Avevamo promesso aggiornamenti sul progetto Unlearning, il viaggio di una famiglia genovese alla scoperta di modi diversi di stare al mondo, idee e stimoli per costruire un’economia famigliare impostata sullo scambio e sulla condivisone. Ecco il racconto dei primi due mesi di avventura
Ciao! Siamo Lucio Anna e Gaia e siamo partiti da Genova il 5 Aprile 2014 per un viaggio di sei mesi. Il nostro progetto si chiama Unlearning. Siamo ospiti di famiglie, ecovillaggi e comunità che si stanno muovendo verso una vita più a misura d’uomo. Per viaggiare usiamo il baratto: barattiamo il nostro tempo, la nostra casa e le nostre competenze.
Tutto questo diventerà un documentario: “Unlearning dedicato alle famiglie che vogliono cambiare il mondo”!
Primo problema di un viaggio fatto con il baratto: dimenticarsi il pin del proprio bancomat. Siamo fermi davanti alla banca di Alberobello; io e Anna ci guardiamo dubbiosi. Gaia si scoccia, vuole tornare ai trulli. E voi mi direte: cosa ci fate con una carta bancomat se viaggiate con il baratto? Mentre siamo in giro da quasi due mesi cercando di non usare il denaro, la nostra casa richiede attenzione: i messaggi in segreteria dell’amministratore di condominio ci rincorrono con la rata del tetto.
Ogni volta che la nostra vecchia vita bussa alla porta l’effetto è parecchio strano. Tappa dopo tappa la routine genovese è sempre più lontana, nuove idee si combinano, si mischiano, scacciando il pensiero del pin nell’angolo più nascosto del mio cervello. Quando abbiamo preparato il nostro itinerario di viaggio, abbiamo scelto di essere ospiti di famiglie diverse dalla nostra classica famiglia di città. Famiglie che hanno smesso di delegare il cibo al supermercato, l’istruzione alla scuola, il vicinato al condominio.
Dallo sportello di Alberobello con il bancomat in mano, scrivo questo articolo e penso alla nostra prima tappa, Ciumara Ranni (in siciliano significa “fiumara grande”), un ecovillaggio nato in un’umida valle sopra Siracusa, un posto magico che si prepara ad un’indipendenza energetica totale. I pannelli solari regalano l’energia necessaria per le poche lampadine e i cellulari, nel fiume scorre acqua potabile e l’orto sinergico è pieno di verdura da cucinare o da scambiare con gli agricoltori vicino. Niente carne, latte o latticini: a Fiumara Grande l’alimentazione è strettamente vegana e anche il glutine non è visto così bene.
Adattarsi all’alimentazione in queste prime settimane non è stato così traumatico. Io, onnivoro amante della testa di maiale cotta al forno, lo temevo parecchio ma ai primi giorni di perplessità si è sostituito un benessere profondo. Gaia fa qualche faccia insofferente alle continue zuppe e insalate, salta qualche piatto ma come tutti i bimbi si adatta all’ambiente con pochi sforzi. Ogni sera si addormenta sazia davanti al fuoco.
Anna invece ha iniziato questo viaggio con la convinzione che “il cambiamento inizia dall’alimentazione”. La guardo. Mi sorride. Vedo nei suoi occhi la conferma della sua idea. Più o meno recita così… “Il sistema delle multinazionali alimentari impiega una quantità di energia dieci volte superiore a quella che riproduce sotto forma di cibo, e getta via il 50% del cibo prodotto, contribuendo così al problema strutturale della fame e alla diffusione di malattie come l’obesità e il diabete. Attinge e inquina al 70% dell’acqua del pianeta. Ha distrutto il 75% della biodiversità in campo agricolo e contribuisce per il 40% all’emissione del gas serra. Di contro l’agricoltura attenta alla Terra produce il doppio di quanto consuma, i suoi frutti sono sani e nutrienti; salvaguardia la biodiversità, il suolo, l’acqua. Protegge la terra, gli agricoltori, la salute pubblica”.
Prima di partire ero convinto che la buona alimentazione fosse comunque riservata ai più fortunati dal punto di vista economico, quelli che possono permettersi di comprare arance bio a 5 euro al chilo, che fanno riunione al Gas di quartiere e sovraccaricano Facebook di citazioni dalla facile presa (tipo quello che ho appena fatto qua sopra, tanto per capirci).
Da Ciumara Ranni la prospettiva è diversa. Ci si spacca la schiena. Là il cambiamento è solo questione di coraggio. A Ciumara Ranni l’età media è di 35 anni, e fra ex-correttori di bozze e passati psicologi, si ritorna a zero e un po’ si impara dalla pratica, un po’ dai libri, e quando c’è connessione si scaricano i video di permacultura da internet. I contadini del luogo si sono fermati a mangiare con noi, ci hanno insegnato gli innesti e regalato chili di arance che nessuno raccoglie più (i contadini non sono vegani, loro si fanno una risata… a 80 anni suonati salgono sulla panda e vanno a cucinare l’istrice appena catturata vicino alla cascata).
Chini sui campi, abbiamo tolto le infestanti dal campo di ceci. E mentre il nostro corpo si adattava al lavoro fisico, Gaia imparava ad allontanarsi da noi, passando la giornata ad attraversare il fiume o a costruire improbabili armi con quello che trovava in giro. Anche noi stiamo imparando a fidarci, e a smettere di chiamarla ogni volta che ci scompare dalla vista.
