In occasione delle celebrazioni per la vittoria nel primo conflitto mondiale arriva la proposta in Consiglio comunale: cambiare l’intitolazione di via Cadorna, per ricordare le migliaia di soldati italiani mandati a morire, o fatti giustiziare in maniera sommaria, dal generale della disfatta di Caporetto
Cancellare Cadorna dalla toponomastica genovese, per dedicare la stessa via ai “Disertori per la Pace”, coloro i quali, cioè, disertarono dal regio esercito, finendo davanti al plotone di esecuzione, per opporsi o sfuggire al macello della Grande Guerra, Questa la proposta che sarà presentata martedì prossimo in Consiglio Comunale da Antonio Bruno, consigliere di Federazione della Sinistra, che, in occasione delle celebrazioni del 4 novembre, ha lanciato l’idea sul proprio profilo facebook. Un’iniziativa che segue quanto fatto dal Municipio VIII – Medio Levante, che tempo fa propose di sostituire il nome del generale con quello del primo soldato morto sul fronte, Riccardo Giusto; una deliberazione che però oggi giace in qualche cassetto degli uffici competenti del Comune di Genova
Secondo il consigliere, questa potrebbe essere «l’occasione per non celebrare più il generale, famoso per una lunga lista di nefandezze tra cui aver portato, insieme al collega Badoglio, i soldati italiani alla disfatta di Caporetto – spiega Bruno – ma soprattutto per la fucilazione di migliaia di soldati che non volevano attaccare postazioni austriache inattaccabili, andando incontro a morte certa». Ma non solo: «Un’occasione per rendere omaggio a chi fu ingiustamente ucciso da un volontario “fuoco amico”». L’attuale intitolazione della via fu scelta, infatti, durante il ventennio fascista, quando fu risistemata tutta la zona intorno al monumento della Vittoria (al centro dell’omonima piazza), per celebrare il successo della giovane monarchia italiana nella Grande Guerra. Un “trionfo” costato la vita a circa 650 mila uomini, che, volenti o nolenti, furono trasformati in soldati dalla legge.
Luigi Cadorna, legato a Genova per aver sposato Maria Giovanna Balbi, nel primo dopo guerra fu celebrato per la resistenza, sulla estrema linea del Pasubio, alla Strafexpedition austriaca, scaturita nel 1916 come risposta all’aggressione italica dell’anno precedente. Suoi anche i “meriti” della presa di Gorizia per la cui conquista morirono 50 mila soldati tra il 9 e il 10 agosto 1916 (Sesta battaglia dell’Isonzo). Ma dietro a questi “successi” si nasconde un vero e proprio fiume di sangue; Cadorna, dal 1915 al 1917, incentrò la sua strategia sulle cosiddette “Spallate dell’Isonzo”: il ripetuto tentativo di sfondamento sul fronte isontino, che macinò circa 400 mila morti. Tutto questo per arrivare alla rotta di Caporetto (oggi Kobadir, Slovenia), quando l’esercito austriaco, approfittando della nebbia e della pessima organizzazione tattica e comunicativa della gerarchia militare italiana (di cui fu responsabile anche Badoglio), sfondò il fronte italiano, arrivando, come è noto, fino al Piave. Questo episodio spinse gli Alleati a vincolare l’invio di aiuti alla rimozione stessa del generale. Cadorna, però, lega il suo nome anche alla durissima disciplina interna: fu sua l’idea dei battaglioni di disciplina da utilizzare in operazioni suicide e dell’utilizzo di squadroni di bersaglieri e carabinieri per costringere con la forza del fucile i fanti all’attacco. Tristemente famoso l’utilizzo del metodo della decimazione di romana memoria, che mirava a punire eventuali diserzioni, semplici insubordinazioni o sbandamenti di interi reparti attraverso il sorteggio casuale dei “colpevoli”, destinati al plotone di esecuzione. Le condanne a morte di soldati italiani furono le più numerose tra i paesi coinvolti nel conflitto. Ampia è la letteratura, anche recente, che quantifica e qualifica l’operato di questo generale, che nella sconfitta scaricò le colpe sulla presunta codardia dei fanti, non riconoscendo le colpe di una dirigenza militare arretrata, anacronistica e ferocemente sanguinaria nei confronti dei soldati considerati alla stregua più di schiavi che di cittadini.
La proposta di dedicare la via ai “Disertori per la Pace” non è solo una provocazione: potrebbe essere un’occasione per incominciare a ragionare onestamente su una pagina della nostra storia ancora appesantita dalla retorica degli anni che la seguirono. Nel centenario della Grande Guerra, è necessario e doveroso lavorare sulla memoria di quello che accadde, senza dimenticare nulla. Iniziare dai simboli è senza dubbio prassi storica, e Cadorna è sicuramente figura totemica di una lunga, e mai tramontata, tradizione di disprezzo della vita e della libertà delle persone.
Nicola Giordanella