Il progetto del Comune prevede la costruzione di una strada, con la conseguente tombinatura del rio Penego e la realizzazione di un complesso residenziale. La prima delibera risale al 1986, da quel momento ha inizio la battaglia...
L’anno scorso sono stati pubblicati gli atti, sono partite le ingiunzioni per gli espropri ai terreni dei privati, e il progetto della nuova strada in via Shelley a Genova Quarto sembrava essere giunto nella fase ultima dell’iter, a un passo dalla realizzazione: invece è arrivato puntuale il settimo ricorso al Tar presentato dai residenti riuniti in comitato.
Ora si attende la data della discussione del ricorso, se il Tar darà ragione ai residenti il Comune si affiderà ancora una volta al Consiglio di Stato, in caso contrario l’appalto potrebbe partire. Un progetto da 8 milioni di euro, che prevede la tombinatura del rio Penego e la costruzione della strada di collegamento, di cui 2,2 milioni sarebbero pagati dai privati come oneri di urbanizzazione in cambio del permesso di costruire 5 palazzi di 4 piani nella valletta dei rio Penego, ovvero in quel versante denominato “collina degli ulivi” di fronte alle abitazioni di via Shelley.
I residenti bocciano con forza la realizzazione delle abitazioni definendo l’intera operazione una speculazione edilizia e chiedono che la strada venga costruita fuori dal terreno di loro proprietà. Allo stato attuale del progetto la parte di tracciato che coincide con la via privata è quella iniziale per chi giunge da corso Europa, e questa sarebbe una delle argomentazioni del loro ultimo ricorso.
Ma cerchiamo di capire meglio. Il nucleo di via Shelley venne realizzato negli anni 60/70 da un gruppo di cooperative, si tratta di una decina di condomini lungo il corso dei rio. Il progetto della strada di collegamento fra corso Europa e Apparizione è una storia “vecchia come il cucco”, risale addirittura all’epoca di Cesare Campart sindaco di Genova, venne infatti deliberata nel 1986 con un piano particolareggiato. Da quel momento una battaglia fatta di tribunali, ricorsi, giudici, Consiglio di Stato, commissario ad acta e chi più ne ha più ne metta ha fatto sì che venissero progettate sette diverse ipotesi di tracciato che oggi, dopo ventisei anni, non hanno portato a nulla di concreto. Negli anni il Comune è riuscito solo a completare il primo lotto di lavori, ovvero la parte a monte del tracciato stradale da via Monaco Simone (tre miliardi di vecchie lire gettati dalla finestra) che non è mai stato aperto perché scatenerebbe una guerra locale fra i residenti di via Shelley, le cooperative a valle chiuderebbero la strada e le auto da via Monaco Simone si ritroverebbero una sbarra a metà del tragitto prima di raggiungere corso Europa.
In sostanza un centinaio di persone riunite in comitato tengono in scacco il Comune di Genova da ventisei anni, forti dei ricorsi vinti al Tar e di una sentenza del Consiglio di Stato che ha bocciato il progetto comunale a causa, soprattutto, di errori procedurali per quanto riguarda la lottizzazione.
Dall’altra parte della valle, invece, il tracciato è considerato un’opera fondamentale. Parliamo del quartiere di Borgoratti, via Posalunga e via Tanini budello di automobili da almeno trentanni, una strada, quest’ultima, che dovrebbe essere a senso unico vista la ridotta larghezza della corsia e che invece è l’unica possibilità di percorso per i mezzi diretti ad Apparizione e da Apparizione verso il centro, costretta a sopportare ad ogni ora del giorno autobus incastrati fra muro e macchine parcheggiate, code interminabili, smog e inquinamento alle stelle… scene di ordinaria amministrazione.
Ma per il Comune di Genova non è solo una questione legata al traffico. A Tursi sostengono che via Shelley sia allo stato attuale una delle zone di Genova maggiormente esposte al rischio idrogeologico, l’ultimo tratto del rio Penego verserebbe in condizioni definite disastrose a causa di tombinatura abusiva realizzata in occasione della costruzione da parte delle cooperative (Comune e Provincia avevano emesso due ordinanze perché le cooperative effettuassero verifiche alla tombinatura del rio, cosa che non è mai stata fatta). La tombinatura non ricalcherebbe fedelmente l’alveo demaniale cadendo anche in terreni privati e la sezione del rio a valle sarebbe troppo stretta e danneggiata, generando una situazione che gli esperti definiscono di “pericolo assoluto”.
Ma non tutti gli esperti sembrano essere dello stesso parere. Se infatti il progetto del Comune ha come priorità la messa in sicurezza idrogeologica, Andrea Agostini di Legambiente sostiene che l’area in questione non sarebbe soggetta a nessun tipo di rischio e che si tratterebbe soltanto di un pretesto per ottenere il via libera al progetto.
«Se andiamo a vedere i documenti della Provincia, la zona di via Shelley è indicata come Zona Azzurra, ovvero non soggetta a particolari rischi idrogeologici. Siamo davanti ad un pretesto per poter realizzare la strada utilizzando parte dei fondi privati di Coopsette che procederà con la costruzione delle palazzine. Per carità, è vero che l’ultimo tratto del rio Penego nella confluenza con il torrente Sturla ha qualche problema da risolvere, ma si tratterebbe di un intervento singolo, su 50/60 metri di corso, non di più. Un intervento che non giustificherebbe certamente la copertura dell’intero rio.»
«Noi non siamo contrari alla costruzione di una strada di collegamento, siamo contrari alla speculazione edilizia – continua Agostini -e appoggiamo la proposta del comitato che è quella di un percorso alternativo, un progetto che costerebbe al Comune molto meno di quello per cui si sta combattendo da anni e anni. Si potrebbe passare più alti, collegare via Monaco Simone alla strada già esistente di Quarto Alta grazie ad una brevissima galleria, nemmeno 50 metri. Le auto sfocerebbero così nel cavalcavia di Quarto potendo poi procedere sia in direzione Nervi che in direzione centro. E’ bene sottolineare che nel progetto del Comune le auto, una volta scese in corso Europa, potrebbero esclusivamente svoltare verso il centro città.»
«Infine – conclude Agostini – l’assessore Mario Margini durante un incontro pubblico ha dichiarato che ci sono i soldi per la tombinatura e per fare la strada sopra la tombinatura… ma solo sino a metà di via Shelley, ovvero sino al termine delle palazzine costruite da Coopsette».
E per quanto riguarda gli abitanti di via Tanini, il quartiere di Borgoratti non è la prima vittima in questa storia? «Negli anni passati via Tanini è stato il teatro di una speculazione edilizia senza precedenti – afferma Agostini – i cittadini hanno venduto i terreni al Comune perché venissero costruiti palazzi su palazzi, portando così la portata abitativa a livelli incontrollabili e decisamente superiori alle reali e concrete possibilità della zona. Quello che vive via Tanini ogni giorno, purtroppo, è il risultato di un errore del passato, un errore la cui responsabilità è anche degli stessi abitanti, magari non direttamente di chi ci vive ora, ma dei padri o dei nonni…”
Gabriele Serpe
Perché non ripetete l’inchiesta oggi smascherando i “falsari” di via Shelley dopo le ripetute alluvioni degli ultimi tre mesi e la conseguente chiusura della strada?
Sono a vs disposizione le fotografie dello stato di grave pericolo della tombinatura ed altro.