Rigore progettuale e rigoglioso sviluppo vegetale, una sorta di giungla tropicale fuori dallo spazio e dal tempo che unisce occidente ed oriente, Africa ed Europa, ma soprattutto realtà a creazione artistica
Come accennato in precedenza, l’impianto generale del parco è molto studiato e regolare ma la ricchezza cromatica e il rigoglioso svilupparsi della vegetazione ne smussano ed attenuano completamente l’effetto geometrico. L’acqua, presente quasi ovunque in fontane, vasche e canali, contrasta con il caldo estremo e offre refrigerio visivo al continuo sferzare delle ondate di calura estiva, percepibili dal visitatore. I colori vivaci ed accesi “resistono” poi a tutto, si stagliano anche sotto il verticale sole estivo ed anzi interrompono ed illuminano gli angoli più ombrosi e bui. L’intricato insieme di stradine e di canali, unito alla vegetazione che attraversa tali passaggi, sia orizzontalmente che verticalmente, rimanda ai souq ed alle caotiche viuzze della Medina.
L’insieme stesso di cactacee, banani, bambù e fioriture accese ed esotiche, unito al complesso delle colorate strutture architettoniche, crea una realtà fuori dallo spazio e dal tempo. Un mondo che unisce, in sé, occidente ed oriente, Africa ed Europa, ma soprattutto la realtà alla creazione artistica.
Tutto questo è stato immediatamente percepito e capito dal celebre stilista Ives Saint Laurent, il quale si è attivato, acquistandolo, per impedire lo smembramento e la lottizzazione del giardino. Egli ne ha garantito la sopravvivenza, restaurandone l’impianto originario e permettendo che esso giungesse sino ad oggi sostanzialmente inalterato. Una apposita Fondazione ne garantisce ora il sostentamento e la valorizzazione. Il parco è stato infine inserito, grazie all’intervento diretto del Re del Marocco, tra i beni vincolati ed immodificabili.
Quando Ives Saint Laurent scoprì il giardino Majorelle, questo si trovava però in stato di semi abbandono: una sorta di giungla tropicale, troppo intricata.La vegetazione si era infatti, dopo la morte di Majorelle, sviluppata in modo tale da precludere quasi totalmente il passaggio del sole, minando l’impianto originario del giardino e compromettendone lo studiato equilibrio di forme, volumi e colori. Alberi di banano, palme, fichi, yucca e cactacee avevano raggiunto uno sviluppo eccessivo e irregolare.
Grazie ad un accurato e mirato intervento di restauro e potatura, oggi il Jiardin Majorelle è però tornato al pristino splendore, tanto che nessuna vacanza a Marrakech può dirsi completa senza una sua visita. La maggior parte delle specie vegetali e dei numerosi uccelli, ivi presenti, è infatti tipica ed autoctona del Nord Africa e dà il suo meglio, in termini di sviluppo e fioritura, in un clima secco e soleggiato quale quello di Marrakech.
Filippo Leone Roberti Maggiore e Emanuele Deplano
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