In Italia decade la proposta di Gianni Fava, negli States continua la discussione intorno alla legge Sopa. Il diritto d'autore sul web diventa una questione sempre più delicata e difficile da risolvere
Era esploso il putiferio. La Lega per mano/bocca di Gianni Fava aveva proposto un emendamento per imporre ai fornitori di servizi internet di rimuovere dalla rete contenuti “soggettivamente” considerati illeciti. L’avevano soprannominata “legge bavaglio al web“, se fosse stata introdotta una qualunque persona avrebbe potuto richiedere la rimozione di un’informazione da lui stesso considerata illecita.
La norma e’ stata bocciata con l’approvazione di sei identici emendamenti soppressivi presentati da Pdl, Idv, Fli, Api, Pd e Udc. Secondo i contestatori della “legge Fava”, sarebbero stati interessati dal provvedimento tutti i siti (anche quelli giornalistici) e i social network come Facebook e Twitter. Chiunque avesse scritto a un server o un provider avrebbe ottenuto la censura di una notizia o di qualsiasi altro contenuto, compresa la pubblicità.
Già al momento della proposta molti parlamentari si erano schierati contro considerando ciò una forma inaccettabile di censura del web. Ecco un estratto dell’emendamento che Sandro Gozi, capogruppo democratico in commissione Politiche dell’Unione europea e Silvia Velo, vicepresidente della Commissione Trasporti presentarono subito dopo la proposta della Lega:
“La norma della legge Comunitaria che impone ai fornitori di servizi Internet di rimuovere dalla rete contenuti ritenuti illeciti crea una serie di distorsioni contrarie all’intento originario del legislatore europeo e italiano. Per questo abbiamo presentato un emendamento soppressivo. Quella norma potrebbe avere gravi conseguenze in termini di libertà di espressione e di sviluppo del mercato digitale italiano. Il prestatore del servizio, agendo in qualità di mero intermediario non ha la capacità né il compito di accertarsi se i contenuti segnalati siano effettivamente illeciti.”
Dall’altra parte dell’oceano, intanto, la disputa Sopa/Pipa (Stop – Online- Privacy – Act & Protect Intellectual Property Act) non è tramontata. Dopo le minacce di sciopero da parte di Google e Yahoo! e l’oscuramento di Wikipedia del 18 gennaio, il voto è stato rimandato e i candidati alla Casa Bianca (come lo stesso presidente Obama) hanno piano piano preso le distanze dal provvedimento proposto del senatore texano Smith che sino a poco tempo fa sembrava poter mettere tutti d’accordo.
La legge, nella sua stesura originale, permetterebbe ai titolari di copyright statunitensi di agire direttamente per impedire la diffusione di contenuti protetti e al Dipartimento di Giustizia di procedere legalmente contro i siti web accusati di diffondere o facilitare le infrazioni del diritto d’autore.
Con una comunicazione ufficiale il 20 gennaio è lo stesso Smith a fare il punto della situazione dichiarandosi disponibile a rivedere il provvedimento, non certo a ritirarlo: “[…] Il problema della pirateria online è troppo grande per essere ignorato. Le industrie di proprietà intellettuale americana forniscono 19 milioni di posti di lavoro ben retribuiti e rappresentano più del 60% delle esportazioni degli Stati Uniti. Il furto di proprietà intellettuale costa all’economia degli Stati Uniti più di 100 miliardi di dollari all’anno e provoca la perdita di migliaia di posti di lavoro. Non possiamo stare a guardare e non fare nulla mentre queste istituzioni americane subiscono attacchi. Il furto on-line di proprietà intellettuale non è diverso dal furto dei prodotti di un negozio qualunque. E ‘illegale e la legge deve essere applicata sia nel negozio che su internet“.
“Continueremo a lavorare con i proprietari dei diritti d’autore e le aziende Internet, chiederemo alle istituzioni finanziarie di sviluppare proposte per combattere la pirateria online e proteggere il copyright americano. Sono ben accetti contributi da parte di tutte le organizzazioni e i singoli individui che hanno proposte diverse dalle mie per affrontare questo problema.”
Si tratta senza ombra di dubbio di un argomento delicato. Nei giorni scorsi Era Superba ha intervistato l’avvocato Elena Bassoli, esperto di diritto dell’informatica e nuove tecnologie. Le abbiamo chiesto, molto semplicemente, se è illegale scaricare contenuti coperti da copyright dalla rete internet. La risposta è stata altrettanto semplice: no, se non lo si fa a scopo di lucro, non è reato.
E la riflessione sul futuro del diritto d’autore sul web prosegue…
Gabriele Serpe