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Championships di Wimbledon, prima di tutto le tradizioni inglesi

Wimbledon è anche lo specchio del classismo strisciante Oltremanica. Il torneo è organizzato dall’All England Lawn Tennis and Croquet Club, un circolo di tennis non propriamente aperto al pubblico...


4 Luglio 2013Rubriche > Nice to meet you, English!

tennis

E’ ormai la 127ma volta che nell’ultima settimana di giugno e nella prima di luglio si giocano i Championships di Wimbledon. Ci sono altri prestigiosi tornei di tennis, ma se chiedete a un ragazzo con la racchetta in mano qual è il suo sogno vi risponderà senza esitare: “Vincere a Wimbledon”. Per entrare davvero nella storia dello sport un giocatore deve calcare con successo l’erba-tappeto del Centre Court e uscire vittorioso dall’ambita finale del torneo.

Che cos’hanno di così speciale i Championships?  Certo, su quei campi sono transitati e hanno vinto delle autentiche leggende del tennis: Martina Navratilova, William Renshaw, Pete Sampras e Roger Federer per citare soltanto i più titolati. Tuttavia, se i protagonisti vincono, invecchiano e passano, è il contorno che rimane e che ogni luglio si ripresenta a rendere Wimbledon il torneo. Tradizione è la parola d’ordine e non c’è paese che riesca al pari dell’Inghilterra a rendere la ripetizione di gesti ed eventi un punto di forza e non un elemento di mera e monotona abitudine.

Se è piuttosto usuale vedere giocatori che indossano magliette di colori anche sgargianti sugli altri campi, a Wimbledon ci si veste rigorosamente di bianco. Addirittura il recordman di vittorie ai Championships, Federer, in più di un’occasione si è presentato sul Centre Court con indosso un elegantissimo blazer immacolato che poi ha tolto subito prima di iniziare a giocare.

Il chair umpire, il giudice di sedia, si rivolge alle giocatrici facendo precedere al cognome gli appellativi di “Miss” opure “Mrs” e chiamando in alcune circostanze “Mr” anche gli uomini. Altro elemento rimasto immutato è quello dei colori ufficiali del torneo, verde e viola, ripresi anche nelle aiuole all’esterno dei campi da gioco.

Fuori dal campo, le strawberries and cream, fragole e panna, rimangono un punto fermo oltre che un piacere per il palato, consumate in quantità luculliane durante le due settimane del torneo, così com’è immancabile un drink a base di Pimm’s: d’altra parte siamo nel sud dell’Inghilterra!

Wimbledon è anche lo specchio del classismo strisciante Oltremanica. Il torneo è organizzato dall’All England Lawn Tennis and Croquet Club – noto semplicemente come All England Club – un circolo di tennis non propriamente aperto al pubblico, dato che le affiliazioni non possono superare il numero di 375 e che i membri sono tutti iper-selezionati in base al lignaggio. A presiedere il club è il Duke of Kent, il Principe Edoardo, il quale consegna personalmente il trofeo al vincitore. Proprio Edward, una decina d’anni fa, decise di interrompere la consuetudine che voleva che i giocatori facessero un inchino davanti ai membri della famiglia reale: francamente era ora che davanti alla Royal Family ci si potesse comportare come davanti a un qualunque essere umano. A dire il vero fa ancora eccezione la Regina, di fronte alla quale l’inchino è ancora previsto… Un giorno o l’altro arriveremo a eliminare anche quello.

L’Inghilterra d’altronde è così, ricca di contraddizioni. La terra della Magna Carta del 1215, il primo rudimento di riconoscimento dell’uguaglianza di tutti i cittadini, è anche il paese in cui più di ogni altro resiste un forte classismo.

Se da un lato la distinzione tra upper e lower class è molto netta, per tradizione il pubblico di Wimbledon e quello inglese in generale parteggiano invece per l’underdog, ovvero il contendente che parte senza i favori del pronostico.

Quest’anno, tuttavia, il pubblico del Centre Court farà un’eccezione e tiferà per uno dei favoriti, Andy Murray, nella speranza che un britannico trattenga finalmente sull’isola il trofeo che vola regolarmente verso altri lidi dal 1938. Poco importa se Murray è scozzese e non inglese e poco importa se prossimamente la Scozia potrebbe dire sì a un referendum per staccarsi definitivamente da Londra: l’importante è poter affermare che si è vinto … See you!

 

Daniele Canepa

 


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