Fra borghi e castelli medievali, in uno spettacolo naturale di rara bellezza, dove la cultura rivive gli echi del passato. La Scozia deve essere visitata...
Un’antica leggenda narra di un castello scozzese che durante una notte stellata venne circondato da alcuni Vichinghi intenti ad assediarlo e occuparlo. Alcuni di essi erano scalzi e per essere sicuri di dove poggiavano i piedi videro un campo pieno di fiori colorati; quei bellissimi fiori erano dei cardi, costituiti da petali colorati di un viola molto acceso e costituiti da un gambo spinosissimo tanto da non poter neanche coglierlo a mani nude. Nel momento in cui i piedi dei Vichinghi vennero a contatto con le spine si alzò un urlo che echeggiò fino al castello svegliando gli abitanti che riuscirono a sventare l’assedio e a scacciare il nemico. Da quel momento il cardo divenne il simbolo della Scozia e venne chiamato Guardian Thistle, ovvero il Cardo Guardiano.
Questa storia mi colpì a tal punto da fare mio il simbolo e portarlo nel cuore per tutta la vita grazie anche all’esperienza che vi racconterò, tre settimane in giro per uno dei posti più belli della terra, uno dei più incontaminati e ricco di tradizioni, la Scozia.
Decidemmo di partire per questo viaggio io e il mi amico Matteo, muniti di macchina fotografica, qualche soldino in tasca e una auto presa a noleggio. Atterrammo a Glasgow, una mattina piovosa di agosto ma il tempo non diminuiva le mie emozioni, un sogno si era appena realizzato e non vedevo l’ora di iniziare l’avventura. Ci recammo subito a Glasgow con un bus, l’aeroporto dista pochi km dal centro e cercammo subito un alloggio poiché eravamo sprovvisti di un letto per la notte. Inaspettatamente non si trovava nulla poiché il centro non è ricco di B&B e non avevamo ancora la macchina per poter cercare fuori dalla città. Grazie a un ufficio del turismo trovammo il Manor Park Hotel, un alberghetto molto ben curato con caminetto in camera e letto a baldacchino con coperte e tende in tipico tessuto scozzese.
La città ricorda molto quelle Inglesi, sia come aspetto che come accento degli abitanti, l’aria fresca e il tempo piovoso. Glasgow è sempre in movimento, è una città giovane e ospitale, ricca di locali e disco pub che permettono di ballare e divertirsi con dell’ottima musica anni 70 e del sano rock and roll. Il mattino seguente, una domenica, ci alzammo presto per recarci a visitare la città. Quella mattina Glasgow era casualmente luogo di una commemorazione di ex-militari che sfilavano per le vie del centro. Quasi tutti per l’occasione indossavano il tipico Kilt, il famoso gonnellino che tutti conosciamo e con il quale identifichiamo lo scozzese, visto dal vivo e sul posto però lascia un segno indelebile nella memoria.
Il giorno dopo, noleggiammo l’auto, prendemmo subito una multa per sosta vietata e ci spostammo a Edimburgo. Raccontare cosa si prova appena vedi Edimburgo non è semplice, l’emozione è difficile da spiegare, una città vecchia ma perfettamente tenuta, arroccata ai piedi di un castello che sovrasta la città circondata da antiche mura con dei vecchi fossati un tempo pieni d’acqua, diventati lunghi ed enormi prati sui quali leggere libri al sole o fare picnic con la famiglia.
Decidemmo di trovare un alloggio fuori dal centro storico (la via principale taglia affascinanti vicoli in pietra con illuminazioni in ferro battuto che ricordano i vecchi lumi di inizio novecento…) poiché anche qui scarseggiavano e quei pochi hotel erano fuori dalla nostra portata. Una volta sistemati ci recammo in centro per visitare la città e il castello che per giungervi era necessario seguire la via reale, segnata da piccole coroncine incastonate nel porfido e popolata da turisti e numerosi saltimbanco artisti di strada e musicisti.
Ci spiegarono che di lì a poco nella spianata di fronte all’entrata principale del castello si sarebbe svolto il Military Tattoo, una parata militare delle nazioni affiliate al regno unito che per l’occasione preparavano balli, rappresentazioni e suonate delle bande militari. Ci dissero anche che era impossibile trovare i biglietti poiché essendo un evento importantissimo sia a livello nazionale che a livello mondiale, le prenotazioni venivano chiuse mesi prima e che potevamo anche tornare indietro. Si dice che la fortuna aiuta gli audaci, decidemmo di restare nei dintorni dell’entrata per sperare nel colpo di fortuna che puntualmente arrivò. Una scolaresca con due defezioni per indisposizione ci chiese se avevamo bisogno di due biglietti che ovviamente accettammo senza neanche dover pagare nulla. Ci accomodammo sugli spalti ignari di quello dovevamo vedere.
