E’ giusto investire tempo e risorse sull’inglese? Oppure è destinato ad essere soppiantato da altre lingue? Magari il cinese? O lo spagnolo?
Luca Rossi è un settantenne italiano del 2050. Guardandosi indietro, ricorda come negli anni Novanta i suoi genitori abbiano speso fior di quattrini per fargli imparare l’inglese. La stessa cosa ha poi fatto lui con i suoi figli, investendo soldi – tanti – ed energie.
Nel 2050, però, all’ONU si parla il cinese, dato che la Cina è ormai la superpotenza mondiale. L’India è il top in campo tecnologico e l’hindi è diventato la lingua della ricerca e dell’hi-tech. “Che spreco di tempo e di denaro per me e per i miei figli,” pensa il sig. Rossi: “Se solo avessi saputo che l’inglese sarebbe passato di moda…”
L’inglese è la global lingua franca del 2012, ma lo sarà anche nel 2050? La domanda preoccupa chi intende investire tempo e risorse nello studio di una lingua che al momento attuale offre concrete opportunità di carriera e di esperienze di vita – ma nel futuro chissà. Ovviamente una risposta certa non è possibile. Tuttavia, possiamo formulare qualche educated guess, ovvero ipotesi plausibili.
Se analizziamo ciò che è successo al latino, lingua franca dell’antichità e del Medioevo, lo scenario che si prospetta per l’inglese sembra essere quello di un inevitabile declino sooner or later, prima o poi. Un senatore di Roma non avrebbe mai pensato che il latino potesse recedere fino a sopravvivere soltanto nelle scuole e in alcune funzioni religiose.
Ma il caso dell’inglese è così simile a quello del latino? Osservando bene, le differenze sono molte. Prima di tutto, per quanto molto diffuso per i parametri del passato, il latino non è mai stato una lingua globale: in Australia o nell’attuale Canada la sua stessa esistenza era totalmente sconosciuta. In Cina e in Giappone nessuno parlava il latino. L’inglese, invece, a partire dal XVI secolo ha gradualmente stabilito la sua presenza in tutti i continenti, dove oggi è presente in molti paesi come lingua ufficiale o come seconda lingua; nella peggiore delle ipotesi è percepito – vedi Italia o Russia – come lingua fondamentale per la comunicazione internazionale.
Ma oltre alla diffusione geografica, la differenza principale è che sono cambiati tempi e mezzi, con una novità su tutte: Internet. L’email e i programmi di instant messaging permettono a dipendenti e manager di aziende di comunicare in tempo reale con clienti e colleghi di altri paesi: quasi sempre lo fanno in inglese. Gli aggiornamenti e le ricerche in campo scientifico e tecnologico sono pubblicati nella maggioranza dei casi in lingua inglese.
E poi, quali sono i possibili concorrenti dell’inglese? Certamente lo spagnolo è molto diffuso e negli USA la comunità latina è forte, ma non sembra per ora in grado di impensierire l’inglese. In Occidente molti ragazzi iniziano a studiare il cinese, ma non dimentichiamo che in Cina è l’inglese stesso che è diventato una vera mania, con piazze traboccanti di giovani che si danno appuntamento per lezioni di massa al grido di: “I want to learn English”.
Come teacher, la domanda sul futuro dell’inglese mi ha sempre creato un’ansia da possibile futuro disoccupato… Per questo motivo, circa 5 anni fa, mentre lavoravo in una scuola in Inghilterra chiesi qualche career advice, tradotto colloquialmente “dritte per la mia carriera”, al fondatore della scuola stessa, Mr. Richard D. Lewis.
Il signor Lewis è uno che di lingue straniere qualcosa sa: ne parla perfettamente più di 10 e ha fondato un centro di formazione linguistica di eccellenza mondiale. Quando gli chiesi che cosa pensava del futuro dell’inglese e se magari dovessi mettermi a studiare cinese per assicurare il mio di futuro, mi rispose così: “Vedi, sono 40 anni che si dice che l’inglese verrà soppiantato. Prima si parlava del russo, poi del giapponese, ora del cinese. Eppure l’inglese è in una posizione ancora più forte rispetto al passato. Detto questo, ovviamente più lingue conosci e meglio è.”
Le sue parole mi tranquillizzarono e decisi di continuare con la mia professione sperando, nel 2050, di non avere gli stessi rimpianti del signor Luca Rossi…
Daniele Canepa
[foto di Diego Arbore]