Equitalia non può ottenere il pignoramento se il contribuente debitore è residente e proprietario di un solo bene immobile ad uso abitativo e non "abitazione di lusso". Inoltre il periodo di rateizzazione dei debiti passa a 120 rate mensili
Cari lettori, questa settimana vi tedio con uno spaccato del più volte menzionato Decreto del Fare; qualcuno si domanda che cosa ci sia da fare… Per l’appunto, quel decreto (ora divenuto legge) pone nuovi paletti per i contribuenti debitori nei confronti degli enti pubblici o del fisco.
Note apparentemente liete ci arrivano sul fronte di Equitalia, notizie che alcuni giornali non hanno riportato correttamente.
E dunque, con l’entrata in vigore della legge di conversione del Decreto del Fare (Decreto legge 21 giugno 2013, n. 69 convertito, con modifiche, in legge 9 agosto 2013, n. 98) sono state introdotte misure per la semplificazione in materia fiscale. Senza dubbio, tra le novità più importanti, l’allungamento del periodo di rateizzazione dei debiti di natura tributaria fino a 120 rate mensili (invece delle 72 prima concesse) ed il sostanziale blocco dei pignoramenti della prima casa da parte di Equitalia.
In particolare, all’art. 52, leggiamo che l’agente della riscossione, nelle ipotesi di riscossione a mezzo ruolo, non dà corso all’espropriazione se l’unico immobile di proprietà del debitore, con esclusione delle abitazioni di lusso, è adibito ad uso abitativo e lo stesso debitore vi risiede anagraficamente.
In sintesi, Equitalia non può ottenere il pignoramento solo ed esclusivamente quando il debitore si trovi nelle seguenti condizioni:
1 – il contribuente debitore sia proprietario di un solo bene immobile;
2 – che detto immobile sia adibito ad uso abitativo;
3 – che l’immobile non abbia le caratteristiche di “abitazione di lusso” cui al decreto del Ministro per i lavori pubblici 2 agosto 1969, e comunque il fabbricato non sia classificato nelle categorie catastali A/8 (abitazioni in ville) ed A/9 (Castelli, palazzi di eminenti pregi artistici o storici);
4 – il contribuente abbia la residenza anagrafica nell’unico immobile di sua proprietà.
Ma non solo: un decreto del Ministero dell’economia e delle finanze, adottato d’intesa con l’Agenzia delle Entrate, individuerà un paniere di “beni essenziali” (vedremo più avanti se si tratterà di beni mobili ovvero altre tipologie di beni immobili) che Equitalia non può comunque pignorare.
Ma non cantiamo vittoria troppo presto! Difatti, il nuovo dettato normativo vigente, tuttavia, introduce una clausola di salvaguardia a favore di Equitalia. È sempre fatta salva, infatti, “la facoltà di intervento ai sensi dell’art. 499 del codice di procedura civile”.
Ciò significa che laddove il contribuente debitore avesse subito il pignoramento della prima casa (anche se è l’unico immobile di proprietà), su iniziativa di soggetti diversi da Equitalia (ad esempio, banche, creditori privati, ecc.), la stessa potrebbe intervenire nella procedura esecutiva concorrendo al riparto sul ricavato della vendita del bene staggito.
Invece, per i casi di contribuenti proprietari di due o più immobili (ad uso abitativo e non), resta salva la facoltà di intervento di cui abbiamo raccontato poc’anzi. Equitalia può farsi promotrice del pignoramento di beni del contribuente debitore a condizione che il credito da riscuotere superi 120.000 euro.
L’espropriazione può essere avviata se:
1 – è stata iscritta ipoteca sugli immobili del debitore;
2 – siano già trascorsi 6 mesi dall’iscrizione ipotecaria senza che il debito sia stato estinto
Quest’ultima norma risulta francamente incomprensibile: se il debito viene estinto come si può procedere al pignoramento? D’altronde si sa, l’Italia non è mai stata un paese di arguti legislatori…
Per concludere, mi si permetta una riflessione: che interesse ha un debitore proprietario della sola prima casa a pagare un debito di natura fiscale/tributaria se costui è inattaccabile grazie alla norma sull’impignorabilità della prima casa?
Insomma, non lamentiamoci se poi aumentano l’aliquota IVA…
Alberto Burrometo
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