Da Walter Raleigh a Steve Jobs e Rihanna. Da un’isola al mondo intero. La storia e le ragioni alla base della diffusione internazionale dell’inglese
“In the right place at the right time”. Nel posto giusto al momento giusto. Si trovano qui, racchiuse nella sintesi di una frase, le diverse risposte alla domanda sul perché proprio l’inglese sia diventato la lingua franca internazionale, ovvero il codice usato per comunicare tra persone di lingua diversa.
Per capire meglio, facciamo un passo indietro partendo da un uomo vissuto tra la fine del XVI e l’inizio del XVII secolo, sir Walter Raleigh. Se oggi l’inglese è diffuso globalmente, un po’ di merito va attribuito a questo navigatore e poeta, appoggiato da Elizabeth I, le cui spedizioni verso l’America portarono allo stabilimento del primo settlement (“insediamento”) inglese sul suolo poi divenuto statunitense.
Fu la prima bandiera piantata overseas, parola che indica ciò che è “oltremare”, “straniero”, e il primo tassello di un Impero che nel XX secolo era presente in tutti i continenti, seppure in forme diverse: dall’India, all’Australia, al Sudafrica e al Canada. L’inglese è entrato nelle ex-colonie come lingua dell’amministrazione, del commercio e dell’istruzione, specialmente tra i ceti più abbienti, affiancandosi e/o sovrapponendosi alle lingue locali. D’altra parte, abbiamo già visto come l’affermazione di una lingua non sia un processo molto democratico: il più forte vince e impone come lingua del potere la propria.
“The sun never sets on the British Empire,” si diceva. Siccome però nulla è permanente, il sole tramontò eccome sull’Impero britannico, sgretolatosi nel giro di pochi anni dopo l’indipendenza dell’India di Gandhi nel 1947. La posizione dell’inglese non era però in pericolo. Infatti, negli anni immediatamente successivi alla Seconda Guerra Mondiale, se la Gran Bretagna – comunque uscita vincitrice dal conflitto – era in declino, gli Stati Uniti emergevano come superpotenza.
Chi vince le guerre impone la propria lingua, dicevamo. Fu così che l’idioma di due paesi vincitori si stabilì come lingua ufficiale – o perlomeno come una delle lingue ufficiali – di organizzazioni internazionali, quali ONU, NATO e in seguito UE. Piccola nota didattica: fate attenzione alle sigle quando passate dall’italiano all’inglese. Le Nazioni Unite diventano infatti in inglese UN, United Nations, così come l’Unione Europea è EU, European Union.
La diffusione globale dell’inglese non è stata solo un fatto politico, ma anche economico e culturale. L’American way of life, lo stile di vita americano, è stato un modello per decenni per il mondo occidentale, pubblicizzato peraltro dai film di Hollywood e dalle tv series americane, o comunque provenienti proprio dal mondo anglofono.
Da decenni le canzoni in testa alle hit parade internazionali provengono normalmente da paesi anglofoni. Che vi piacciano i Beatles, gli Iron Maiden o Rihanna, avrete probabilmente già familiarizzato con parole e frasi comuni nei testi delle canzoni, quali love, “amore”, I want you, “ti voglio” e I need you, “ho bisogno di te”. (http://www.youtube.com/watch?v=zLGWyfGk_LU)
Il boom dell’informatica e di Internet ha poi contribuito in modo fondamentale all’affermazione dell’inglese. I software di aziende – americane – leader di questi settori, come Google, Microsoft e Apple, sono in inglese, anche se normalmente vengono poi tradotti in altre lingue.
Nel mondo accademico l’eccellenza è rappresentata da università americane e britanniche come il MIT, Harvard, Yale, Oxford e Cambridge. Sempre nel campo della conoscenza, le pubblicazioni scientifiche e mediche di rilevanza internazionale sono scritte in inglese.
Ecco quindi le radici del “right place” – una presenza radicata in tutti i continenti – e del “right time” – l’era della comunicazione in tempo reale da e verso ogni angolo del mondo grazie a Internet e ai mass media – che hanno permesso all’inglese di assumere il ruolo di lingua franca globale.
Per quanto riguarda il futuro la domanda è: l’inglese riuscirà a mantenere questo ruolo? Pur non avendo la sfera di cristallo, cercherò di fornirvi delle ipotesi plausibili … See you!
Daniele Canepa
[foto di Diego Arbore]