Un'impresa su quattro (il 23,9% del totale) ha realizzato negli ultimi tre anni, o realizzerà entro quest'anno, investimenti in prodotti e tecnologie che assicurano un maggior risparmio energetico o un minor impatto ambientale
La riconversione ecologica dell’economia può essere il fondamento da cui partire per uscire dalla crisi.
Il rapporto GreenItaly 2011 di Symbola e UnionCamere, presentato oggi a Milano, evidenzia come la profondità degli effetti della crisi ponga l’intero sistema di fronte alla necessità di un radicale ripensamento del proprio modello di sviluppo.
Un’impresa su quattro (il 23,9% del totale, ovvero circa 370mila imprese, 150mila industriali e quasi 220mila dei servizi) ha realizzato negli ultimi tre anni, o realizzerà entro quest’anno, investimenti in prodotti e tecnologie che assicurano un maggior risparmio energetico o un minor impatto ambientale.
Una quota che rappresenta un segnale forte dell’effettiva diffusione di comportamenti aziendali orientati all’eco-efficienza e alla sostenibilità ambientale, considerando che in questo caso siamo di fronte a un universo che contempla sia le micro imprese al di sotto dei 20 dipendenti, dove chiaramente la propensione a investire è più contenuta, sia tutto il settore dei servizi privati costituto da diverse attività che, per chiare ragioni di natura strutturale o legate al basso impatto ambientale, possono non essere particolarmente inclini alla realizzazione di investimenti green.
Inoltre un terzo delle imprese che investono in tecnologie green vanta una presenza sui mercati esteri (34,8%), quota quasi doppia rispetto a quella rilevata per le imprese che non puntano sulla sostenibilità ambientale (meno di due su cinque, pari al 18,6%).
Per quanto riguarda i settori questa visione strategica lungimirante è chiaramente più diffusa nella manifattura, dove la quota di imprese che realizzano investimenti green sfiora il 28% a fronte di un più ridotto 22% nel terziario. E tra le attività manifatturiere, oltre alla chimica e alle attività connesse sostanzialmente all’energia (prodotti petroliferi e public utilities), spicca la filiera della meccanica, mezzi di trasporto, elettronica e strumentazione di precisione, assieme alla lavorazione dei minerali non metalliferi, dove un’impresa su tre si dedica alla realizzazione di investimenti tesi a ridurre l’impatto ambientale delle proprie produzioni.
La classifica regionale per incidenza delle imprese green sul totale vede in testa il Trentino-Alto Adige (con il 29,5% di imprese che investono in tecnologie green) seguito dalla Valle d’Aosta (27,3%), seguono le cinque regioni meridionali con valori tra il 27,2% del Molise e il 25% dell’Abruzzo, passando per la Basilicata, la Puglia e la Campania; con valori di poco superiori al 24% si posizionano poi la Lombardia, il Friuli-Venezia Giulia, il Veneto e il Piemonte. Per quanti riguarda i valori assoluti, invece, la Lombardia guida la classifica con 69.330 imprese che investono nel green, seguita da Veneto con 32.250 imprese e Lazio con 30.240 imprese.
Anche per quanto riguarda l’occupazione, la green economy sembra possedere una marcia in più tanto che nel 2011 il 38% delle assunzioni programmate dalle imprese è riconducibile alla sostenibilità ambientale. Si tratta di più di 220.000 assunzioni sul totale di quasi 600.000 previste dalle imprese nel 2011. Di queste circa la metà, 97.600 assunzioni sono legate a professioni green in senso stretto (legate agli ambiti delle energie rinnovabili, gestione delle acque e rifiuti, tutela dell’ambiente, green mobilities, green building ed efficienza energetica).
«Sotto le ceneri depositate dalla crisi arde la brace della green economy – spiega Ermete Realacci, Presidente di Symbola – E’ una sfida che l’Italia può vincere se saprà cogliere nelle caratteristiche del suo sistema produttivo le radici di una scommessa sul futuro. Quello che emerge nella ricerca che oggi presentiamo, ci dice che la green economy, a maggior ragione nel grave periodo che stiamo vivendo, è una delle strade principali per rilanciare, su basi nuove e più solide, l’economia italiana. Una prospettiva che nel nostro Paese si incrocia con la qualità, la coesione sociale, il talento, l’innovazione, la ricerca, fattori fondamentali per rendere competitivi i territori e le nostre imprese. Quanto emerge oggi è un’indicazione importante anche per il futuro Governo».