La fotografa di Genova è l'unica italiana selezionata per il Festival europeo della Fotografia del nudo, che si svolge ad Arles dall'8 al 20 maggio: il racconto del suo progetto artistico
Mercoledì 8 maggio inizia ad Arles una nuova edizione del Festival europeo della fotografia di nudo: si tratta di un evento molto importante, perché proprio nella cittadina francese è stato istituito nel 1969 – il primo grande evento mondiale dedicato alla fotografia che coniuga nomi prestigiosi del settore fino alle sperimentazioni più contemporanee (e di cui il Festival del nudo è uno dei molti corollari).
Numerosi fotografi da tutta Europa, scelti da una commissione che ne ha valutato curriculum artistico e portfolio, avranno dunque la possibilità di presentare il loro lavoro e incontrare altri professionisti. Fra questi è stata selezionata solo un’artista italiana. Genovese, per la precisione.
Martina Massarente, insieme al poeta e autore teatrale Daniel Nevoso ha creato nella nostra città il gruppo artistico Matreska. Martina porta ad Arles il suo progetto Sussurri, ispirato alle figure femminili di Henrik Ibsen, che è stato già presentato un anno fa con il libro poetico/fotografico edito da Sagep e a seguire una mostra a Palazzo Rosso e la presenza a Photissima Art Fair a Torino con il tramite della Galleria Artré.
Incontro Martina nello studio di architettura della sua famiglia, dove ha sede anche il gruppo Matreska. «Mio padre è architetto, prima ancora è stato fotografo. Ho imparato da lui fin da bambina e iniziato professionalmente quando a 18 anni ho ricevuto in regalo una nuova macchina fotografica. Sono partita dall’analogico e approdata al digitale, sempre in collaborazione con la mia modella Alice, che era mia compagna di classe al liceo (e che è ritratta nelle foto di Sussurri, ndr)».
La soddisfazione per essere l’unica italiana ad approdare ad Arles – per giunta nell’anno in cui un’altra città francese, Marsiglia, è capitale europea della cultura – è molto grande, ed è l’occasione per confrontare l’approccio con gli artisti di luoghi diversi da Genova: «In Francia la cultura della fotografia è molto avanzata. Ho riscontrato una grande professionalità, dalle azioni più semplici – la cura nel realizzare flyer e brochure, la tempestività nel rispondere alle mail, il pianificare nei dettagli il nostro arrivo e i tempi di allestimento – fino all’estrema attenzione verso il lavoro altrui e la valorizzazione del talento. Ho mandato la mia candidatura per testare la portata di “Sussurri”, un progetto nato a Genova ma non che non può limitarsi a Genova: in questa città c’è a mio parere una difficoltà nell’interloquire con chi dovrebbe sostenere il talento e un errore di fondo nell’approccio ai cosiddetti “giovani artisti”».
Chiediamo a Martina di spiegare meglio questo concetto, che è alla base dell’attività sua e di Matreska. «Cosa significa “giovane”? A 25 o 30 anni si è definiti “giovani”, ma non si è più dei ragazzini: il percorso formativo primario – scuola e università – è terminato, manca la maturità dell’adulto ma è già presente la voglia di immettersi nel mercato del lavoro. Noi artisti non abbiamo bisogno di un “contentino” ogni tanto – una mostra, un bando e così via – ma siamo anzitutto persone che vogliono lavorare. Se le istituzioni non hanno fondi, basterebbe concedere degli spazi per lavorare, mappare tutti i progetti creativi sul territorio e permettere a ciascuno di testare sul campo le proprie capacità. Bisogna cambiare prospettiva, ragionare su progetti di ampio respiro che giungano a maturazione attraverso un percorso costruito nel tempo. C’è poi una selezione naturale tra chi fa arte per solo diletto e chi invece lavora professionalmente, con una visione ben definita del proprio progetto e con alle spalle notti in bianco passate a studiare».
Una visione dell’arte che non sfocia nella mera polemica, ma che Martina (attraverso il gruppo Matreska) mette in pratica quotidianamente nel rapporto con i propri collaboratori: «La creatività deve partire da un progetto. Si può essere impeccabili nella tecnica, ma se manca un’idea a monte il lavoro ne risente. È una delle ragioni per cui non ho mai frequentato un corso di fotografia: ogni classe è composta da 15-20 allievi che finiscono per fotografare tutti nello stesso modo. Ogni artista ha una visione personale che deve essere valorizzata, non piegata a regole standard in nome della pura tecnica. Sono gli strumenti tecnici che vanno piegati a ciò che l’artista vuole dire, non il contrario. Inoltre spesso nei corsi non si studia la storia della fotografia: molti artisti non si rendono conto che – per fare un esempio – l’arte va ben oltre Van Gogh e Monet, bisogna conoscere tutto, dai “maestri” agli artisti minori. La creatività dovrebbe generare continui stimoli e non una mente a compartimenti stagni».
Il progetto Sussurri è stato sostenuto anche dal prof. Franco Sborgi (docente di Storia dell’Arte e relatore della tesi di laurea di Martina). A seguire, il prossimo obiettivo è estendere il lavoro di Matreska anche al teatro: lo scorso anno lo spettacolo Martin di Daniel Nevoso è stato selezionato per Previsioni 2011 al Teatro della Tosse. L’inizio di un percorso – in parallelo a quello fotografico di Martina – che ci auguriamo porti Matreska ad avere un ruolo di primo piano nell’industria creativa della città.
Marta Traverso