Nasce l’idea di proporre una “legge-voto” da sottoporre al Parlamento sul tema della legalizzazione. L'iniziativa parte dalla Liguria, una delle poche Regioni ad avere adottato (leggi l'approfondimento di Era Superba dell'agosto 2013) una legge sull’utilizzo terapeutico di farmaci a base di cannabinoidi
L’eco del dibattito politico sulla legalizzazione della cannabis che in questi giorni – sull’onda della tendenza legislativa inaugurata da Stati quali Uruguay, Colorado e Washington (U.S.A.) – sta riempiendo pagine di giornali e siti internet, spazi televisivi e quant’alto, arriva anche in Liguria. Da sinistra (o per meglio dire da quel che ne rimane) a destra, in Italia, è tutto uno scoprirsi improvvisamente antiproibizionisti. Esponenti di Lega, Sel, Forza Italia, Pd, solo per citarne alcuni, si sono espressi – chi sbilanciandosi in misura maggiore e chi meno – a favore di una rivisitazione delle politiche sulle droghe leggere, ammettendo implicitamente il fallimento della famigerata Legge Fini/Giovanardi.
Tornando alla Liguria, a dar fuoco alle polveri è stato l’assessore regionale allo Sport e consigliere di Sinistra Ecologia e Libertà, Matteo Rossi, che addirittura immagina un territorio ligure riconvertito alla coltivazione di canapa, in particolare per usi medici ma pure a fini agricoli e produttivi. «Legalizzare significa creare economia pulita e togliere ossigeno alla criminalità – spiega Rossi – Significa fare formazione e informazione, rendendo accessibili terapie mediche dai risultati scientificamente provati». Nasce così l’idea di proporre una cosiddetta “legge-voto” da sottoporre ad un ramo del Parlamento sul tema della legalizzazione delle droghe leggere, che parta dalla Liguria, una delle poche Regioni ad avere adottato (nell’agosto 2013), proprio su iniziativa dei consiglieri Rossi e Alessandro Benzi (capogruppo Sel), una legge sull’utilizzo terapeutico di farmaci a base di cannabinoidi (norma sulla cui effettiva operatività ci riserviamo di approfondire in seguito).
La “legge-voto” dovrà essere approvata dal consiglio regionale per poi essere vagliata dalle Camere, affinché possa trasformarsi in una legge dello Stato. Legge che, secondo Rossi, dovrebbe affrontare tutti gli aspetti: distinzione tra droghe pesanti e leggere (quindi con l’abolizione dei meccanismi penali scaturiti dalla Fini/Giovanardi); linee guida per la lotta al narcotraffico e per la tassazione della produzione e dell’utilizzo; regolamentazione e controllo dell’uso a fine personale, comunicazione sul consumo consapevole, con limitazioni, divieti e controlli sulla qualità del prodotto; infine, incentivi per chi sia intenzionato a riqualificare terreni incolti attraverso la coltivazione di canapa. «In tal senso la Liguria, per clima, spazi utilizzabili e tradizione vivaistica, potrebbe essere un polo sperimentale – sottolinea Rossi – e potrebbe vedere lo sviluppo di una attività di ricerca già portata avanti, ad esempio, da alcuni studiosi dell’Istituto Italiano di Tecnologia. Erzelli, nello specifico, potrebbe essere il luogo ideale per lo sviluppo di attività di ricerca avanzate e interdisciplinare sull’uso medico della cannabis».
«Entro la fine di gennaio porteremo la nostra proposta all’attenzione del Consiglio regionale – conclude il consigliere (Sel) Alessandro Benzi – Auspichiamo che una discussione laica possa far sì che la Liguria diventi capofila di un processo di innovazione sociale e culturale».
«La Liguria ha problemi ben più seri, a causa della crisi, e la Giunta dovrebbe occuparsene – osserva Marco Scajola, vice presidente del gruppo regionale di Forza Italia – a cominciare dalla disoccupazione giovanile, dalla sanità e dai danni del maltempo. Fa sorridere che sia l’assessore allo Sport, che dovrebbe trasmettere valori come la salute fisica e mentale, a concentrarsi sulla legalizzazione della droga».
«Legalizzare significa generare un’entrata nelle casse dello Stato che, secondo uno studio dell’Università La Sapienza di Roma, è ipotizzabile possa essere intorno ai 10 miliardi di euro annui – ribatte Rossi – Legalizzare è sinonimo di controllo: controllo della produzione, della distribuzione e del consumo.Pensiamo alle ricadute positive nell’ambito della ricerca sull’uso medico, ma anche alle opportunità tangibili nel settore agricolo, tessile ed in generale produttivo».
