Su un prato sono stati realizzati un giardino con essenze semi spontanee ed una villa, con pareti in cristallo, in cui il verde è il vero protagonista
Ho recentemente letto un interessante articolo di un architetto e paesaggista in cui si raccontava l’evolversi del progetto di realizzazione della propria abitazione e del relativo giardino. Il progettista sottolineava l’importanza di immaginare l’insieme dell’edificato e dello spazio a verde come un unico complesso, in cui le due parti costituiscono reciproco completamento e valorizzazione l’una dell’altra.
Ho sempre pensato che le cose stessero così e che invece, spesso, le realizzazioni di giardini prescindano troppo, magari per assecondare i gusti della committenza, dai luoghi di loro inserimento. L’utilizzo di specie autoctone, o similari a quelle presenti in natura, e la ricerca di uno stile affine a quello degli edifici circostanti creano invece continuità tra esterno ed interno, dilatano gli spazi e rendono il tutto completo e molto soddisfacente da un punto di vista estetico.
Traendo proprio spunto dalle parole dell’autore del progetto, si evince che questo giardino è stato ideato insieme alla casa e ritenuto tanto importante quanto l’edificio stesso. Da un verde prato è stato ritagliato, innanzi tutto e prima di tutto, uno spazio a verde in cui la villa è stata, poi, armonicamente inserita. L’uno sembra la naturale e spontanea estensione dell’altra. Ogni pianta ed aiuola non avrebbe potuto essere piantata o disposta che in quella esatta posizione ed in nessun’altra.
Come spesso accade nella progettazione dei giardini, allontanandosi dall’edificio l’impianto del verde “sfuma” e l’impiego delle piante diventa, via via, più spontaneo e naturale fino a far apparire l’insieme volutamente “incolto”.
Il rapporto organico con il contesto, la percezione della luce, la studiata geometria di aperture e movimenti nelle facciate, le suddivisioni armoniche negli ambienti interni, la piscina strettamente compenetrata alle singole stanze, sono poi tutti elementi di chiara ispirazione ed impianto architettonici.
Nel progetto complessivo, si legge infatti l’influenza dello stile progettuale di Mies Van Der Rohe, cui si richiama l’autore anche nella sua descrizione orale del progetto. In particolare, si rimanda alla famosa lezione, attualizzata ai tempi moderni ed al contesto, del “Less is more” che caratterizza l’architettura californiana degli anni ‘50.
Un progetto quindi per sottrazione e semplificazione, in cui il verde è il vero protagonista di ogni “stanza”, interna ed esterna. Quest’ultimo si riflette sulle vetrate in cristallo, completa i vuoti, sottolinea i volumi e si scorge, nelle diverse forme e colorazioni dovute al variare delle stagioni, da tutte i vani della casa con prospettive inaspettate e sempre mutevoli.
Graminacee, felci e bambù sono stati quindi attentamente inseriti per completare, come si sarebbe fatto con gli elementi di arredo per gli interni, l’infilata delle “stanze” ritagliate nel verde, all’esterno. Sono tutte piante accomunate dalle limitate esigenze colturali, dalla rapida crescita e frugalissime. Prosperano quasi da sole e hanno un portamento naturale, oculatamente scelte per un progetto complesso, contemporaneo ed attento alle problematiche ambientali e di manutenzione.
Filippo Leone Roberti Maggiore e Emanuele Deplano
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