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Nella lingua anglosassone, come accade anche nell'italiano, si utilizzano spesso espressioni maschili, discriminando la loro versione al femminile. Ma più ci si sforza di trovare termini sempre più 'politically correct', più si sfocia in acrobazie linguistiche 'assurde'
Si chiamano gender studies, o studi di genere, e si occupano di analizzare da un punto di vista multidisciplinare i significati e le implicazioni sociali e culturali dell’appartenenza a un genere sessuale.
In particolare, le campagne femministe degli anni Sessanta e Settanta si sono concentrate sulle discriminazioni in ambito linguistico: parlando dell’inglese, per esempio, come mai spinster, “zitella”, ha una connotazione (fortemente) negativa e bachelor, “scapolo”, no?
Altro oggetto dell’attenzione dei gender studies relativamente alla lingua inglese sono gli aggettivi e i pronomi personali e possessivi di genere maschile e femminile (o meglio femminile e maschile, prima che venga tacciato di sexism anche l’autore di questo articolo). Fino a qualche decennio fa, per esempio, sarebbe stato normale scrivere una frase di questo tipo:
Every worker wants his work to be appreciated.
His è un aggettivo possessivo che indica un possessore di genere maschile. Visto che worker può riferirsi in inglese sia a una lavoratrice sia a un lavoratore, negli anni Sessanta ci si è chiesti perché si debba usare l’aggettivo maschile e discriminare a priori il femminile her.
In questo caso, la diatriba è stata più o meno risolta utilizzando il plurale, their, che può essere maschile, femminile o neutro allo stesso tempo, per cui la frase precedente diventerebbe:
Every worker wants their work to be appreciated.
Il problema, però, rimane intatto con quei sostantivi che hanno di per sé una forte connotazione di genere. Se, infatti, non si pone con worker o student, si presenta invece con spokesman (“portavoce”), chairman (“presidente”), fireman (“pompiere”), ecc. Come comportarsi in questi casi?
Il Congresso degli Stati Uniti, nel quale sono presenti congressmen e congresswomen, per superare l’ostacolo senza che nessuno si senta discriminato ha deciso di optare per member of Congress, termine neutro.
In altre situazioni, la diatriba legata al gender viene ovviata tramite la creazione di un nuovo sostantivo, come chairperson usato al posto di chairman e chairwoman, dato che quest’ultimo in particolare potrebbe suonare forzato.
La discriminazione in ambito linguistico tocca ovviamente anche la nostra terra. Poche settimane fa Laura Boldrini ha affermato a chiare lettere di voler essere chiamata: “La presidente” e non “Il presidente”. Perché non “La Presidentessa”, mi domando? Probabilmente mi sono perso per strada qualche pezzo, ma il vero guaio è che non so più come devo chiamarla!
La mia conclusione è che, per quanto generate in origine da istanze più che legittime, le acrobazie linguistiche appena citate stiano diventando alquanto ridicole e, più ci si sforza di trovare modi sempre più arzigogolati di essere politically correct nella forma, più si mette in evidenza che il problema della parità e dell’uguaglianza dei diritti e delle opportunità è ben lungi dall’essere risolto nella sostanza.
Eppure, l’articolo 3 della nostra Costituzione, uno dei cardini attorno ai quali dovremmo basare la nostra convivenza civile, afferma: «Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese».
Attiviamoci, ognuno di noi, per rendere vita quotidiana queste parole e la soluzione a problemi quali chairman/chairwoman e “La” o “Il” presidente verrà da sé e apparirà per quello che è.
Addirittura, se nella sostanza e non nei formalismi si metterà in pratica l’ideale di una società egualitaria, si arriverà anche ad accettare che Neil Armstrong, posando il piede sul suolo lunare, abbia affermato in tempi di maschilismo ancora dominante: “That’s one small step for man” (e non woman o person)… Ma mi raccomando, non dite niente di tutto questo alla Boldrini, che se no s’arrabbia.
See you!
Daniele Canepa