Alla nostra destra avevamo il castello, illuminato quanto bastava per renderlo spettacolare, di fronte a noi la spianata dell’esibizione mentre a sinistra un palco reale nel quale arrivò il principe Filippo Duca di Edimburgo tra gli applausi e la standing ovation del pubblico. Lo splendido tramonto e il cielo stranamente terso rendeva ancora più emozionanti le esibizioni che si susseguivano tra balli e suonate classiche e contemporanee, tra le più affascinanti “Sailor” di Rod Stewart suonata dall’orchestra scozzese e le esibizioni delle compagnie norvegesi e australiane.
Il bello però doveva ancora venire, la rappresentazione finale della battaglia di Scozia contro gli Inglesi fu indimenticabile, giochi di luce , fuochi d’artificio e esibizioni di guerra fino al gran finale… improvvisamente si accese una luce sulla torre del castello e in mezzo alla quale si stagliava la sagoma di un uomo in kilt con la cornamusa che iniziò a suonare “Scotland the brave” , uno degli inni non ufficiali della Scozia.
La commozione mi pervase, fu uno degli spettacoli più belli a cui abbia mai assistito.
Dopo aver visitato la città per tre giorni, proseguimmo verso la tappa successiva, Stirling, un piccolo paesino a nord di Edimburgo, noto per una famosa battaglia e per essere stato l’avamposto di William Wallace, per chi non lo ricorda, il mitico protagonista di Braveheart interpretato da Mel Gibson, il quale fece costruire una torre di vedetta alta 67 metri e costituita da 266 gradini dalla quale si può vedere un panorama a 360 gradi per diversi km di distanza, utile un tempo per avvistare i nemici in arrivo. Alla base della torre una statua raffigurante William Wallace , sicuramente poco affascinante visto che in pratica anziché Wallace è rappresentato Mel Gibson.
In Scozia, quantomeno fuori dalle grandi città, è semplicissimo trovare alloggio in comodi e confortevoli Bed & Breakfast che offrono un letto pulito con servizi e una colazione comprensiva di bacon, uova, fagioli, salsiccia e in alcuni si può trovare anche il black o il white pudding, un rotolino di carne che solo tornato in Italia scoprii essere a base di sangue raffermo di maiale, comunque molto gustoso.
A Stirling trovammo un B&B solo in tarda serata ma comunque in tempo per mangiare qualcosa nel deserto pub del paese. Mentre gustavamo la nostra birra in mezzo a neanche una decina di persone compresi i proprietari arrivò un tizio con una chitarra e si sedette su un tavolo a strimpellare. Dieci minuti dopo entrarono due signore sulla mezza età con due violini e si sedettero vicino al chitarrista e dopo un breve cenno iniziarono a suonare. Entrarono poco dopo altri strumenti con le relative persone e ognuno di essi si univa alla musica, gli abitanti del paese suonavano e ballavano canzoni folkloristiche Scozzesi, si riunivano alla sera senza darsi appuntamento e creavano un ambiente magico, per loro e per i fortunati visitatori.
Il giorno seguente visitammo il castello di Stirling e proseguimmo vero nord, lungo la strada incontrammo fabbriche di whisky, prati verdi, strane mucche dalla frangia sopra gli occhi e un curioso caprone da guardia legato all’interno di un giardino come un cane.
Ci fermammo a Perth, nulla a che vedere con l’Australia, una città situata sulle rive del fiume Tay e un tempo importante sede politica del parlamento Scozzese. Anche qui si trova un bellissimo castello da visitare insieme ad alcune rovine in un bellissimo contesto naturale.
Nei giorni successivi salimmo verso nord passando dai paesi di Laggan e Fort William, quest’ultimo situato in prossimità del Ben Nevis, il monte più alto della Gran Breatgna. Fort William è anche uno snodo importante perche si trova nel mezzo della Scozia e nelle sue vicinanze si trova Fort August, il paese che è alla base sud del mitico Lago di Lochness. Il Lago è lungo circa 37 km e si estende nella valle del Great Glen da Fort August alla città di Inverness, la cosa che colpisce è la natura incontaminata che lo circonda e le sue dimensioni, soprattutto la lunghezza, tanto che ci si chiede davvero se nelle sue acque non si nasconda il leggendario mostro.
