L’impiego delle succulente non è sempre agevole e l’effetto può risultare esteticamente insoddisfacente, per ovviare a ciò basterà assecondare Madre Natura...
Negli articoli delle prossime settimane ci soffermeremo sulle piante succulente (spesso indicate, erroneamente, col termine generico di “Cactus”, che in realtà si riferisce invece soltanto ad una determinata famiglia di tali vegetali) e delineeremo le principali caratteristiche botaniche e di coltivazione di alcuni dei numerosissimi tipi esistenti.
Il tema in questione risulta per me, da appassionato della materia, più problematico degli altri in quanto il mio rapporto con questo genere botanico si è evoluto nel tempo, passando da una sorta di antipatia nei suoi confronti fino ad una stupita ammirazione. In generale, le cactacee o si amano o si odiano. E’ difficile che si possano trovare mezze misure. Per quanto mi riguarda, non riuscivo a capirle fino in fondo e, ad esse, preferivo decisamente gli alberi e gli arbusti. Solo questi ultimi mi sembravano davvero vivi e il loro profondo mutare di colori, forme, dimensioni ed aspetto mi permetteva, da sempre, di cogliere con prospettive diverse e nuove, il continuo mutare delle stagioni. Alberi ed arbusti passano infatti, con un ritmo infinito, dal verde cangiante della primavera, alle fioriture estive dai colori brillanti, ai variegati toni del giallo-marrone del fogliame d’autunno, fino a trasformarsi in scarne “impalcature” di rami scuri contro il tenue e ceruleo cielo invernale.
Per contrasto ed ad un primo sguardo, le “piante grasse” mi apparivano invece rigide, quasi immutabili, un po’ cerose ed apparentemente immobili e soprattutto sempre uguali nel paesaggio in cui sono inserite. Più di recente mi sono però accorto che, per capire questo particolare genere di piante, serve utilizzare una visuale diversa e soprattutto osservarle e “leggerle” ad un livello differente. Solo così esse si possono davvero apprezzare e soltanto così è possibile cogliere l’intrinseca natura che le caratterizza: le succulente sono infatti, nel mondo vegetale, il più chiaro esempio della vittoria della natura sul territorio.
In fondo, esse dimostrano che, anche nel luogo apparentemente più inospitale, può esistere una rigogliosa forma di vita. Le “piante grasse” sopravvivono in aree in cui nessun’altra pianta vive: popolano le sabbie dei deserti, gli scoscesi ed irti pendi rocciosi, le rocce vulcaniche assolate delle isole perse in mezzo al mare e molte delle saline e ventose coste del Mediterraneo. Non soccombono di fronte ai climi estremi, al sole più cocente ed al terreno più arido ed apparentemente inospitale. Se le si guarda con occhio attento, ci si rende poi conto che esse, in realtà, non sono affatto statiche: crescono ed evolvono lentamente ma mutano profondamente nel tempo, fioriscono e si sviluppano, raggiungendo anche dimensioni ragguardevoli.
Da un punto di vista estetico, le cactacee si stagliano poi scultoree, nelle loro forme spesso innatamente architettoniche, nel paesaggio. I loro profili sono poi esaltati e sottolineati dal verticale sole estivo, proiettando così ombre, dalle forme più diverse, sul terreno, con effetti talvolta sorprendenti. Inoltre, sotto il profilo dell’adattabilità al contesto in cui sono inserite, resistano impassibili a tutto ed affrontano tutti gli agenti atmosferici senza apparente sforzo. Sono spesso longeve tanto da sembrare che quasi nulla possa abbatterle. Basta però talvolta un forte colpo di vento per distruggere in un attimo, similmente a quanto può accadere con le palme, anni di lento accrescimento, con profondo impatto ed evidenti conseguenze grafiche sul paesaggio in cui sono inserite.
