Le operazioni più consistenti riguardano le aree al di fuori delle tradizionali alleanze del nostro Paese: oltre il 64% delle autorizzazioni all'esportazione - per un valore di 1,959 miliardi di euro - è verso zone cariche di conflitti e tensioni
Un preoccupante incremento di autorizzazioni all’esportazione di armamenti verso le zone di maggior tensione del pianeta – dal Nord Africa al Medio Oriente fino al sub-continente indiano – un’inspiegabile sottrazione di informazioni riguardo alla tipologia dei materiali esportati e una serie di cifre che sono smentite dalle stesse tabelle allegate ai documenti ufficiali.
Così denunciano la Rete italiana per il disarmo e la Tavola della pace – le due reti che rappresentano oltre un centinaio di associazioni nazionali – dopo aver analizzato il “Rapporto del Presidente del Consiglio sui lineamenti di politica del Governo in materia di esportazione, importazione e transito dei materiali d’armamento” per l’anno 2011, pubblicato nei giorni scorsi dall’Ufficio del Consigliere Militare del Governo.
Nel Rapporto, a pag. 35, si ribadisce l’impegno di “continuare il dialogo con i rappresentanti delle Organizzazioni Non Governative (ONG) interessate al controllo delle esportazioni e dei trasferimenti dei materiali d’armamento con la finalità di favorire una più puntuale e trasparente informazione nei temi d’interesse”.
Il rapporto, secondo le associazioni, è stato reso noto con un forte ritardo e si caratterizza per un’ingiustificata mancanza di documentazione rispetto a quella fornita dagli ultimi Governi sulle tipologie di armamenti esportati e per diverse informazioni contraddittorie e inconsistenti.
«Solo una parte minore delle autorizzazioni all’esportazione per l’anno 2011 è attribuibile al Governo Monti, ma la responsabilità delle mancanze e degli errori nei documenti presentati deve invece essere attribuita all’attuale Presidenza del Consiglio – commenta Francesco Vignarca, coordinatore della Rete Italiana per il Disarmo – Dal “governo tecnico” ci aspettavamo maggior trasparenza e informazioni complete e precise in un rapporto di fondamentale importanza per le implicazioni sulla politica estera e di difesa del nostro paese».
Dal Rapporto è scomparsa la Tabella 15 che negli ultimi anni, documentando i valori e le tipologie dei sistemi militari autorizzati verso i singoli paesi, forniva informazioni preziose per il controllo e la trasparenza delle politiche di esportazione militare.
Quello che invece emerge con evidenza è che le operazioni più consistenti riguardano principalmente le aree al di fuori delle tradizionali alleanze del nostro paese. Solo il 36% delle autorizzazioni all’esportazione è verso i Paesi della Nato/Ue ed europei Osce (per un valore di 1,1 miliardi di euro), mentre oltre il 64% (per un valore di 1,959 miliardi di euro) è diretto verso paesi non inseriti in queste alleanze.
«L’esportazione di armi italiane verso zone cariche di conflitti e di tensioni è inaccettabile, alimenta le guerre, accresce l’instabilità e minaccia la nostra stessa sicurezza – sottolinea Flavio Lotti, coordinatore nazionale della Tavola della pace – Governo e Parlamento devono intervenire per fermare questa vera e propria follia invertendo la tendenza degli ultimi anni».
«Com’è possibile che il Parlamento non abbia ancora trovato il tempo per esaminare le Relazioni governative sulle esportazioni militari? – continua Lotti – Parliamo di armi che, come abbiamo visto nel caso della Libia e adesso in Siria (due paesi verso cui l’Italia ha esportato sistemi militari più di ogni altro paese europeo), vengono poi impiegate dai vari regimi per reprimere le popolazioni! A questa intollerabile “disattenzione”, si deve porre rimedio scongiurando innanzitutto che il decreto governativo in discussione proprio in questi giorni alla Camera e al Senato finisca per semplificare ulteriormente i trasferimenti internazionali di materiali militari».
Inoltre il rapporto della Presidenza del Consiglio «Presenta una serie di imprecisioni che è difficile attribuire a meri errori tecnici», commenta Giorgio Beretta, analista della Rete Disarmo.
