Gli USA hanno esportato cultura e tecnologia da un lato e tv spazzatura dall’altro. L’ultimo esempio è il reality show Jersey Shore con protagonisti otto giovani italo-americani…
Eventi recenti quali le devastazioni causate da Hurricane Sandy e le elezioni presidenziali del primo martedì di novembre hanno riportato gli Stati Uniti sotto i riflettori. Sebbene in lento declino e destinati a essere affiancati – se non scalzati – dai BRICS (Brasil, Russia, India, China, South Africa), gli USA sono stati e sono ancora il punto di riferimento dell’Occidente e di diversi altri paesi.
Hanno esportato – spesso con le cattive – il loro modello economico, ma non solo. Se l’inglese si è affermato come lingua franca globale, il merito è in primo luogo dell’Impero Britannico che ha piantato il seme dell’inglese in tutti e cinque i continenti, ma anche degli Stati Uniti, la superpotenza che ha dominato la scena internazionale a livello politico ed economico dal 1945 in poi.
Oltre al capitalismo e alla lingua, gli USA hanno esportato la loro cultura. E’ impossibile racchiudere in un breve elenco i grandi esempi statunitensi dagli anni Cinquanta in poi in tema di diritti civili, letteratura, arte, cinema, scienza e tecnologia senza far torto a qualche illustre figura che verrebbe lasciata fuori. In campo linguistico, abbiamo citato la settimana scorsa Wiliam Labov, uno dei padri della sociolinguistica, e Noam Chomsky, non solo grande linguista ma anche attivista e politologo tra i più illuminati del nostro tempo.
Oltre a questi modelli, però, gli Stati Uniti hanno esportato anche tonnellate di trash, ovvero “spazzatura”. Non parlo ovviamente soltanto dei rifiuti in senso letterale, che tra l’altro in qualità di paese industriale gli USA hanno prodotto e continuano a produrre in grandi quantità. Con il trash portato al di là dell’Atlantico intendo anche la serie di film, telefilm e reality shows (ricordatevi se parlate in inglese di specificare il termine “shows”, altrimenti “reality” da solo vuole semplicemente dire “realtà”) che in italiano definiamo appunto “tv spazzatura”.
Personalmente, non accendo la televisione in casa mia da un paio d’anni – la qualità della mia vita è migliorata di almeno cinque punti percentuali – ma cerco di seguire che cosa viene proiettato sui teleschermi giusto per non essere un totale pesce fuor d’acqua nelle conversazioni con amici e conoscenti su temi d’attualità. Scopro così che da qualche giorno è partita su MTV Italia l’ultima serie di Jersey Shore, il reality (show) principe nel presentare quanto di peggio in termini di stupidità l’essere umano sia in grado di produrre. Il cast di Jersey Shore è composto da otto giovani americani di origini italiane, che vengono seguiti dalle telecamere nelle loro scorribande diurne e notturne nel New Jersey, a Miami e a Firenze. Povero Renzi! Mi verrebbe da esclamare se non fosse invece impegnato in giro per l’Italia per la campagna elettorale…
I protagonisti di Jersey Shore, quattro giovani uomini palestratissimi e quattro giovani donne truccatissime, sono ottimi esempi di individui che l’inglese americano definisce Guido (per i ragazzi) e Guidette (per le ragazze). Il termine Guido inizialmente veniva usato per designare in modo spregiativo gli italo-americani delle classi sociali più umili. In seguito si è evoluto, assumendo un significato più o meno equivalente al nostro “tamarro“: rimane quindi piuttosto lontano dall’essere un complimento.
Questo è ciò che MTV propone: il fatto non stupisce, dato che quanto a programmi campioni di stupidità – vedi anche Jackass di qualche anno fa – cerca di giocarsela fino in fondo con Mediaset e RAI. Certo, a livello internazionale non fa onore all’immagine degli italiani essere associati a queste mal riuscite caricature dei gangster italo-americani di Goodfellas (“Quei bravi ragazzi”) di Martin Scorsese, già di per sé vagamente caricaturali nell’efferatezza dei loro crimini, esagerata quanto la loro passione per la cucina. “As far back as I can remember I always wanted to be a gangster,” esordiva nel film il protagonista interpretato da Ray Liotta (“Che io mi ricordi, ho sempre voluto fare il gangster”). “As far back as I can remember, I always wanted to be a Guido,” diranno invece su MTV.
Daniele Canepa
Commento su “Guido: il significato del nome italiano nell’inglese americano”