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Che cosa sta succedendo in quello che fino a pochi decenni fa era il cuore pulsante dell’industria cittadina? Una guerra tra poveri (oltre che tra vicesindaco e Fiom) che mette di fronte i lavoratori dell’Ilva in cassa integrazione alla ricerca di un sostegno al reddito e gli abitanti di Cornigliano che non sono più disposti ad attendere oltre per una dovuta riqualificazione del quartiere
Sono passati quasi 11 anni dal 29 luglio 2005, giorno in cui l’Ilva di Cornigliano abbandonò la produzione siderurgica a caldo per passare alla produzione a freddo, meno impattante dal punto di vista ecologico. Da allora, il quartiere ha avviato un lungo processo di riqualificazione ambientale mai del tutto completato. Le aree dismesse dall’azienda sono state affidate alla Società Per Cornigliano, un soggetto pubblico finanziato al 45% da Regione Liguria, al 22,5% sia dal Comune di Genova sia dalla Citta Metropolitana e per il rimanente 10% da Invitalia Partecipazioni Spa che fa capo al ministero dell’Economia. Oggi, Comune (non proprio in tutte le sue componenti), Regione e governo chiedono alla Società di Cornigliano una cifra intorno agli 800 mila per integrare il reddito dei lavoratori dell’Ilva ma gli abitanti della delegazione ponentina dicono no: «È già la seconda volta che viene fatta questa operazione – ricorda Paolo Collu, coordinatore di un gruppo di lavoro del Municipio Medio Ponente che raccoglie 21 associazioni di Cornigliano – due anni fa furono utilizzati circa 5 milioni per coprire un buco della cassa integrazione dei lavoratori. Questa volta intendiamo alzare la voce per far capire che non è quello l’utilizzo previsto delle nostre risorse». Un concetto ribadito anche dal vicesindaco del Comune di Genova e anche vicepresidente di Società per Cornigliano, Stefano Bernini: «Due anni fa doveva essere l’ultima volta – dice a “Era Superba” – non possiamo sempre fare l’italietta che fa promesse e poi se le rimangia, io sono abituato a fare quello che dico».
Lo scontro nasconde un dilemma di non facile soluzione per il quartiere di Cornigliano: bisogna dare la priorità agli stipendi dei lavoratori o alla riqualificazione del territorio? A propendere per la prima opzione, come detto, un’ampia alleanza che va dal Comune alla Regione fino al Parlamento passando naturalmente per i sindacati dei lavoratori di Ilva.
Lo scorso 26 febbraio al Centro Civico di Cornigliano un’assemblea pubblica organizzata dal Partito democratico ha, di fatto, sancito la pace (o almeno una tregua) tra partito e sindacati (Fiom compresa) dopo le animate contestazioni delle settimane precedenti. Tutti d’accordo su un punto: è la Società per Cornigliano a dover coprire nuovamente i costi per i lavori di pubblica utilità che serviranno a cassintegrati di Ilva ad aumentare il proprio stipendio dal 70% a circa il 77% della retribuzione ordinaria.
All’assemblea hanno partecipato, tra gli altri, l’assessore allo Sviluppo Economico del Comune di Genova, Emanuele Piazza, e il deputato dem autore dell’emendamento all’ennesimo decreto ‘Salva Ilva’, Lorenzo Basso, decisivo per quanto riguarda gli lpu. I due rappresentanti del partito hanno definito “momentanea” la situazione e promesso che Regione e governo ripristineranno al più presto i fondi per la riqualificazione del quartiere, ma la rassicurazione non è bastata. «Non possiamo lavorare sulle promesse – controbatte Collu – ci servono tempi e impegni precisi su cui eventualmente discutere». Sulla stessa lunghezza d’onda il vicesindaco Bernini, non invitato all’incontro: «Per Cornigliano si è aperto un tavolo con un elenco di interventi ben preciso, ogni euro tolto alla Società in questo momento è un euro tolto alla riqualificazione del quartiere».