L’elenco dei Paesi principali destinatari delle autorizzazioni alle esportazioni definitive di prodotti per la difesa riporta (p. 27) nell’ordine, l’Algeria (477,5 mln di €), seguita da Singapore (395,28 mln. di €) e Turchia (170,8 mln. di €) mentre la Tabella n. 4 allegata a fine rapporto – tra l’altro incompleta – che visualizza graficamente le medesime autorizzazioni segnala al terzo posto l’India (259,41 mln di €): un paese dove – proprio durante la prigionia dei due marò italiani – il governo Monti ha autorizzato la partecipazione delle aziende di Finmeccanica al salone di prodotti militari Defexpo (New Delhi 29 marzo – 1 aprile).
Sempre a p. 27 del Rapporto si legge che “i principali acquirenti dei Paesi UE/NATO sono stati: Francia, Stati Uniti d’America, Germania e Regno Unito”, escludendo la Turchia che è stata il principale acquirente di armamenti italiani tra i paesi Nato.
«Proprio queste contraddizioni tra i dati rendono ancor più necessaria la pubblicazione di quella tabella di dettaglio, introdotta dal Governo Prodi, per illustrare valori e le tipologie dei sistemi militari di cui era stata rilasciata l’esportazione», conclude Beretta.
Nel Rapporto manca anche quest’anno la Tabella generale dei valori delle operazioni autorizzate agli Istituti di credito e non vi sono indicazioni che il Governo Monti abbia ripristinato nella più ampia Relazione al Parlamento anche la Tabella di “Riepilogo in dettaglio per Istituti di credito” che per anni ha riportato tutte le singole operazioni autorizzate alle banche: tabella che però è completamente sparita dalle Relazioni governative presentate al Parlamento dall’inizio di questa legislatura.
«Sono documenti della massima importanza che hanno caratterizzato la Relazione italiana sulle esportazioni militari come una delle migliori in Europa per il livello di trasparenza», commenta Chiara Bonaiuti, direttrice dell’Osservatorio sul Commercio delle armi (Os.C.Ar.).
In un momento in cui la magistratura indaga su diverse operazioni di compravendita di materiali militari e appaiono notizie di fondi illeciti e tangenti che coinvolgono i vertici delle maggiori aziende italiane, Bonaiuti sottolinea che «trasparenza, tracciabilità e collegialità nei controlli sono strumenti essenziali per prevenire casi di triangolazioni e di corruzione». Rete Disarmo chiede perciò che il Governo ripristini tutte le informazioni sulle transazioni bancarie che ai sensi della legge 185/1990 devono essere rese pubbliche.
Infine il Rapporto non documenta le esportazioni di armi comuni da sparo, di cui l’Italia è uno dei maggiori produttori e esportatori mondiali, che sono vendute per uso “civile, sportivo, per la difesa personale e per corpi di polizia e di sicurezza” cioè non specificamente dirette all’uso delle forze armate di altri paesi.
«Una grave mancanza che negli anni scorsi ha favorito l’esportazione di armi italiane finite in Iraq o consegnate alla Pubblica sicurezza del colonnello Gheddafi – sottolinea Carlo Tombola di OPAL, l’Osservatorio sulle armi leggere di Brescia – E lo scorso anno, anche nel periodo delle rivolte della cosiddetta “Primavera araba”, dalla Provincia di Brescia sono state esportate “armi e munizioni” per un valore complessivo di 6,8 milioni di euro ai paesi del Nord Africa e oltre 11 milioni di euro ai paesi del Medio Oriente. Il Governo dovrebbe inoltre spiegare chi sia il destinatario di oltre 1 milione di euro di armi esportate da qualche azienda bresciana in Bielorussia tra aprile e giugno 2011, cioè pochi giorni prima che l’Unione Europea decretasse un embargo di armi verso il paese ex-sovietico a causa delle violazioni dei diritti umani e della repressione messa in atto dal regime del presidente Lukashenko».
Rete italiana per il disarmo e la Tavola della pace invieranno al Presidente del Consiglio, Mario Monti, e agli uffici governativi compenti una richiesta formale per un “incontro urgente” sulle politiche delle esportazioni militari del nostro paese.
«Riteniamo necessario – concludono Vignarca e Lotti – che il Governo, se davvero intende mantenere l’impegno espresso di favorire una più puntuale e trasparente informazione su questi temi, non deleghi questo compito agli uffici tecnici, ma si assuma la responsabilità politica di un confronto con le associazioni della società civile che rappresentiamo e che fin dagli anni Novanta sono state in primissima fila nel controllare e documentare le esportazioni di armamenti italiani».