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Presentato il progetto "Rivaluta" nato da un finanziamento del Fondo europeo per l’immigrazione che ha come obiettivo la valorizzazione dei titoli di studio e delle competenze dei cittadini immigrati che si stabiliscono a Genova
Accompagnare i cittadini immigrati in un percorso individuale di riappropriazione, riconoscimento e valorizzazione delle proprie competenze formative e professionali, finalizzato a una certificazione formale cruciale per il potenziamento della propria collocazione all’interno del mercato del lavoro. È questo il cuore di “Rivaluta”, il progetto realizzato dai Comuni di Genova e Savona, con la partnership di Arci Liguria, la cooperativa La Comunità e il Job Centre, grazie a un finanziamento del Ministero deli Interni attraverso il Fondo Europeo Immigrazioni pari a 170 mila euro.
«Rivaluta – spiega Walter Massa, presidente regionale di Arci Liguria – si rivolge a immigrati con una buona, se non ottima conoscenza della lingua italiana, con una situazione lavorativa discreta e quindi non direttamente in cerca di occupazione ma con la volontà di dedicare un po’ di tempo alla valorizzazione delle proprie competenze, continuando nel frattempo a portare avanti il proprio lavoro». Il progetto, che lo stesso Massa sottolinea ricalcare la falsa riga di quanto già pensato da Arci negli ’90, non va considerato alla stessa stregua di un job placement: il fine ultimo, infatti, non è quello di offrire un posto di lavoro agli immigrati coinvolti, quanto di valorizzare e certificare le competenze pregresse, secondo diversi percorsi personali. Gli interessati possono inviare una mail all’indirizzo istituzionale rivaluta@comune.genova.it e, prima di aderire formalmente al progetto, verranno contattati per partecipare a un incontro collettivo di presentazione dettagliata. A chi deciderà di iniziare il cammino, verrà proposto un percorso individuale volto a ricostruire il proprio passato per cercare di mettere a frutto professionalità acquisite nella propria terra.
«Il vero obiettivo – prosegue Massa – è quelli di poter dare, ad esempio, a un cittadino indiano qualche possibilità in più invece di fargli pascolare le mucche perché nell’immaginario collettivo deve fare il pastore, quando invece non si tiene conto che l’India ogni anno produce un milione e mezzo di ingegneri elettronici».
«Parliamo spesso di fuga di cervelli perché in Italia abbiamo percorsi bloccati da baronati vari o rigidità complessive del sistema – commenta l’assessore allo Sviluppo economico, Francesco Oddone – ma abbiamo risorse che arrivano nel nostro paese e sembra che non vogliamo utilizzare per una sorta di amnesia a livello politico. Nel momento in cui riuscissimo ad abbattere queste barriere, potremmo dare il via a progetti virtuosi che aumentino la produttività del sistema, dando ai cittadini immigrati una dimensione diversa. Molti cittadini italiani con competenze manuali – prosegue Oddone – hanno paura di una competenza impetuosa da parte degli immigrati, con questo progetto invece cerchiamo di dare ossigeno e creare spazi all’inserimento verso l’alto. Tra gli immigrati, infatti, ci sono dottorati in biologia che fanno i facchini e noi, invece, ci lamentiamo sempre che non abbiamo inserimenti di qualità. Non utilizzare queste competenze è un errore, peggio di un crimine».
La parole di Oddone sono confermate dai numeri. Nel terzo trimestre del 2013, nel nord ovest italiano, infatti, a parità di livello di istruzione (“laurea e post lauream”), la quota di lavoratori comunitari ed extracomunitari impiegati con mansioni di basso livello è pari al 25,5% del totale di lavoratori stranieri impiegati, mentre per gli italiani ci si ferma allo 0,5%. Per contro, gli italiani svolgono per l’83,8% mansioni dirigenziali, professioni intellettuali e tecniche, a fronte di appena il 32,6% tra i lavoratori stranieri.
«Naturalmente – spiega l’assessore a Legalità e Diritti, Elena Fiorini, prevenendo una delle più plausibili obiezioni – la questione della valorizzazione delle competenze riguarda anche i cittadini italiani. Ma, prima di tutto, i cittadini stranieri sono quelli che hanno maggiori problemi formali e culturali per il riconoscimento dei loro titoli e delle loro professionalità e, secondariamente, siamo di fronte a un finanziamento del Fondo europeo per l’immigrazione per cui era necessario impiegare queste risorse in questo senso».
