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In italiano esistono due forme allocutive (address forms), il “tu” e il “lei”, in inglese si dà solo dello "you", ma rivolgersi a una donna con Madam o a un uomo con Sir è forma di educazione molto apprezzata
“Hello. How’re you?” “Fine, thanks. And you?” Quante volte sui libri di inglese di livello più elementare avete letto questo breve scambio di battute? Se avete una minima conoscenza dell’inglese, non credo che vi servirà la traduzione… O forse sì! Infatti, se si analizza questo mini-dialogo in maniera più approfondita, saranno due, e non una sola, le traduzioni possibili (entrambe corrette).
1 “Ciao. Come stai?” “Bene, grazie. E tu?”
2 “Buongiorno. Come sta?” “Bene, grazie. E lei?”
In altre parole, mentre in italiano esistono due forme allocutive (address forms), il “tu” e il “lei”, in inglese si dà solo dello you. Come si fa allora in inglese a dare del lei? E più in generale: esistono il tu e il lei in inglese? Partiamo dalla risposta – un po’ provocatoria – alla seconda domanda, la quale probabilmente vi sorprenderà: in English non esistono né “tu” né “lei”. Lo you che viene usato oggi indistintamente per rivolgersi a genitori, compagni di scuola, colleghi, superiori, politici, ecc. è in realtà in origine un “voi”. Sì, perché ripercorrendo la storia della lingua inglese scopriremo che il pronome personale soggetto di seconda persona singolare era thou , il quale gradualmente è stato sostituito da you, appunto. Esisteva anche un pronome che svolgeva la funzione di complemento, thee, per cui abbiamo per esempio in un celebre sonetto di Shakespaere:
“Shall I compare thee to a summer’s day?
Thou art more lovely and more temperate”
Il sonetto in questione è il Sonnet 18, che peraltro vi consiglio di leggere nella sua interezza in quanto punto altissimo della letteratura non solo inglese, ma mondiale. Ogni volta che lo leggo, mi emoziono.
Ritorniamo allora alla prima domanda: come si fa a dare del tu o del lei in inglese? Partiamo da una premessa: la cultura anglo-sassone è molto più pragmatica e meno salameleccosa della nostra, nella quale grande – troppa – importanza nelle conversazioni viene data a titoli come “Dottore”, “Egregio”, “Illustrissimo” – o il famigerato “Venerabile”). Mi trovo molto d’accordo a questo proposito con coloro che sostengono che l’uso formale e poco sostanziale di questi titoli non faccia altro che gonfiare l’ego e l’arroganza di chi si sente chiamare “Onorevole”, “Luminosissimo”, ”Eminenza” o simili acrobazie linguistiche francamente un po’ ridicole, accrescendo allo stesso tempo un senso di inferiorità in coloro che si rivolgono a tali individui. Siamo tutti esseri umani a prescindere dai nostri titoli di studio e dalle etichette nobiliari, oppure no?!
Tornando all’inglese, ciò che ho spiegato non significa che non esistano forme di cortesia per una persona più anziana o con la quale non si ha confidenza. Il fatto è che, invece che tramite un “lei” o un “tu”, il rispetto emerge in altri modi. Per esempio, rivolgersi a una donna con Madam o a un uomo con Sir è già di per sé una forma di educazione molto apprezzata. Una frase del tipo: “Hello, Mr. Anderson. How’re you, sir?” è equivalente al nostro dare del lei. Se l’interlocutore vorrà abbassare il livello formale della conversazione replicherà immediatamente: “Please, call me John.” Farsi chiamare per nome senza che esso sia preceduto da Mr o Mrs So and So (il signor/la signora Tal dei Tali) equivale infatti al nostro: “Dammi pure del tu.”
Per concludere, vista la confidenza che ormai ho con voi lettori della rubrica ho quindi deciso oggi di usare un saluto particolarmente informale… Catch you later (più o meno “ci becchiamo dopo”)!
Daniele Canepa
[foto di Diego Arbore]