Green Peace lancia l'allarme: occhio alla carta igienica, quella troppo bianca e troppo morbida sarebbe dannosa per l'ambiente
Il punto è delicato, usare un certo riguardo non guasta. Io che sono ecologista di natura, di fede e di curriculum, non posso rimanere insensibile all’allarme lanciato da Green Peace con il quale comunica al mondo che la carta igienica più è morbida e più è inquinante.
Parallelo, però, assurge l’anelito di tutti coloro che, per inderogabili necessità, si trovano a doverne fare uso e pensano, con orrore, allo sfregare abrasivo di “papier” meno delicati.
Mi sembrava una conquista civile essere passati dal petrolioso foglio di giornale ad un prodotto “dedicato” la cui morbidezza viene reclamizzata quotidianamente e che trova un ampio popolo di estimatori.
Adesso, gli ecologisti, attenti al riciclo, sono stati costretti a prendere coscienza che la maggior parte delle fibre di cellulosa, impiegata in questo prodotto, provengono dalle foreste secolari del Canada e del Sud America, essenziali nell’assorbire il diossido di carbonio, uno dei maggiori responsabili del riscaldamento globale.
Il manufatto in oggetto, infatti, è un mix di carta riciclata e di cellulosa nuova di cui solo un 20% è ascrivibile a boschi appositamente coltivati, il restante 70% contribuisce a quella deforestazione insensata a cui tutti ci dovremmo opporre. Non solo: carta nuova significa usare più acqua, bene prezioso che è sacrilego disperdere; carta più bianca è sinonimo di uso di candeggianti a base di cloro, composti noti per essere ad alto impatto inquinante.
La notizia mi ha messo veramente in ambasce; ogni volta che “suonerà” un campanello di allarme mi sorgerà spontaneo il trilemma: frenare l’impulso compulsivo, sopprimere l’ideologismo ecologico, piegarsi alla tortura della carta a vetro?
Passi per il colore smorto della carta riciclata che cercherò di rendere compatibile con l’ambiente bagno sfoggiando tappetini color “cremina” che potrebbero essere, anche, più consoni all’argomento, ma la ruvidezza quella è proprio una medicina amara da mandare giù.
Meno male che esistono i giapponesi, quegli omini dai deliziosi occhi a mandorla, super-efficienti, capaci di risolvere ogni problema, con un ammirevole spirito di abnegazione financo di proporzioni bibliche come quello del recente tsunami che, profondendo un impegno molto più modesto ma sicuramente meritorio per il nostro “sacro orifizio” e, nondimeno, per madre natura, hanno inventato “il riciclone”. La Nakabayashy di Tokyo, infatti, ha messo in commercio un apparecchio in grado di convertire fogli usati di stampanti e fotocopiatrici in rotoloni di soffici, nivei, confortevoli fazzolettini per uso igienico: una “tartaruga” tecnologica dal miserrimo costo di 80.000 euro, capace di riconvertire 1800 fogli A4 in due rotoli, “usabili”, all’ora.
Per il bene comune, in attesa di questo magico prodotto, non ci rimane che orientarsi verso la carta riciclata e salvare intere foreste ma sorge spontanea la domanda: siamo sicuri che da tale innovativo articolo sarà possibile eliminare ogni traccia di prodotti tossici quale il toner o rischiamo di ritrovarci il fondo schiena stampato come la pagina di un giornale?
Adriana Morando