«Dobbiamo entrare nell’ottica – ribadisce Fiorini – che cervelli e braccia si spostano in Europa e sulla faccia della terra. Come abbiamo persone che hanno lasciato Genova, ne abbiamo altre che sono arrivate e che non vanno considerate solo come braccia ma anche come cervello. Questo vuol dire puntare sulle pari opportunità e valorizzare Genova in ottica internazionale, potendo contare su linfa fresca e giovane».
Al progetto “Rivaluta” possono partecipare tutti i cittadini non comunitari, con regolare permesso di soggiorno, buona conoscenza della lingua italiana e residenza nei comuni di Genova e Savona. «Si tratta di fare un inventario delle competenze che ognuno ha nel proprio bagaglio – dice Claudio Oliva di Job Centre – cercando di capire che cosa si può mettere nuovamente a frutto. Si lavora anche sulla storia passata della persona per rivedere e rilegittimare il proprio progetto di vita». Insomma, si cerca di ricostruire un curriculum non tanto per etichette quanto per esperienze concrete. Dopodiché parte il lavoro per la validazione e la certificazione dei titoli ottenuti e della professionalità maturata. Per quanto riguarda gli studi, Rivaluta svolge il ruolo di facilitatore nel processo di validazione in capo all’Università e al ministero dell’Istruzione. Dal punto di vista professionale, invece, la strada più semplice è quella dell’attivazione di un tirocinio presso una delle oltre 500 aziende che già collaborano a vario titolo con il Comune nel settore delle politiche del lavoro, in ottica di inserimento lavorativo, per cui tra l’altro sono a disposizione altri fondi specificamente dedicati all’avvio di stage.
Partito a fine dicembre, “Rivaluta” coinvolge attualmente 4 operatori nel Comune di Genova e 3 in quello di Savona, non a tempo pieno. Per ora, i contatti sono stati 35, (59% donne, 41% uomini), sfociati in 31 colloqui e 20 adesioni formali al progetto, che ha già prodotto la stipula di 7 nuovi contratti di lavoro. Le 20 persone attualmente coinvolte, 7 uomini e 13 donne di cui più della metà ha meno di 40 anni, provengono da 11 nazionalità diverse (6 Marocco, 2 Cuba, Perù, Tunisia e Ucraina, 1 Argentina, Bahamas, Benin, Cile, Congo, Iran): di queste il 70% è occupato ma solo il 20% a tempo indeterminato e il 10% a tempo determinato; il 35%, invece, svolge lavoro in modo discontinuo mentre il 5% ha un’occupazione in nero.
«Tutto il progetto – sottolinea Oliva – non ha alcun senso se non c’è una collaborazione fattiva di chi decide di partecipare: il cittadino immigrato, insomma, deve diventare protagonista della propria valorizzazione professionale in prima persona». «A fine anni ’90 – ribadisce Massa – si parlava di ricerca attiva del lavoro, oggi potremmo dire che siamo di fronte a una ricerca attiva di un lavoro più confacente alle proprie competenze». Capita così che durante i colloqui personali venga fuori una particolare predisposizione alla sartoria e poco dopo si venga assunti dalla sartoria del Teatro Carlo Felice, oppure che si manifestino delle particolari abilità di segreteria e si diventi segretaria amministrativa dell’Arci.
«Finalmente – chiosa l’assessore alle Politiche Socio Sanitarie, Emanuela Fracassi – abbiamo un progetto che parla di sviluppo e prospettiva anche nell’ambito delle politiche sociali. Ora anche i servizi sociali degli ambiti territoriali hanno uno strumento diverso per proporre un percorso di sviluppo e investimento per le competenze. Se vogliamo che le politiche sociali non siano interpretate solo come strumento di contrasto al disagio, questa integrazione tra sociale, lavoro e diritti deve essere un circolo virtuoso che ci permette di cambiare prospettiva».
Rivaluta, per il momento, ha vita garantita fino al prossimo giugno: «Ma abbiamo già avviato il cammino per ottenere un sostegno economico dalla Regione Liguria – assicura Massa – al fine di proseguire anche in futuro questo progetto virtuoso che ha già dato risultati importati rispetto al reinserimento nel mondo del lavoro».
Simone D’Ambrosio