Inverness si trova all’estremità nord del lago e ci arrivammo dopo averlo percorso in tutta la sua lunghezza. La città è considerata la capitale del Nord delle Highlands per la sua grandezza e mostra tratti somatici decisamente più nordici, al suo interno scorre il fiume Ness che gli conferisce quel tocco in più per le cartoline e le foto di rito. Molti viaggiatori si fermano a Inverness e ritornano indietro passando per la costa ovest, ma per fortuna noi non eravamo sazi e continuammo a salire verso le Highlands più selvagge, dove si fatica a trovare una casa nel raggio di km e le verdi distese di prati e foreste si intervallano accompagnate da piogge a tratti più o meno intense.
Quando cessava di piovere e il sole si faceva largo tra le nuvole , i colori si accendevano magicamente come se qualcuno colorasse con pennelli a olio un quadro in bianco e nero. Guidammo lungo la costa est sopra Inverness per diverse ore, e nel tragitto incontrammo lunghe terrazze di prati verdi a picco sul mare con mucche e pecore al pascolo, e qualche piccolo paese.
Superato il borgo di Dornoch ci trovammo di fronte una collinetta con una spianata sulla sua sommità dove un nutrito gruppo di persone e famiglie con banchetti con cibi caldi stavano assistendo ad alcuni giochi e incuriositi ci fermammo a guardare cosa stava succedendo. La fortuna volle che quelli erano gli Highland game, una sorta di olimpiade locale con giochi e prove di ogni genere in ricordo dell’orgoglio scozzese. Le famiglie stendevano la coperta in Tartan, ognuna di colori diversi, creando un tappeto variopinto in perfetto scottish style. Le prove andavano dalle gare di cornamusa o di balli folkloristici mentre le prove di forza andavano dal lancio del tronco d’albero al lancio del peso per finire con il tiro al piattello, ovviamente i partecipanti indossavano l’inconfondibile Kilt in tartan del colore della famiglia o clan di provenienza.
Un tempo il tartan distingueva i vari Clan scozzesi e ancora oggi alcune zone della Scozia possiedono il loro colore ufficiale di questo tipico tessuto. Rimanemmo colpiti da questi giochi, ci rendemmo conto di quanto questa gente tiene alle tradizioni, gli Highland game risalgono al XI secolo e non sono cambiati nel tempo, continuano a svolgersi in svariati luoghi nel mondo in onore della Scozia.
Proseguimmo in direzione di Thurso, il paese più a Nord della Scozia, nel tragitto non trovammo abitazioni, solo verde, pioggia e capre in libertà. Giunti in paese trovammo uno splendido B&B proprio davanti alla spiaggia, una distesa di sabbia talmente fine da far invidiare alcuni posti tropicali dove alcuni bambini giocavano con l’aquilone e una coppia raccoglieva conchiglie. Ci recammo prima nel porticciolo per cercare gli orari dei traghetti per le Isole Orcadi, e poi in centro poiché fino al mattino seguente non c’erano imbarcazioni disponibili. Il centro di Thurso pareva vuoto, calmo, pochi pub, un negozio di dischi e qualche attività aperta, a mio modo di vedere molto rilassante e piacevole. Trovammo una splendida giornata di sole e ce la godemmo fino a tarda sera, passeggiando, fotografando particolari e giocando a pallone in spiaggia, fino a quando il giorno volse al termine e il sole abbandonò la scena lasciando il posto ad uno splendido tramonto. La sera mangiammo in un pub e verso mezzanotte tutto il paese si popolò di gente, feste in maschera, addii al celibato e gruppi di ragazze che vagano per le vie in cerca di qualcosa da bere.
Poi finimmo in un enorme discoteca che quella sera prevedeva una cover band dei Texas, il gruppo pop Scozzese, la cantante era praticamente una sosia e alcuni esagitati sotto il palco sembravano assistere realmente a un loro concerto.
Il mattino ci alzammo presto e ci recammo con largo anticipo nel piccolo porto e aspettammo il traghetto seduti sulla banchina del porto. Vedemmo arrivare qualcosa che non era una nave, era molto più piccola e dolce, era una foca che lentamente stava venendo verso di noi con la testa fuori dall’acqua.
Ci imbarcammo al mattino presto per affrontare tre ore di navigazione attraversando scogli giganti , piccole isolette e un mare piuttosto agitato. Arrivammo al porto di Stromness intorno alle 8, tutto era ancora chiuso e camminammo per le vie deserte in mezzo a muri di pietre e piccoli vicoletti tutti sfocianti verso il mare. In questi luoghi incantevoli ogni casa dà sul mare e ognuno ha a disposizione la sua barchetta posteggiata sotto la finestra.