Nel frattempo, mentre la classe politica è impegnata a discutere su un tema – quello in generale delle sostanze stupefacenti e psicoattive – spesso e volentieri colpevolmente affrontato soltanto sotto il profilo etico, la società civile che – notoriamente – dimostra di essere un passo avanti rispetto a chi è chiamato a governarla, lancia una mobilitazione per chiedere la cancellazione della Legge Fini/Giovanardi.
«Apprendiamo con soddisfazione che finalmente anche la politica si è accorta, dalla Lega a Sel, fino al Pd di Renzi, che la Fini/Giovanardi è una legge vergogna da cancellare – scrivono i promotori sul sito web www.leggeillegale.org – Otto anni di Fini/Giovanardi hanno prodotto decine di migliaia di arresti, millenni di galera per la somma delle condanne, sovraffollamento delle carceri, costi esorbitanti per la macchina repressiva e giudiziaria, crescita dei profitti delle narcomafie. Le due leggi, sulle droghe e sull’immigrazione (la famosa Bossi/Fini, ndr), hanno provocato una serie di procedimenti che hanno fatto diventare la condizione carceraria Italiana un’emergenza che ci pone fuori dagli standard europei. Nessun altro Paese in Europa ha così tanti detenuti per reati connessi alle sostanze illegali: la pesante criminalizzazione dei consumatori stride di fatto con l’impunità riservata dal nostro sistema giudiziario ad autori di reati di ben altra natura».
Secondo il vasto ed eterogeneo movimento – una miriade di soggetti (per Genova il csoa TDN e la Comunità di San Benedetto al Porto) dai centri sociali agli operatori di riduzione del danno, dalle associazioni ai gruppi di pazienti (come Pazienti Impazienti Cannabis), ecc. – che si riconosce nella Rete “Fine del Mondo Proibizionista” «Tutto questo avviene da anni con la copertura compiacente, mistificante e costosa del Dipartimento Politiche Antidroga (DPA), organo della Presidenza del Consiglio anziché dei dicasteri più direttamente competenti in materia (in particolare Salute, Giustizia, Politiche sociali). Il DPA sostiene, contro ogni evidenza, che i consumatori di sostanze non sono puniti ma curati; ostacola, anche nelle sedi internazionali, le politiche di riduzione del danno. E promuove un modello bio – medico – patologico dell’uso di droghe che assimila tutte le sostanze e tutti gli stili di consumo».
Ma la colpa principale ricade sull’intero l’arco politico italiano che oggi, nonostante le distinte sfumature, si scopre in gran parte strumentalmente antiproibizionista «Dopo la caduta del governo di centro – destra che ha imposto la Legge Fini/Giovanardi nessuno dei successivi governi ha mosso un dito per rimediare a tale drammatica situazione. Adesso, finalmente, sembra muoversi qualcosa. Da gennaio ad oggi numerosi tribunali, tra cui la corte di Cassazione, hanno sospeso i processi e mandato la Fini\Giovanardi all’esame della Consulta per la sua evidente incostituzionalità. La Corte Costituzionale discuterà la questione l’11 febbraio prossimo. Le principali contestazioni riguardano l’iter della legge che, invece di essere discussa in Parlamento, è stata approvata tramite un decreto che riguardava un altro argomento (le Olimpiadi invernali di Torino 2006) e senza che ce ne fosse motivo d’urgenza. Inoltre, l’equiparazione delle sanzioni per droghe pesanti e leggere, viola la normativa europea in proposito».
La possibilità che la Corte Costituzionale cancelli la Fini/Giovanardi, dunque, è un’occasione irripetibile che potrebbe aprire scenari completamente nuovi. «Per questo è necessario unire tutte le forze, mobilitare soggetti, gruppi, attivisti, pazienti, strutture ed organizzazioni, che da anni si battono per l’abrogazione di questa infausta legge, in una grande manifestazione che si terrà a Roma l’8 febbraio 2014. Vogliamo costruire un percorso dal basso e condiviso che focalizzi l’attenzione sui danni causati dalla Fini/Giovanardi e che sia da propulsore alle decisioni della Corte Costituzionale. Non siamo più disposti a pagare con le nostre vite e con i nostri diritti il prezzo di leggi ideologiche e repressive finalizzate a rafforzare il miliardario monopolio del commercio delle narcomafie; non siamo più disposti a veder riempire le galere di consumatori. Non siamo più disposti a vedere perseguitare perfino i pazienti che usano la cannabis a scopo terapeutico. È arrivato il momento di avanzare verso la completa depenalizzazione dell’uso personale di sostanze, iniziando dalla cannabis e dalla sua autoproduzione, come d’altronde sta già avvenendo in molti paesi del mondo. L’8 febbraio saremo in piazza perché giusto o sbagliato, non può essere reato».
Matteo Quadrone