Oltre all’insalata e all’odore della legna, a infondere benessere a Ciumara Ranni è anche il coraggio di Roberto, Francesca e Mirco che stanno investendo in questo progetto la loro vita. Ci ha stupito apprendere che il cambiamento può anche arrivare senza un forte investimento economico, ma non senza caparbietà, coraggio e fermezza delle idee. La casa che li ospita è in comodato d’uso gratuito e, in cambio delle migliorie apportate alla struttura, la comunità avrà in cambio della terra.Terra in cui si sta progettando il vero ecovillaggio in terra cruda, in auto costruzione e con un investimento economico bassissimo.
A proposito di soldi. Sono sempre qui davanti alla banca di Alberobello. Rificco il bancomat nel portafoglio e guardo Gaia. Sul marciapiede della banca si annoia parecchio. Cerco di distrarla. Le chiedo dove vorrebbe essere. Mi dice da Micòl.
Micòl è una mamma fantastica che fa scuola famigliare ai suoi bimbi, siamo stati suoi ospiti. «La scuola pubblica è stata istituita per dare a tutti l’opportunità di apprendere, ma adesso si è cambiato il paradigma e sembra che “eserciti il controllo”», mi raccontava mentre impacchettava la sua cioccolata. «Quando nasci sai che il tuo posto è il mondo. Poi cresci, vai a scuola e ti dicono. Siediti. Quello è il tuo posto. E da lì comincia il tuo cammino nella “cività”».
E se io come genitore volessi dedicarmi all’istruzione dei miei figli? Lo so cosa pensate. Bambini che non parlano con nessuno, che non vedono nessuno, con problemi di socializzazione. Prima di conoscere i figli di Micòl, vi confesso, lo pensavo anche io. Ma la loro vita è così diversa dalla nostra vecchia routine genovese che ci ho messo un po’ a capirli: in viaggio per l’Italia con il furgone, la loro scuola è il viaggio e ogni pretesto è buono per far partire una lezione. Da un po’ di farina, acqua e lievito Micòl tirava fuori una lezione di alimentazione, di matematica (quanto lievito ogni 100 grammi di farina? E se la farina raddoppia?) e di chimica (cosa succede alle molecole quando l’acqua bolle?). Micòl spiegava, Gaia e i suoi bimbi ascoltavano mentre facevano vermi di pasta.
Noi grandi ce ne stavamo cullati in quel piacevole Caos. Micòl non è sempre in viaggio e quando è a casa ospita viaggiatori. Come ha fatto con noi, lei ha sempre qualcuno in casa che la aiuta con le sue attività. Noi l’abbiamo scoperta su www.workaway.info. Sul suo profilo scrive così: “We like to travel and we love to share with other people our experiences. We love to host the world in our family also because we are an home schooling family so we are grateful that our kids can learn from life and not from the books”. Certo che l’energia che Micòl ci mette è incalcolabile. E avere estranei per la casa a cui spiegare sempre tutto da capo non è certo cosa facile. Come conciliare tutto questo con la propria vita? Ne abbiamo parlato un sacco mentre Gaia, Cosimo e Arturo giocavano, leggevano o preparavano la propria pasta al pomodoro.
E come dimenticare, infine, i bimbi di Toti e Tiziana? Abbiamo lasciato casa di Micòl e ci siamo diretti verso l’Etna, alle case di paglia “Felce Rossa”. Abbiamo girato il compost, pulito la strada dalle pietre e le vigne dalle erbacce in cambio di vitto e alloggio. Non ce lo siamo inventato noi: si chiama wwoffing. Qui abbiamo capito come costruire un muro con le balle di paglia e siamo rimasti stupiti dal calore, fisico e umano, di quella casa. Orto sinergico, teatro di paglia, corsi di permacultura: anche qui tutto in direzione del cambiamento. Anche Toti e Tiziana hanno investito tutto nel loro progetto, trasformando la casa di paglia “Felce Rossa” nel loro stile di vita.
«Come fate a spostarvi senza macchina?» ci chiedeva Toti curioso, durante una delle cene che condividevamo ogni sera. Questa “cosa del viaggio con il baratto” gli è piaciuta. «Usiamo i passaggi di BlaBlaCar. È un sito dove ogni utente segnala il suo viaggio in auto, e quanti posti liberi ha. Per esempio oggi abbiamo trovato Sergio che veniva da Ispica a Catania. Grazie al suo annuncio noi abbiamo saputo del suo viaggio, lo abbiamo contattato e la sua macchina, invece che viaggiare con un solo passeggero, era piena. Abbiamo fatto amicizia, condiviso la stessa storia e barattato il viaggio». Tiziana ci guardava perplessa. Le ho fatto vedere il video che abbiamo fatto per spiegare il nostro viaggio su internet e mentre il video passava sul monitor del mio computer pensavo a Genova, a tutte le macchine monopasseggero incolonnate davanti alla nostra Fiumara.
Illuminazione, la targa di una macchina ad Alberobello: BF 667 CT.
Eccolo. Caspita, eccolo il codice del mio bancomat. 667 531.Torno alla realtà. Chiamo Anna, riprendo la mia carta di credito e mi rificco in fila. 667 531. Ora che l’ho scritto su Era Superba se me lo dimentico vengo a cercarlo qui. Sì perché il nostro viaggio è ancora bello lungo. Ora non ho più tempo di raccontare, ma siamo stati in couchsurfing nelle grotte, con Timerepublik abbiamo barattato una consulenza grafica con un altro passaggio, siamo stati ospiti di una barter e di una pittrice calabrese e ora siamo nei trulli da Sergio. Lui salva gli oggetti dai rifiuti, li toglie dal tritacarne del consumo e il trasforma in arte.
Vi racconteremo tutto nel prossimo articolo. Ora è il mio turno in banca. 667531. Mille euro di bonifico. Alla faccia del baratto.
Lucio, Anna e Gaia