Nel 2010 i nuovi rapporti di lavoro attivati per giovani con meno di trent'anni sono diminuiti di un quarto
Una ricerca di Datagiovani, un gruppo di studio nato nel 2010, analizza la situazione del mondo del lavoro per chi ha meno di 30 anni. Le analisi sono il frutto di una elaborazione di Datagiovani sulle rilevazioni trimestrali delle forze lavoro dell’Istat. In particolare sono stati considerati i dati medi delle quattro rilevazioni trimestrali del 2007 e del 2010.
“Il raffronto tra i dati sulle attivazioni di lavoro nel 2007 e nel 2010 sottolineano una volta di più, non solo come la crisi abbia avuto gli effetti negativi più ampi sul mercato del lavoro giovanile, ma anche come esso si stia progressivamente deteriorando, svoltando cioè sempre di più dalla flessibilità alla precarizzazione dei rapporti di lavoro – si legge nel documento – Innanzitutto va evidenziato come i nuovi rapporti di lavoro attivati per giovani con meno di trent’anni nel 2010 siano diminuiti di un quarto rispetto a quanto accadeva prima della crisi”. In pratica parliamo di oltre 180 mila possibilità di lavoro in meno per i giovani.
“A livello contrattuale, il grosso della flessione ha riguardato proprio la forma più stabile di contratto, ovvero quella di dipendenza a tempo indeterminato – continua il rapporto – In questo caso i nuovi contratti stabili si sono praticamente dimezzati rispetto al 2007, passando da poco meno di 256 mila agli attuali 142 mila (-44%)”.
Mentre per quanto riguarda i nuovi contratti a termine stipulati nel 2010 sono stati il 14% in meno del 2007 (e tra questi i contratti interinali o in somministrazione sono aumentati).
“Il risultato di queste tendenze è il progressivo deterioramento delle condizioni contrattuali dei giovani: attualmente, secondo l’Istat, solo un nuovo contratto su 4 stipulato con un giovane Under 30 ha la forma subordinata a tempo indeterminato, mentre era 1 su 3 nel 2007. Cresce di conseguenza il peso dei contratti da dipendenti a termine, che salgono al 56% (erano il 34% nel 2007), ed in particolare i contratti individuali a termine e quelli interinali. Aumenta anche se non di molto l’apprendistato, probabilmente unico dato positivo di questa analisi, auspicando che al termine del percorso di inserimento formativo il rapporto si traduca in una assunzione a tempo indeterminato”.
Ma emerge anche un altro fattore, tutt’altro che secondario: avere delle esperienze lavorative precedenti sembra influire poco o per niente sulla possibilità di accedere al contratto a tempo indeterminato. Infatti mentre nel 2007 gli Under 30 assunti con nuovi contratti stabili erano il 5% in più rispetto alle prime assunzioni, ora tali valori si sono sostanzialmente allineati attorno al 25% dei nuovi rapporti di lavoro.
“Le tendenze rilevabili ormai da diversi anni ed appesantite dalla crisi al ricorso da parte delle aziende di contratti flessibili fanno si che la dualità del mercato del lavoro italiano estremamente differente tra giovani ed adulti si riflette sullo stock generale degli occupati: gli Under 30 con un lavoro sono diminuiti di circa 560 mila unità, di cui oltre 370 mila solo tra coloro che avevano un contratto a tempo indeterminato. I contratti a termine, ed in particolare quelli a tempo determinato, sono sì diminuiti ma in termini quasi esigui rispetto al lavoro stabile (si registrano infatti circa 36 mila posizioni in meno tra i contratti individuali a termine)”.
Inoltre non bisogna dimenticare che anche la durata media dei rapporti di lavoro a termine (dipendenza e collaborazione) si sta riducendo, dai 17 mesi del 2007 ai 15 circa del 2010.
“Una conferma del fatto che il lavoro a termine non è una fase del passaggio ad un contratto stabile, ma rischia di diventare una condizione a lungo termine viene dal fatto che quasi l’83% dei contratti a tempo indeterminato dei giovani nel 2010 era già in essere anche l’anno precedente, un valore di quasi 4 punti percentuali più elevato del 2007”.