Un breve ripasso della geografia e della storia - e di qualche paradosso - dell'arcipelago britannico utile per conoscerne meglio le varietà linguistiche...
Conosco poche persone, cittadini britannici compresi, che hanno le idee chiare in merito alle differenze tra Galles, Inghilterra, Irlanda, Scozia, ecc. Se vi trovate per esempio a Cardiff ed esclamate: “I’m in England“, la gente del luogo – il Galles – vi guarderà di traverso e sarà poco propensa a bere con voi una pinta di birra al pub, uno dei passatempi preferiti da quelle parti oltre al rugby.
Stessa cosa se ripetete tale affermazione a Glasgow o a Edimburgo, le principali città della Scozia. E non credo che vi andrà meglio se a Manchester affermate di essere in mezzo agli scozzesi, o se a Dublino pensate di farvi degli amici gridando: “Long live the Queen!” (“Lunga vita alla regina”).
Siccome in questa e in alcune prossime puntate accenneremo alle varietà linguistiche all’interno di questi territori, mi sembra opportuno partire con un breve ripasso, o chiarimento, relativamente a che cosa rappresentano dal punto di vista geografico e politico i termini in questione. Partiamo dai nomi italiani e corrispettivi inglesi:
The British Isles – l’arcipelago britannico, comprendente diverse isole, tra le quali le due principali: Great Britain, o Britain – Gran Bretagna; Ireland – Irlanda
Si trovano in Gran Bretagna: England – Inghilterra; Wales – Galles; Scotland– Scozia
Mentre sull’isola irlandese abbiamo: Republic of Ireland – Repubblica d’Irlanda; Northern Ireland – Irlanda del Nord
I paesi della Gran Bretagna – quindi England, Scotland, Wales – e l’Irlanda del Nord formano il Regno Unito, United Kingdom in inglese, il cui capo dello stato è Queen Elizabeth II e la cui capitale è Londra. La Republic of Ireland, invece, è una repubblica parlamentare dal 1949 con capitale a Dublino, che da sola ospita circa un quarto dell’intera popolazione irlandese. Non è solo l’assetto istituzionale a contraddistinguere l’Eire – tale è il nome del paese in gaelico – ma anche la moneta usata, vale a dire il nostro amato e ben conosciuto Euro, a differenza del Regno Unito, che mantiene la Sterlina.
Il quadro geopolitico in realtà dà sempre l’idea di essere provvisiorio, per quanto relativamente stabile da qualche decennio. Nonostante l’unione di Inghilterra e Scozia sia stata ratificata a partire dall’Act of Union del 1707, entro il 2014 la Scozia, guidata dall’attuale primo ministro Alex Salmond, potrebbe optare per l’eventuale indipendenza in un referendum popolare. Non so dirvi bene quali e quanti siano – se ce ne saranno – i vantaggi di un affrancamento da Londra. Sicuramente sarà contento il mio attore preferito Sean Connery, al servizio di Her Majesty nei film di 007, ma fiero sostenitore dell’orgoglio scozzese nella realtà. Chissà come gongolerà anche Mamma Rai, che potrà inviare a nostre spese non più solo uno, ma ben due corrispondenti in Gran Bretagna per dare man forte ai vari Caprarica, Masotti, & co. che si sono succeduti negli ultimi anni con servizi su Kate Middleton, le più improbabili teorie sulla morte di Lady D, i cappelli della regina Elisabetta e i nuovi tatuaggi di Beckham (delle tante storie di italiani a Londra ed Edimburgo per lavoro o per studio nemmeno l’ombra: sarebbero troppo formative).
Fatto sta, comunque, che la rivalità tra Scotland ed England è molto accesa, per non dire accanita, così come tra Galles e Inghilterra o Irlanda e Inghilterra, per non parlare della situazione ancora molto tesa dell’Irlanda del Nord, divisa tra cattolici pro-Eire e protestanti pro-corona.
Per fortuna, dopo secoli di guerre nel passato più e meno remoto, recentemente le antipatie reciproche si sono limitate alle manifestazioni calcistiche e rugbystiche. Già, perché caso più unico che raro il Regno Unito si presenta come Regno Disunito in quattro diverse rappresentative nella FIFA World Cup o nel mitico Torneo Sei Nazioni, al quale partecipa anche la nostra nazionale che puntualmente “piglia tante mazzate”, come canterebbero i 99 Posse. A Murrayfield, tempio del rugby di Edimburgo, lo stadio trema quando si canta l’inno scozzese, “Flower of Scotland“, in particolare al verso dal tono schietto: “… and sent him homeward to think again” (“… e lo rispedirono a casa a ripensarci su”), riferito a Edoardo II d’Inghilterra sconfitto dallo scozzese Robert Bruce – sì proprio lui, uno dei personaggi di Braveheart di Mel Gibson oltre che personaggio storico!
E’ anche vero che però in alcuni casi le vittorie sportive hanno unito il paese, come nelle recenti Olimpiadi londinesi nelle quali, sull’erba sacra e a volte un po’ spellacchiata di Wimbledon, davanti a una folla in giubilo ha vinto la medaglia d’oro Andy Murray, tennista made in Scotland … ops, made in the UK, volevo dire.
Daniele Canepa
[foto di Diego Arbore]