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Re Magi, le origini, la storia e le leggende non solo cristiane

Oltre che nel Vangelo, sono nominati anche nei testi mistici apocrifi, ma secondo un recente studio erano molti più di 3 e provenivano dalla Terra dei Mandarini


23 Dicembre 2011Notizie

Re MagiUn nugolo di luci colorate occhieggiano dalle finestre di casette di cartapesta, il muschio odora di boschi lontani, la mangiatoia è ancora vuota ma, in fondo, in un angolo del presepe, i protagonisti di questa storia  sono già in bella mostra, con i loro preziosi doni, coi loro ricchi  vestiti, con il loro seguito di cammelli: ecco i Re Magi.

Queste figure leggendarie, che per la cristianità sono legate alla Teofania (epifania) “manifestazione del Signore”, trovano un loro contesto oltre che nei vangeli canonici anche in testi mistici apocrifi non ultimo il vangelo arabo dell’infanzia del Salvatore (VI secolo) o quello armeno (fine VI secolo) e, in questi, vengono, citati con i nomi di Melchiorre, Baldassarre e Gasparre.

Il babelico intrecciarsi di leggende, che li circonda, inizia proprio dal nome: Melkon, Gaspar, Balthasar, per alcuni, Melchior, Jaspar, Bathesar, per altri, Rustico, Eleuterio, Dionigio, nell’usanza milanese.

Melchiorre, deriverebbe da Melech che significa Re, ma non si esclude che si chiamasse in realtà Ram, maharaja indiano che, inchinatosi al cospetto di Gesù con le parole ”Cham el chior” (ho visto Dio), si guadagnò il soprannome più noto che è giunto a noi.

Nel medesimo modo, la loro provenienza si perde nella notte dei tempi: indiano o armeno sarebbe Gasparre (da Galgalath, re di Saba), babilonese o arabo dicono fosse  Baldassarre, aramaico, persiano o, come già detto, indiano il vecchio Melchiorre.

Ma chi erano veramente? Incominciamo con l’etimologia del nome “mago”: l’origine del  vocabolo deriva dal greco “magoi” e sta ad indicare i membri di una casta sacerdotale persiana (in seguito anche babilonese), i più fedeli ed intimi discepoli di Zoroastro. Da ciò l’ipotesi  più accreditata  che venissero dalla Persia, seguendo un “segno” tra le stelle di cui erano profondi conoscitori e con un cammino durato ben nove mesi.

Nulla esclude, però, che potessero arrivare dalla Mesopotamia, dove ebrei, deportati dopo la distruzione di Gerusalemme da parte di Nabucodonosor, avrebbero compilato il Talmud Babilonese e avrebbero mantenuto viva la profezia giudaica dell’attesa del Messia.

Una terza tesi propone che giungessero dalla Media:  ne sarebbe la prova una citazione del greco Erodoto secondo la quale i “magi”  appartenevano ad una delle sei tribù presenti in quel territorio ed erano sacerdoti  con conoscenze di astrologia, di  filosofia e di arti divinatorie.

Tutte teorie sfatate stante la notizia, apparsa in questi giorni, secondo la quale i Saggi giunti a Betlemme erano molti più di tre e  provenivano dalla terra dei “Mandarini”.

Brent Landau, professore dell’università dell’Oklahoma, lo ha scoperto sfogliando un manoscritto dell’ottavo secolo, custodito negli archivi vaticani da 250 anni, recentemente tradotto dall’antico siriaco.

Popolo di mistici, dediti al culto di una forma di preghiera silenziosa, abitavano la  semi-mitica terra di Shir, oggi identificata come la Cina antica e, si dice, discendessero da Seth uno dai tre figli di Abramo da cui, secondo la Bibbia, si sono evolute le tre razze umane.

Queste genie furono fonte di ispirazione per il papa S. Leone Magno nel fissare a tre il numero dei Magi, simboli del passato, del presente e del futuro o, secondo un’altra interpretazione, dei sacerdoti, dei guerrieri e dei coltivatori.

Neppure i loro resti hanno trovato pace: recuperati in India da Sant’Elena e poi portati a Costantinopoli, raggiunsero Milano per riposare nella basilica di Sant’Eustorgio, da dove, per ordine del Barbarossa, nel 1161, furono trasferiti a Colonia ma qualcuno sussurra che siano ancora nella metropoli lombarda.

E i loro doni? L’oro, dono riservato ai re, l’incenso, usato per adorare l’altare di Dio e la mirra, balsamo per i defunti,  non sarebbero, oggigiorno,  più donabili rispettivamente per il prezzo, per la siccità, per gli incendi e la riconversione delle coltivazioni in terreni agricoli.

A me rimane l’utopia di pensare che il loro nome derivi da “magia” quella che hanno visto nei cieli e che noi crediamo essere stata una stella cometa ma, per non smentire il mistero che gravita attorno a loro, cometa non era.


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