Sotto il profilo pratico, gli utilizzi di queste piante sono poi, date le molteplici forme presenti in natura, estremamente diversificati. Si potrà ad esempio utilizzarle, isolate ed opportunamente scelte, in vasi dalle forme moderne per sottolineare le linee minimaliste dei moderni edifici in cristallo e cemento. Le succulente potranno trovare anche impiego in giardini loro esclusivamente dedicati, come nella ricca collezione di cactacee del Duca di Aosta a Pantelleria. Potranno ancora essere anche frammiste ad altre essenze vegetali (quali palme e numerose varietà di Yucca e di Cycas), sempre dalle forme essenziali, come nello splendido giardino dei Ferragamo – di San Giuliano nella Sicilia orientale (inserito nel circuito dei Grandi Giardini Italiani). Qui il verde scuro della vegetazione, proveniente dalle più disparate regioni del mondo, unito alle particolari forme delle cactacee, il tutto contrapposto ai colori accesi delle fioritura estive, crea infatti una inaspettata tipologia di giardino storico.
Alcune particolari varietà di succulente (differenti tipi di Sedum e di Talinum) potranno invece trovare un loro utilissimo ed inusuale impiego in contesti completamente diversi ed apparentemente inaspettati, come nel moderno e biologico green roofing del Chelsea Office di New York. Le loro limitate esigenze colturali, le ridotte richieste manutentive e di potature, la quasi assenza di necessità di irrigazione, unite alla possibilità (per talune famiglie) di crescere su suoli di scarsa profondità, rendono queste e similari varietà di succulente perfette per realizzare incredibili tappeti verdi sui tetti dei grattacieli e persino degli edifici industriali.
La loro apparente rigidità non deve poi indurre in errore. Alcune varietà di succulente sono capaci di produrre, grazie alle loro fioriture, incredibili spettacoli naturali: basti pensare alle distese di succulente che fioriscono in primavera in Sardegna, agli sfolgoranti colori dei prati di Crassula spp., Adromischus spp., Stapeliads e Cotyledon spp. del Namaqualand in Sud Africa o anche, più semplicemente, ai fiori frammisti ai frutti dei filari di fichi d’India siciliani che si perdono nell’orizzonte.
Da ultimo va però anche riconosciuto che l’impiego delle succulente non è sempre agevole e l’effetto, se la scelta e la disposizione non sono ben studiate ed armonizzate al contesto, può risultare esteticamente insoddisfacente per la rigidità finale dell’insieme. Per ovviare a ciò, ci si potrà limitare ad una regola generale: assecondare, nell’impossibile tentativo di emularla, la natura.
Così facendo si sono talvolta raggiunti sulle coste italiane, nei giardini fronte Mediterraneo o in quelli che si perdono, superata una ripida scogliera, nel mare, risultati sorprendenti e tali da permettere appena di distinguere l’opera dell’uomo dalla contigua area naturale. In particolare, se si riuscirà ad ottenere il risultato sperato, soprattutto le porzioni di terreno meno vicine alla casa si perderanno letteralmente, confondendosi via via con esso, nel paesaggio circostante. La natura infatti non sbaglia mai: gli insiemi di vegetali, succulente, cespugli di piante autoctone ed aromatiche, da cui si può attingere, sono spesso più riusciti, per colori, forme e disposizioni, di quelli immaginati dal più brillante dei progettisti. Nel dubbio, basterà quindi, nel realizzare la trama base del giardino, copiare dal paesaggio circostante, eventualmente inserendo poi pochi elementi caratterizzanti (a seconda delle preferenze del proprietario) l’area a verde per forme e colori. L’insieme così ottenuto risulterà naturalmente armonico, spontaneo e il giardino progettato non rischierà di turbare artificiosamente il paesaggio costiero o non correrà mai il rischio di assomigliare ad una asettica “collezione “di vegetali.
In certi casi fortunati, il risultato potrà arrivare addirittura ad essere tale che l’osservatore non colga neppure più il muro divisorio che separa il dentro dal fuori, il giardino dal paesaggio circostante ma soprattutto il “progettato e costruito” dall’uomo dal perfetto equilibrio e dalla spontaneità delle infinite combinazioni vegetali, fornite della natura.
di Filippo Leone Roberti Maggiore e Emanuele Deplano
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