In inglese si chiama portmanteau word oppure blend, corrispondente della nostra "parola macedonia" (cantautore, autonoleggio...), vocabolo composto dalla fusione dei suoni e dei significati di due diverse parole
Pochi giorni fa parlavo con una cara amica a proposito di un articolo di giornale che aveva letto e apprezzato: “Lo trovo acuto e allo stesso tempo divertente,” mi disse: “Anzi, potrei definirlo acutente?”
In modo inconscio, la mia amica aveva appena elaborato un esempio di portmanteau word, definita in italiano come “composto”, “ibridismo” o anche “parola macedonia” (definizioni un po’ cacofoniche secondo me: più piacevoli quella inglese e quella francese di mot-valise, “parola-valigia”). Un portmanteau ha la caratteristica di essere composto dalla fusione dei suoni e dei significati di due diverse parole, come nel caso appena illustrato.
Il curioso nome – al quale testi più recenti preferiscono il termine blend – trae la sua origine da Lewis Carroll, autore di Alice in Wonderland, libro nel quale il personaggio di Humpty Dumpty paragona una parola composta a una valigia – porte-manteau in francese – nella quale “due diversi significati vengono impacchettati in un unico termine”. Accade così che in italiano un cantante che sia allo stesso tempo autore del testo di una canzone diventi un “cantautore” o che un noleggio di automobili sia un “autonoleggio”.
Frequenti i blend in lingua inglese, alcuni dei quali si sono insinuati nell’italiano, sebbene in certi casi non ce ne siamo nemmeno resi conto.
Sapevate, per esempio, che smog è il risultato della combinazione di smoke + fog (fumo + nebbia)? Oppure pensate a brunch, composto da breakfast + lunch ovvero un pasto che è una via di mezzo tra colazione e pranzo. Non mi capita di guardare la tv da diverso tempo, ma se non sbaglio ogni anno la RAI propone Telethon (television + marathon), una maratona televisiva avente lo scopo di raccogliere fondi per vari tipi di ricerche mediche e scientifiche… Uno degli ultimissimi casi in cui il servizio pubblico televisivo si sforza di conservare una vaga parvenza di essere ancora tale: una rarità paragonabile alla probabilità di vedere un orso polare parlare in cinese all’Equatore.
Sempre nel settore televisivo va di moda l’infotainment (information + entertainment), il quale presenta il problema, a mio modo di vedere, che in diverse situazioni non si capisce fino a che punto arrivi l’intrattenimento e da dove invece parta – se davvero c’è – l’informazione: Ballarò & co. docent.
In tempi di recessione o di crisi economica, non è raro imbattersi nella stagflation, altra portmanteau word generata dalla fusione di stagnation e inflation.
Recentemente, invece, ho trovato con piacere in due diversi testi di ambito economico il composto coopetition (cooperation + competition). Se da un lato il termine non esclude l’aspetto competitivo che sprona le singole persone e le organizzazioni delle quali fanno parte a migliorarsi, dall’altro inquadra questa pulsione individualistica all’interno di un più ampio e inclusivo disegno di società, che rifiuta la sopraffazione, la logica dell’Homo homini lupus e le strutture piramidali, preferendogli invece la cooperazione e la creazione di valore. Sta a noi, nella nostra quotidianità, realizzare dei modelli concreti di coopetition, soddisfacendo le nostre legittime ambizioni individuali, ma contribuendo al tempo stesso alla realizzazione di una società più armoniosa. Si tratta di un compito che definirei “ambiziolante”: ambizioso + stimolante … See you!
Daniele Canepa