Lottatori cibernetici di Sumo: il cervello dei robot capta i segnali dei sensori posti ai bordi del campo di contesa
Palazzo della Meridiana, un palcoscenico meraviglioso per un incontro di “sumo” robotico: questo il tema proposto dall’associazione DiScienza in collaborazione con “Cattid” dell’Università della Sapienza di Roma. Un meeting all’insegna del gioco per avvicinare i ragazzi alla scienza dell’automazione. Il cervello del piccolo lottatore giapponese è “Arduino”, il primo hardware open source, completamente italiano, facile da montare, pratico ed economico che permette di connettere concetti complessi, come elettronica e robotica, alla vita del reale.
In uno scenario di volte e di stucchi, testimoni di un glorioso passato, che da soli valevano il prezzo dell’ingresso, una scolaresca di attenti piccoli partecipanti, esponenti di un prossimo futuro, ha potuto scoprire, passo dopo passo, i componenti che danno “vita” a questa macchina-giocattolo.
Per capirne il funzionamento dobbiamo, prima, conoscere come si svolge il gioco. Seguendo le regole del Sumo, che è una lotta giapponese, i due combattenti cibernetici si affrontano cercando di far uscire l’avversario dal campo di contesa.
L’area in oggetto ha precise caratteristiche che permettono ai sensori di calcolarne il confine. Fatte queste doverose premesse, si può procedere al fine di esaminare gli elementi costitutivi dell’automa. La scheda elettronica è, ovviamente, il cervello del robot che capta i segnali inviati dai sensori, li elabora ed evoca un comando di risposta.
Questo comportamento non è dissimile da quello di una mano posta su una fonte di calore. Gli elementi tattili del nostro arto mandano un segnale al cervello che invia l’ordine perentorio di scostarsi, immediatamente, dal pericolo. Gli accessori sono rappresentati dagli “occhi” per individuare l’avversario, le ruote e il motore per il movimento, i sensori di linea per definire la zona di azione.
Come fanno i sensori di linea a capire che sono al limite del tappeto su cui avviene la lotta? Sfruttano il principio fisico del diverso assorbimento della luce in uno spettro di colori. In questo caso, l’accorgimento è scegliere il nero (assorbimento completo) per la contesa sportiva e il bianco ( riflessione completa) per limitarne il confine.
Il gioco, perché di gioco si tratta, consiste nell’assemblare insieme i vari componenti, digitare sul computer i comandi necessari, montare le varie parti meccaniche e dotare i piccoli sumo-men di armi belliche. Questo è quello che avviene nel laboratorio pratico. Le squadre avversarie hanno a disposizione tre profili ognuno con diversa forza, lucidità, velocità, decisione: Boyacky, più frenetico, Dokurobe più meditativo e Tonzura più aggressivo che possono essere corredati da strumenti offensivi come speroni, mezzi dissuasivi o apparati di collisione.
Tutto è pronto. Allora, non ci rimane che augurarvi buon divertimento.
Adriana Morando
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