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Emblematico il comunicato diffuso dall'agenzia di stama cinese: "il mondo va de-americanizzato". Ma se USA e Inghilterra sono in declino, il dominio della lingua inglese è a rischio?
Se l’agenzia di stampa nazionale cinese se ne esce fuori con un comunicato che afferma che il mondo va “de-americanizzato” non credete la cosa dovrebbe andare come minimo in prima pagina con tanto di approfondimento su tutti i cosiddetti maggiori quotidiani di informazione a livello nazionale e si dovrebbe parlare quasi solo di quello, vista la portata della dichiarazione, non propriamente diplomatica? Invece, tranne qualche articoletto qui e lì, non molto si è detto, almeno non immediatamente dopo che Xinhua, così è chiamata la press agency in questione, ha rilasciato la dichiarazione.
La news non ha fatto troppo scalpore forse perché i media, come avevamo visto la settimana scorsa con il caso Murdoch, sono posseduti da pochi magnati nella maggior parte dei casi provenienti dal mondo anglosassone e quindi tendono a minimizzare tutto ciò che mette in discussione gli USA, i loro alleati e l’ordine costituito.
Tuttavia, molto semplicemente, l’agenzia di stampa cinese non ha fatto altro che puntare il dito verso il re (o ex-re del globo) e dire con lo stesso candore di un bimbo: “Ops, è nudo”.
Non sono un economista e non intendo sconfinare in campi diversi dal mio, ma non ci vuole un economista per applicare quello che Aristotele chiamava sillogismo. Se A è uguale a B e B è uguale a C, ciò significa che C è uguale ad A…
Al liceo presi pure un otto tondo tondo di filosofia per aver saputo illustrare questo concetto tanto semplice che, applicato alla realtà di oggi, porta alla conclusione seguente: se gli Stati Uniti hanno imposto al mondo un modello industriale e capitalista basato su Conquer, Command, Control e se questo modello ha fallito conducendo a una crisi globale e spolpando il pianeta delle sue risorse, allora gli Stati Uniti hanno fallito e il loro ruolo dominante verrà assunto da qualcun altro.
Quali sono state le cause di questa inesorabile discesa? Diverse, sicuramente. Credo che alla base, più che intricati modelli economici e finanziari, a far perdere agli USA la loro egemonia sia stata l’avidità che divora gli esseri umani se essi non la sanno controllare o canalizzare.
Tutta questa lunga premessa per arrivare a considerazioni di carattere linguistico che toccano da vicino l’inglese. Se nel mondo il punto di riferimento non sarà più l’America, anche la lingua inglese perderà il suo stato di lingua franca internazionale, le cui fortune nel XX secolo erano andate di pari passo con l’ascesa di Washington? Dovremo forse imparare la lingua della nuova potenza emergente, sia essa la Cina, l’India o la Russia (oppure, udite udite, l’UE)?
Ci sto lavorando da tempo, ma per adesso non riesco ancora a vedere in anticipo gli eventi dei decenni a venire. Credo, però, sulla base degli elementi di analisi che abbiamo a disposizione attualmente, che sia improbabile che il futuro dell’inglese come lingua intercontinentale sia in pericolo.
Le ragioni sono molteplici: innanzitutto, USA e Regno Unito sono ancora delle potenze mondiali, seppur in declino, e da milioni di persone vengono ancora percepite come il modello da seguire. In secondo luogo, quelle stesse potenze emergenti che entro breve sostituiranno gli Stati Uniti stanno formando in questi anni una classe dirigente che oltre a esprimersi nella propria lingua madre conosce molto bene l’inglese.
In Cina quasi cinque milioni di nuovi studenti ogni anno iniziano a imparare l’inglese. In Russia, i businessmen (leggasi oligarchi senza scrupoli) fanno affari a Londra o addirittura ci vivono (emblematico l’esempio di Roman Abramovich, padrone del Chelsea FC). In India, la classe dirigente si forma e si esprime in inglese, pur essendo l’hindi la lingua franca parlata nel paese. Nell’UE, la documentazione viene normalmente redatta in inglese e comunque la lingua di comunicazione tra politici e funzionari è di norma l’inglese (tranne per la maggioranza degli europarlamentari italiani, ovviamente al di sotto della media nella conoscenza della lingua di Shakespeare).
Insomma, se nel XX secolo il baricentro della lingua inglese si era spostato da Londra a New York per ragioni politiche ed economiche, in futuro esso vagherà in giro per il mondo. D’altra parte già al giorno d’oggi dei due miliardi di persone che parlano inglese solo uno su quattro è un native speaker e il rapporto diventerà presto 1/5 o 1/6. Qualcuno è ancora assolutamente convinto che solo i madrelingua possano e debbano insegnare l’inglese?
See you!
Daniele Canepa