Quando il verde di splendidi giardini si confonde tra il rosa arancio dei palazzi storici e l'azzurro incolore e sempre mutevole dell'acqua. Un viaggio nello spettacolo naturale dei giardini veneziani
In generale quando si pensa a Venezia, viene immediatamente in mente il mare, la Laguna, l’acqua ed un intricato labirinto di calle su cui si affacciano i palazzi cittadini. In questo panorama, passa, apparentemente, in secondo piano il Verde. Durante una mia vacanza di qualche anno fa, ho avuto modo di capire quanto siano invece numerosi, e spesso segreti, i giardini della Serenissima. Un po’ come in altre città italiane, Genova in particolare, a Venezia alberi, arbusti e cespugli si celano, spesso volutamente, tra gli edifici. Serve uno sguardo attento (e buone amicizie!) per poter cogliere il ricco insieme che si nasconde sulle terrazze e nei giardini interni ai palazzi.
Sin dai tempi più remoti la città, grazie ai commerci con l’Oriente, ha importato numerosissime e particolari varietà di piante, per lo più sconosciute altrove. In particolare preziose ed inusuali erbe aromatiche, moltissime varietà di rose, di oleandri e molti rampicanti profumati sono sempre stati assai apprezzati ed utilizzati.
I giardini veneziani sono poi, tra loro, estremamente diversi, si passa da quelli classici ai moderni, dagli articolati ai linearissimi, dai barocchi a quelli essenziali. Si spazia dal labirinto del monastero di San Giorgio Maggiore, dedicato dalla Fondazione Cini a Borges nel 2011, all‘orto-giardino con ulivi del monastero del Redentore dei francescani (così impostato per ricordare il luogo di nascita di San Francesco d’Assisi), al parco barocco di Palazzo Barnabò con fontane, statue ed un incredibile affaccio sui canali, all’inaspettato bosco “selvaggio” di Palazzo Soranzo, fino alla stupefacente e vagamente nipponica semplicità concettuale del giardino di Carlo Scarpa della Fondazione Querini Stampalia…
Stanti gli spazi limitati, i veneziani hanno poi sempre sfruttato, per i loro giardini, la ricca campagna intorno alla città. Le enormi ricchezze provenienti dai traffici marittimi sono state investite in numerosissime tenute campestri in cui l’estetica sposava le esigenze dalla produzione agricola. Poste a poca distanza della città, queste proprietà erano abbellite da lussureggianti giardini.
Per citarne solo uno, si pensi allo splendido parco barocco (uno dei più belli d’Italia!) di Villa Barbarigo Pizzoni Ardemani, giunto sino a noi quasi immutato. Le infinite controversie legali, succedutesi nei secoli, tra eredi legittimi o meno, in merito alla proprietà della tenuta ed allo sconfinato patrimonio familiare, economico, artistico e paesaggistico, hanno infatti provvidenzialmente “congelato” il giardino nel tempo.
Venezia e le ville venete sono strettamente legate e rappresentano quindi un percorso integrato che merita di essere scoperto perché offre un variegato insieme di giardini, molto differenti tra loro per caratteristiche e peculiarità. Tanto quelli di città sono, in genere, piccoli, articolati e spesso “intricati”, quanto quelli in campagna sono invece estesi fino a perdita d’occhio, caratterizzati da prati, alberi secolari e da filari di statue a sottolinearne le sconfinate dimensioni. Nei primi predominerà il profumo ed il colore di rose, rampicanti e varietà esotiche, nei secondi la luce ed il verde chiaro dell’erba che si perde, all’infinito, nella campagna pianeggiante.
In tutti, dominerà però sempre l’acqua, si tratti delle calle veneziane su cui si affacciano i cortili ed i giardini cittadini o di quella dei canali dei parchi. Ovunque vi è un susseguirsi di fontane tese ad abbellire il paesaggio, estenderne le dimensioni, valorizzare le alberature e le tenute barocche, che si riflettono nelle vasche. L’acqua ha, nel giardino veneto, però soprattutto un valore simbolico: ricorda il Mare, solcato per i traffici con paesi lontani. Rappresenta in sintesi l’elemento su cui si fonda tutta la fortuna e la grandezza della città.
A Venezia l’acqua nutre parchi e giardini ma, al tempo stesso, mina le fondamenta dei palazzi, che su di essa galleggiano. Rappresenta quindi l’origine della Serenissima, l’inizio e la fine. È la fonte delle passate ricchezze terrene ma ricorda sempre quanto queste ultime “scorrano” e siano fugaci.
Filippo Leone Roberti Maggiore e Emanuele Deplano
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