Bernini non si fa certo problemi ad andare contro la linea dominante del “suo” Pd che, anzi, accusa di essere troppo allineato alle scelte della Regione (in questo caso ma non solo). «L’idea di spostare i fondi dalla Società all’integrazione della cassa integrazione dei lavoratori Ilva è stata di Rixi – sostiene – e trovo imbarazzante, anche da un punto di vista politico, che la giunta comunale chieda i soldi a Società per Cornigliano anziché fare una giusta battaglia contro la Regione Liguria. Se, come detto dall’assessore Rixi, il sacrificio è solo di ‘poche miglia di euro’, allora perché non viene fatto con fondi regionali?». Il vicesindaco, dunque, si è detto pronto a votare contro un simile provvedimento in un prossimo cda di Società per Cornigliano, arrivando anche ad ipotizzare le dimissioni dalla stessa qualora, come probabile, non dovesse passare la sua linea.
Va detto che i circa 800 mila euro chiesti a Società per Cornigliano servirebbero a coprire integrazioni al reddito per lavori di pubblica utilità ai cassintegrati di Ilva solo fino al prossimo 30 settembre. In quella data, infatti, salvo intoppi, dovrebbe apparire molto più chiaro il futuro del gruppo Ilva, con la vendita definitiva della società o un suo affitto come previsto dal bando emanato dal governo, e la storia dello stabilimento (e del quartiere di Cornigliano) potrebbe cambiare bruscamente.
Per questo, secondo i cittadini è necessario dare un’accelerata decisiva al processo di riqualificazione di Cornigliano. «Non c’è un intervento più un importante dell’altro – sottoliena Paolo Collu – e il progetto del Municipio che abbiamo consegnato al sindaco Doria e che attende di essere attivato non prevede alcun ordine ‘gerarchico’ tra le misure da mettere in atto che riteniamo tutte assolutamente di pari importanza». L’elenco, in ordine sparso, comprende la rimessa in utilizzo delle aree ex gasometri inutilizzate dal 2007, ma anche il sostegno ai commercianti del quartiere, che vivono una profonda crisi testimoniata dalla continua chiusura di attività sul territorio. «Poi non posso solo lamentarmi, perché cose ne sono state fatte – ammette Collu citando la riqualificazione di Villa Bombrini e di via Verona – ma in progetto ne abbiamo ancora molte altre».
In passato, parte dei lavori di riqualificazione del quartiere furono effettuati dagli stessi lavoratori dell’Ilva. Alla già citata assemblea pubblica dello scorso 26 febbraio, l’ex segretario della Fiom di Genova e firmatario del famoso accordo di programma per il futuro dei lavoratori Ilva, Francesco Grondona, ha proposto la stessa soluzione anche per la situazione che si sta andando a configurare. «I lavoratori non vogliono assistenza, vogliono lavoro – ha detto con la sua proverbiale incisività – perché non usare le loro braccia per i lavori di pubblica utilità necessari?». Abbiamo posto la stessa domanda a Paolo Collu, che però ha messo in luce una cattiva gestione dell’esperienza passata: «L’ultima volta fu detto al Comune del coinvolgimento dei lavoratori solo 15 giorni prima l’inizio dei lavori e in quel tempo si sono dovute organizzare le squadre e le attività. Certo, organizzati meglio, i lavori di pubblica utilità sarebbero una risposta corretta».
Critico anche in questo caso Stefano Bernini: «Nella scorsa occasione – afferma il vice di Doria – alcune volte i lavori sono stati fatti bene, altre no. Inoltre, si tratterebbe solo di un palliativo per aumentare di poco il reddito dei lavoratori, anziché investire le risorse nelle opere utili al territorio».
Il rischio implicito della vicenda è quello di generare una guerra tra poveri, in cui i legittimi interessi dei lavoratori vengono messi in contrasto con quelli altrettanto legittimi dei cittadini di Cornigliano. «Io vivo a Cornigliano e sul mio terrazzo trovo spesso due o tre dita di polvere nera – attacca il vicesindaco che è anche stato presidente del Municipio Medio-Ponente – Fiom e Regione Liguria stanno mettendo in piedi un’operazione che toglie risorse ai cittadini di Cornigliano, che non sono certo dei ricchi borghesi».
Luca Lottero