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La bottega di gastronomia è aperta dal 1977, ma non ha retto il peso della crisi. Lo scorso mese la decisione della titolare Concetta di chiudere definitivamente l'attività
Tra i vari odori che escono da botteghe e negozi lungo i vicoli adiacenti Via San Lorenzo e, mescolandosi l’uno con l’altro, salgono per le vie stuzzicando le narici e l’appetito dei passanti, verrà presto a mancare il buon profumo di conserve, sughi e sottoli della storica bottega di gastronomia di Via Canneto il Curto “Serafina”.
È infatti questione di giorni la chiusura definitiva, dopo quasi quattro decenni di attività e di presenza nel tessuto commerciale dei caruggi: causa, come facilmente intuibile, la crisi, che ha assottigliato sempre più clientela e introiti di “Serafina” fino a costringere la titolare, Concetta Barsamele, a prendere il mese scorso la decisione di chiudere. L’emporio, i cui prodotti sono tutti lavorati interamente a mano, è aperto dal 1977: la sua chiusura significa la perdita di un pezzo di storia e tradizione della città. Siamo andati a trovare Concetta nel suo negozio…
Come si è arrivati all’agonia degli ultimi tempi?
«Non c’è lavoro, di conseguenza la gente spende meno soldi. Di sicuro la situazione è stata resa anche più ostica da realtà grandi, come Eataly, che dirottano il flusso turistico. Il cliente storico invece, che ci conosce da sempre e sa come lavoriamo, continua a venire da noi, ma il reale problema di fondo è quello economico: Genova è in miseria, e l’acquisto presso il mio negozio, che non fornisce beni di primissima necessità, semplicemente è una delle prime voci a essere cancellate dalla lista».
Mentre parlavamo con Concetta, alcune persone, residenti o negozianti, sono entrate per salutarla e hanno detto la loro prima di uscire. Ciò che traspare dalle loro parole è che nei dintorni molte altre piccole realtà commerciali si trovano in una condizione di crescente sofferenza e temono il peggioramento della situazione, quando non il fallimento.
Secondo alcuni commercianti della zona, chiedere aiuto alle istituzioni non porta a nulla: «È inutile – dicono – siamo in tanti in questa situazione e non ci sono certo soldi da investire per aiutare noi, non ce ne sono per gli ospedali, figuriamoci se ce ne sono per noi».
A questo proposito abbiamo interpellato l’assessore allo Sviluppo economico del Comune di Genova, Francesco Oddone: «Siamo assolutamente consapevoli della situazione di difficoltà. Riguardo alle cosiddette botteghe storiche, che stanno a metà tra commercio e turismo e sono parte integrante della cultura enogastronomica, intendiamo creare un circolo virtuoso allargando la platea di questi negozi. Oggi sono soltanto una quindicina, ma potrebbero essere molti di più – ovviamente devono rispondere ai requisiti necessari per soddisfare la caratteristica di “bottega storica” – e si potrebbero creare veri e propri percorsi enogastronomici. Dal punto di vista prettamente economico, purtroppo la situazione è quella che è, di certo non ci sono soldi da mettere a disposizione per salvare il singolo esercizio commerciale, e non sarebbe nemmeno giusto, ma auspichiamo l’integrazione di tutti gli esercizi nei Civ di quartiere, che sono uno strumento molto utile e importante, in grado di trattenere clientela».
Sulla concorrenza spietata di grandi nomi come Eataly, Oddone si esprime così: «È vero, simili realtà fanno una concorrenza troppo forte al piccolo negozio, ma non si tratta solo di Eataly, possiamo citarne altri come Fiumara. Abbiamo anche visto però che nel lungo periodo questi grossi contenitori impoveriscono in qualche modo il quartiere, negando il rapporto di fiducia e conoscenza venditore-cliente, e comunque sono oggettivamente non fruibili da un certo tipo di pubblico, perché, facciamo un esempio, l’anziano che fa fatica a muoversi non parte certo dal centro storico per andare fino a Fiumara, preferisce scendere sotto casa dove conosce tutti e ha tutto a portata di mano. Vogliamo che non si aprano altri centri commerciali ma si valorizzi il tessuto commerciale già presente nei quartieri».
Per “Serafina” i problemi grossi sono cominciati due anni fa, quando l’attività ha smesso di fare ricavi e ha cominciato ad andare in perdita: «Mi sono detta di tenere duro, che l’anno dopo sarebbe andata meglio, invece quest’anno è andata anche peggio. Io non ho capitali da parte, e quello che avevo mi è servito in questi due anni: ecco che mi ritrovo costretta a chiudere». La decisione definitiva un mese fa: «È una scelta dolorosa, io qui ho investito tutta la mia vita». Concetta infatti lavora qui fin dal 1979, inizialmente accanto alla prima proprietaria Serafina (da cui il nome del negozio) e successivamente rilevandone l’attività ma mantenendo il nome, nonché la qualità dei prodotti. Negli anni infatti l’emporio è comparso su pubblicazioni nazionali e internazionali tra cui Gambero Rosso, edizioni Slow Food e varie guide gastronomiche e turistiche italiane, inglesi, francesi e tedesche. Quello di Concetta è un lavoro certosino, che richiede passione e grande capacità: «Io sono un’artigiana iscritta all’Albo e alla C.N.A.. Questo non è un mestiere che si impara in un attimo, per diventare davvero bravi ci vogliono anni».
In questi anni ha fatto appello alla C.N.A. (Confederazione Nazionale dell’Artigianato e della Piccola e Media Impresa) e ottenuto un finanziamento tramite la Coarge (Cooperativa Artigiana di Garanzia della Provincia di Genova), ma non è bastato: «Io non polemizzo su questo, ma mi arrabbio perché sembra che nessuno capisca che realmente siamo in crisi. Non ti vengono incontro in alcun modo, ovvio che poi si finisca per chiudere: ti arriva da pagare l’Inps, l’Iva, e devi pagare tutto e subito, se ritardi scatta la mora o la sanzione; se io dichiaro di aver guadagnato meno di ventimila euro in un anno partono i controlli fiscali, che vengano, io non ho soldi nascosti né capitali all’estero, vivo di quello che guadagno qui dentro, e se qui dentro non sto guadagnando, non posso fare altro che chiudere».
All’amarezza per l’esperienza personale si aggiunge il timore di un futuro grigio per i vicoli in cui i negozi dovessero chiudere uno dietro l’altro causa crisi: «Forse la zona di Canneto non è ancora degradata come altre, ma se continuiamo così tempo un anno e vedrete».
Questo novembre il negozio compie 35 anni, ma invece di esserci una festa o una promozione speciale per i clienti, tutto quello che rimane sono gli scaffali mezzi vuoti e un’insegna scritta a mano che annuncia a tutti l’imminente chiusura. Così entro Natale un pezzo di storia di Genova se ne va per sempre.
Claudia Baghino
[Foto di Diego Arbore]