Un nuovo strumento per gestire i conflitti partendo dalla responsabilità di istituzioni e cittadini. I corpi di polizia devono aggiungere al proprio ruolo di controllo e repressione anche un ruolo pedagogico: aumentando la consapevolezza degli individui
«La città è il luogo dove tutte le differenze si pongono in relazione, confrontandosi con un sistema di regole – spiega l’assessore comunale a Legalità e Diritti, Elena Fiorini in apertura del convegno “Dalla sicurezza passiva alla sicurezza partecipata: le risorse della mediazione comunitaria per la Polizia Locale”, un’occasione per fare il punto sui possibili contributi della mediazione comunitaria in tema di sicurezza e sulle esperienze della Polizia Municipale di Genova che ha già intrapreso un percorso di formazione dei propri operatori (vedi l’approfondimento di Era Superba) – differenza non vuol dire diseguaglianza ma può diventarlo a seconda di come ci rapportiamo con gli altri individui. Poi c’è il binomio inclusione/esclusione: le regole tracciano dei confini tra chi è dentro e chi sta fuori da un determinato sistema. Le persone, quando si sentono incluse, percepiscono maggiore sicurezza. Al contrario, quando sono escluse, peggiora la loro qualità della vita».
Parlare di mediazione nell’ambito dell’amministrazione pubblica «È un modo per valorizzare un termine fondamentale: responsabilità – continua l’assessore – Quella dei cittadini che hanno il dovere di rispettare le regole e quella delle istituzioni che sono tenute a farle rispettare. La violazione di una regola, però, può diventare l’occasione per stimolare il dibattito sul valore di essa».
La mediazione è un nuovo strumento che dà un’ulteriore opportunità di gestire il conflitto. Come spiega il comandante del Corpo di Polizia Municipale di Genova, Giacomo Tinella «È utile ai corpi di polizia perché cerca di affrontare il tema del rapporto tra aggressore e vittima. Ma va inserito nell’attuale quadro normativo. Il Decreto legislativo 4 marzo 2010/28 introduce l’istituto della mediazione. L’intento è quello di costruire dei servizi di mediazione grazie al contributo di professionisti in questo campo».
Partendo da questo presupposto «Abbiamo ragionato sul nuovo regolamento della polizia urbana che oggi all’articolo 4 prevede la mediazione sociale dei conflitti – continua Tinella – Un esempio concreto di applicazione sono gli atti di impegno di alcuni esercizi commerciali che creano disagio in determinati quartieri (pensiamo alla vendita di alcolici, ad esempio). La mediazione è efficace: impegna meno il corpo di polizia e garantisce una sicurezza partecipata ai titolari dei negozi. Ma la mediazione risulta utile anche in contesti più semplici, a gestire il conflitto tra l’agente e le persone che incontra quotidianamente sulla strada. Noi vogliamo continuare ad investire sulla formazione. I corsi proseguiranno e coinvolgeranno un numero maggiore di operatori della polizia municipale».
Genova è una città che sul piano della criminalità sta cambiando repentinamente «Dopo anni in cui i dati erano sostanzialmente stabili adesso registriamo un sensibile aumento dei reati di criminalità predatoria (furti e borseggi, ndr) che sono quelli che creano più allarme sociale – spiega Stefano Padovano, coordinatore dell’Osservatorio Sicurezza Urbana della Regione Liguria – l’utilizzo della mediazione deve essere un anello del progetto operativo, è necessario lavorare sulla preparazione degli agenti, esplorando nuove esperienze in grado di accrescere le loro competenze».
«Quando parliamo di mediazione parliamo di identità sociale – spiega il professore Juan Carlos Vezzulla, presidente IMAP Portogallo e IMAB Brasile e vice presidente del Foro Mundial de Mediaciòn – Ciò che accade ad una singola persona interessa l’intera comunità. La civiltà occidentale, invece, ha basato l’ordinamento sociale su due sistemi: penale e assistenziale. Ma questi ultimi non garantiscono il rispetto della dignità umana. Quando la società esclude un gruppo ritenendolo “cattivo”, provoca un danno alla coesione sociale, rallentando la propria crescita. Le politiche pubbliche devono favorire una corretta relazione tra stato e cittadini basata sulla responsabilità. La mediazione si basa sul concetto di democrazia partecipativa. Dobbiamo far sì che la comunità riesca a gestire i conflitti interni ad essa per migliorare la vita di tutti gli individui. I corpi di polizia devono aggiungere al proprio ruolo di controllo e repressione, anche un ruolo pedagogico: aumentando la consapevolezza di ognuno di noi. Bisogna che la regola non sia fine a se stessa. Infrangendo una determinata norma l’individuo danneggia se stesso e la comunità. La mediazione si avvicina alle persone per dirgli che sono capaci. Le incoraggia ad emanciparsi. La polizia urbana può essere molto utile in questo senso. Insieme al contributo dei gruppi di lavoro che si sono creati in vari quartieri di Genova. Esiste un altro metodo rispetto a quello della competizione, ovvero il metodo della cooperazione. Per convivere e rispettare la dignità gli altri devo comprendere le differenze. Se vogliamo rispetto dobbiamo dare rispetto. I corpi di polizia devono sentirsi parte integrante di un gruppo umano che lavora in modo cooperativo».
Infine sono intervenuti Danilo De Luise, della Fondazione San Marcellino di Genova e Mara Morelli, del Dipartimento di Scienze della Comunicazione Linguistica e Culturale (DISCLIC) dell’Università di Genova, promotori del percorso di formazione sulla mediazione comunitaria a Genova. «L’obiettivo è allargare la rete – spiegano – con l’espansione dei gruppi di cittadini e operatori di polizia coinvolti nel progetto. Occorre diffondere questo metodo, farlo conoscere il più possibile alla cittadinanza. Inoltre, i dati sull’aumento della criminalità predatoria che abbiamo ascoltato in precedenza devono essere incrociati con altri dati: quelli relativi alla disoccupazione, alla dispersione scolastica, al depauperamento dei servizi socio-sanitari, ecc. Solo così possiamo affrontare i conflitti cercando di realizzare una società più coesa. Per quanto riguarda il processo formativo, non parliamo solo di corsi ma anche di altre forme di sensibilizzazione. Proprio in questi giorni abbiamo fatto un giro per tutti i distretti di polizia municipale. L’intenzione è quella di proseguire su questa strada».
Matteo Quadrone