I magnati overseas - termine che letteralmente significa “oltremare” ma in UK designa tutto ciò che è straniero - trovano nella Premier League un'ottima base per i loro interessi miliardari
“And you’ll never walk alone, you’ll never walk alone”. Se siete appassionati di football o se vi è capitato di visitare Liverpool, non potete non aver mai sentito queste parole. “Non camminerai mai solo” è la canzone che accompagna i giocatori del Liverpool FC all’inizio di ogni loro match casalingo.
In effetti non è solo la gloriosa squadra dei Reds, ma tutto il calcio inglese in generale a non camminare più da solo ormai da più di dieci anni. La Premier League, il massimo campionato inglese, è diventata una vetrina mondiale e da ogni lato del globo businessmen e politici hanno iniziato a sentire l’odore di soldi e di impunità proveniente da Londra e dintorni.
Lo hanno capito gli sceicchi di Dubai e Abu Dhabi, con l’acquisto del Manchester City da parte del principe Mansur e con il finanziamento di un importante stadio londinese non a caso battezzato con il nome di Emirates Stadium. D’altra parte, già Micheael Moore nel suo documentario Fahrenheit 9/11 sull’attacco (“presunto” secondo il regista) agli Stati Uniti alle Twin Towers aveva fatto luce sugli interessi miliardari del mondo arabo, in particolare quello saudita, nei paesi anglosassoni.
Prima dei fat cats – i ricconi – emirati aveva già intuito il potenziale del calcio inglese un altro tycoon asiatico, il tailandese Thaksin Shinawatra, ex Primo Ministro del suo Paese, che guarda caso da quasi dieci anni vive in esilio tra Londra e gli EAU per via di accuse di abuso di potere e corruzione.
Un’altra celebre figurina nell’album dei magnati overseas – termine che letteralmente significa “oltremare” ma in UK designa tutto ciò che è straniero – è quella di Roman Abramovich, amicone di Putin arricchitosi in maniera sospetta grazie a relazioni molto discutibili, tra cui quella con l’ex re degli oligarchi russi Boris Berezovskji, recentemente trovato morto in una sua casa in Inghilterra.
A completare il quadro non potevano mancare gli americani, che quando possono combinare sport e business si muovono più velocemente di Usain Bolt e Carl Lewis messi insieme.
Malcolm Glazer è il proprietario di una delle squadre più ricche e popolari del mondo, il Manchester United, mentre per collegarci all’inizio dell’articolo è proprio vero che i Reds non camminano soli visto che a possedere il Liverpool FC è John W. Henry, padrone anche dei Boston Red Sox, mitica franchigia di baseball, e del Boston Globe, principale quotidiano dell’omonima città.
Ha proprio ragione il filosofo ed economista belga Marc Luyckx Ghisi: l’Italia è sempre anticipatrice di grandi cambiamenti. A usare la popolarità data dal calcio per interessi personali e a fare un bel minestrone di sport, editoria, affari e politica noi – e in particolare Lui – ci eravamo arrivati già diversi anni fa, alla fine dei favolosi anni Ottanta. Oltre comunque all’ovvio esempio berlusconiano, abbiamo in tempi più recenti quello di Luciano Zamparini, un friulano trapiantato a Palermo per diventare il presidente della squadra del capoluogo siciliano e – toh! – per aprire in Sicilia diversi centri commerciali, oppure di Urbano Cairo, editore e proprietario del Torino Calcio.
Il sentimento davanti a questi giochi di soldi e potere che nulla hanno a che fare con la genuina passione sportiva può essere di sconforto e di impotenza. Tuttavia, si può anche agire: basta disdire l’abbonamento alle televisioni a pagamento; capisco che per alcuni sia doloroso, ma è molto semplice e sarebbe una mazzata efficace contro questo sistema.
PS You’ll Never Walk Alone cantata dai tifosi del Liverpool è davvero uno spettacolo emozionante, tanto che gli stessi Pink Floyd la inserirono per chiudere Fearless, una delle loro canzoni più belle. See you!
Daniele Canepa