Qualche anziana signora faceva la maglia fuori dalla finestra con dei gatti che gironzolavano in cerca di qualcosa da mangiare. Il centro di Stromness è molto grazioso ed è anche visitato da turisti poiché resta comunque a poche ore di navigazione dalla Scozia, si possono trovare negozi di artigianato e ristoranti di pesce appena pescato. Uno di questi ristoranti si trovava vicino al porto, osservammo dei marinai in un classico maglione a righe bianche e azzurre, scaricare pesce e crostacei al gestore della cucina e incuriositi e affamati decidemmo di fermarci a mangiare proprio li. Mi abbuffai di cozze e presi una terrina di salmone e pesce bianco gratinato che era la fine del mondo, indubbiamente mangiai un pesce di alta qualità riuscendo anche a non alleggerire troppo il portafoglio. Per aiutare la digestione camminammo lungo una strada sterrata che percorreva il profilo della costa in mezzo a scogli, foche e pulcinelle di mare. Nel tragitto incontrammo un vecchio marinaio che passeggiava senza nulla da fare godendosi la brezza marina e il panorama, ci raccontò di essere stato a Genova durante la guerra e di ricordarsi bene alcune vie e quartieri, tra le quali ovviamente Via Prè.
Ci imbattemmo poi in uno splendido campo da golf a picco sul mare e andammo a prendere il bus per poter andare nell’altro porto , quello di Kirkwall, dove avremmo dovuto prendere la nave per le isole Shetland. Il viaggio fu difatti più impegnativo, otto ore di navigazione notturna in questa imbarcazione composta da una decina di passeggeri e altrettanti membri dell’equipaggio.
Sbarcammo anche a Lerwick molto presto, nel porto erano presenti oltre a normali imbarcazioni, anche alcune navi in stile vichingo, probabilmente per qualche manifestazione. Mi sarei aspettato un luogo più incontaminato e invece le Isole Shetland sono molto più autonome rispetto alle Orcadi, forse proprio per la distanza dalla Scozia che le ha rese più intraprendenti… Decidemmo di prendere un bus di linea per visitarla tutta e salimmo sul primo che passava senza badare alla destinazione, pensavamo che non sarebbe andato poi così lontano. Fece il giro dell’isola, vedemmo abitazioni isolate su piccoli lembi di terra sul mare, anche qui tutte case indipendenti con la barchetta legata fuori e distanti alcuni km dal cento abitato più vicino. Lo scenario era mozzafiato, il verde deil’erba, il blu del mare, il bianco delle nuvole e l’azzurro del cielo si mischiavano ai miei occhi come la tavolozza dei colori di un pittore.
Al capolinea del bus salì una famiglia al completo, due persone anziane e due più giovani con una bambina in braccio avvolta in una coperta. Nel tragitto del ritorno chiedemmo se vivevano li e ci risposero che la loro casa era proprio vicino al capolinea e che stavano portando la bambina dal pediatra e che quel giorno siccome non era disponibile il loro dottore dovevano andare fino alle isole Orcadi. Mi colpì molto questa storia e mi resi conto che non è tutto oro quel che luccica, nonostante lo spettacolo naturale non sarebbe semplice per noi, abituati alle comodità sotto casa, vivere in una realtà così diversa.
Dopo aver visitato l’isola tornammo verso il traghetto, lo prendemmo nel primo pomeriggio e arrivammo alle Orcadi in tarda nottata, fortunatamente trovammo prima un taxi che ci portò nella zona del porto e poi un letto per dormire, il mattino seguente saremmo dovuti partire di nuovo presto.
Una volta ritornati in Scozia iniziammo il viaggio di ritorno passando dalla costa ovest attraverso Ullapool, il lago di Kyle of Lochalsh e per altri territori completamente disabitati.
Finalmente arrivammo all’Isola di Skye dove trovammo subito un B&B sul bellissimo porticciolo caratterizzato da case colorate e ristoranti di pesce. L’isola di Skye presenta un paesaggio molto vario nonostante le modeste dimensioni si possono trovare alte montagne e splendidi prati, abitati da una particolare fauna.
La strada del ritorno cominciò ripassando da Fort William ma passando per la costa del sud Ovest, dove trovammo oltre che i soliti B&B anche uno splendido cottage, una casetta costruita in pietra con il caratteristico tetto in paglia. Ritornammo a Glasgow per passare l’ultima notte e riprendere l’aereo che ci riportava a casa il mattino seguente, felici di raccontare ciò che avevamo visto ma tristi al pensiero di lasciare quella terra magica.
Non è facile rendere alcune emozioni scrivendo qualche riga, ci sono posti come la Scozia che devono essere vissuti, visitati e esplorati in ogni angolo, per lasciarsi abbracciare dalla loro cultura e tradizione e da una bellezza naturale fuori dal comune.
Diego Arbore
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