L'attrice e regista presenta il suo progetto teatrale: «Un Teatro Onirico Politico per non perdere la tenerezza»
«Le persone, troppo semplicisticamente, pensano che la sola connessione tra la parola “politica” e la nostra realtà siano i partiti e la classe politica. Certamente e purtroppo questi ne fanno parte, ma la politica, per me, non si esaurisce con le promesse dei nuovi sindaci e i cartelloni elettorali, la politica è parlare della realtà, della verità e di come la gente vive facendo in modo che quello che adesso non le piace non succeda più». Irene Lamponi, attrice, veneziana di nascita e di formazione, vive a Genova dove presenta il suo Teatro Onirico Politico, un progetto teatrale interessante a partire dal titolo…
Teatro Onirico Politico: di che cosa si tratta?
L’idea di avviare questo progetto parte dalla necessità di unire due ambiti che spesso sono pensati come distanti e non si contaminano tra loro. Per me il sogno e la politica sono due fattori importantissimi della vita, perché essi stessi permeano la vita di ognuno di noi quotidianamente. Tutto è politico e tutto è sognabile. Il teatro, che per me è il mezzo con cui parlo alle persone, deve poter unire questi due fattori raccontando fatti strettamente legati alla nostra vita politica e sociale attraverso un mondo delicato che fa parte del meraviglioso. Il teatro Onirico Politico vuole scardinare l’idea che parlare di politica e cronaca dei nostri giorni in teatro voglia dire fare solamente teatro di narrazione slegato da un teatro di regia. Credo sia interessante riunire in una sola creazione la forza del messaggio politico a quella dell’incanto e del gioco.
Il titolo sul tuo sito recita “Un Teatro Onirico Politico per non perdere la tenerezza”. Cosa significa?
Per me significa poter parlare di cose importanti, come giustizia, corruzione, movimenti degli indignati, razzismo e molti altri temi generalmente crudi, ma attraverso lo sguardo di un bambino. I bambini non sono assolutamente buoni, ma riescono a meravigliarsi. Sono in grado di capire perfettamente la realtà senza lasciare da parte il sogno. “Un Teatro Onirico Politico per non perdere la tenerezza” significa appunto questo.
Il tuo progetto si svolge nell’ambito dell’attività della Compagnia Altroquando, associazione nata per divulgare spettacoli ideati da giovani che non trovano spazio altrove e che non hanno enti di riferimento. La mancanza di punti di riferimento o comunque il disinteresse degli enti istituzionali possono far perdere occasioni e talenti. Pensi che stia succedendo questo? Quanto pesa questa lacuna a cui in qualche modo cercate di sopperire?
Il disinteresse delle istituzioni verso i nuovi talenti, giovani che non solo fanno teatro ma che vogliono dedicarsi all’arte e alla cultura, è disgustoso. Gli appoggi ai giovani mancano a mio avviso quasi completamente. Solo il fatto che in Italia la parola “giovane” si usi per attori e registi quarantenni è imbarazzante. Ovviamente questo stato di cose pesa tantissimo sulle realtà indipendenti che lavorano a livello professionale ma non hanno nessun tipo di aiuto. Io penso che realtà come quella del Teatro Valle a Roma, o del Teatro Coppola a Catania, oppure la novità di oggi del Teatro Garibaldi a Palermo e di molti altri posti che in tutta Italia sono stati occupati da giovani che richiedono il diritto alla cultura, sia un segno che parla da solo.
Quali sono le difficoltà quotidiane del fare teatro?
Per quanto riguarda me, io ho scelto di intraprendere un percorso indipendente, creando lavori che portino la mia firma. Intraprendere un percorso così non comprende solo un lavoro attoriale, ma anche un lavoro sulla regia e sulla scrittura e sulla promozione di me stessa, e quindi è molto impegnativo. Ci sono difficoltà economiche, difficoltà di gestione del lavoro che devo saper organizzare senza l’appoggio di una produzione o di un teatro. La mia è una scommessa che sono sicura di poter portare avanti.
Credi che il teatro possa continuare a essere un mezzo adatto a parlare alle persone?
Penso che il teatro, come tutto il resto, sia cambiato e che a volte non sia per niente lento, ma sia invece un bello schiaffo in faccia, soprattutto il teatro fatto da compagnie e artisti emergenti. Il teatro continuerà a parlare alle persone se saprà rinnovarsi e spero che questo continui ad accadere.
Claudia Baghino