure statue dei personaggi storici che lasciano a quel luogo un aspetto ancestrale.
L’accesso al cortile principale e i sotterranei sono gratuite mentre per visitare le stanze si paga un economico biglietto. In cima al colle si può ammirare una vista a 360° e osservare il lungo scorrere del Danubio, le verdi campagne slovacche e durante le giornate più terse scorgere Vienna all’orizzonte.
Durante l’inverno le cime degli alberi sono coperte da un sottile strato di neve e il freddo è tagliente come la lama di un rasoio, non resta che sedersi all’ Irish pub e bere una Guinnes in attesa che venga sera per poi cenare da Paparazzi davanti ad un ottimo piatto di pasta italiana.
Negli ultimi anni Giuseppa non ci ospitò per problemi di salute e ci siamo accontentati di un orribile albergo, uno spoglio casermone che un tempo era la sede del vecchio partito comunista, l’hotel Kiev.
Con più di mille stanze rappresenta la soluzione più economica per soggiornare in centro, poco importa se in bagno ci sono resti di peli e le lenzuola sono gialle per dormire due ore a notte è più che sufficiente.
Da Dicembre a Gennaio, nella piazza principale e lungo le vie pedonali, ci sono i mercatini di Natale dove si può passeggiare tra gli addobbi bevendo una cioccolata calda o un vin brulè e pattinare nella pista ghiacciata.
L’ultimo viaggio risale al 2009, le cose sono cambiate dai primi tempi, la città si modernizza e si globalizza, la moneta diventa l’euro e la moda si fa avanti portando turisti che aiutano l’economia ma forse fanno perdere quel fascino incontaminato che c’era prima.
Il ricordo mi consola, dormire a Petralka è un’esperienza unica così come il vecchio hotel Kiev, ormai di lusso, le città cambiano e le mode vanno e vengono, le esperienze e i ricordi restano per sempre, questa è Bratislava, storia, natura, arte e semplicità.
Diego Arbore
Ciao Diego,
andrò a Bratislava fra meno di un mese per 2 notti. Curiosavo sul web per avere informazioni a riguardo e il tuo racconto mi ha incantato. Peccato non averla potuta visitare anni fa. Sicuramente ero troppo piccolo negli anni a cui fai riferimento ma quando la visiterò farò tesoro del tuo “viaggio”.
Enzo