Il trasferimento di proprietà prevede il pagamento di un'imposta di registro all'Agenzia dell'Entrate. Dopo il divorzio i due coniugi si mettono d'accordo e pagano metà per uno l'importo richiesto. Ma se si tratta di indennizzo, la situazione cambia...
Una nostra lettrice mi ha posto qualche settimana fa un quesito interessante che può essere utile riportare qui perché sono convinto possa riguardare anche tante altre persone. Cerco di sintetizzare: “Io e mio marito abbiamo deciso di fare un divorzio congiunto dove concordavamo il trasferimento dell’intera proprietà dell’appartamento ove vivo e risiedo in capo a me; abbiamo anche stabilito la somma che mi avrebbe versato a tal fine. Venivamo rassicurati dal nostro avvocato che quel tipo di operazione era esente da qualsivoglia tributo. Poi è arrivata la doccia fredda: l’Agenzia delle Entrate mi invia richiesta di pagamento dell’imposta di registro...”
Effettivamente corrisponde al vero quanto le ha detto l’avvocato, sempre che quest’ultimo abbia correttamente impostato la questione giudiziaria da un punto di vista formale.
In altre parole, se l’avvocato nel ricorso depositato ha parlato in maniera esplicita di trasferimento di proprietà, nulla si può imputare all’Agenzia delle Entrate: quella è un’imposta di registro, certo, ma dovuta alla trascrizione che è elemento necessario ed inequivocabile per fare sì che i terzi, ovvero il mondo, venga a conoscenza di quel trasferimento di proprietà.
Se l’avvocato avesse utilizzato altri termini in vece di “trasferimento di proprietà” (che ne so, “indennizzo”, “risarcimento”, “versamento forfettario” per esempio), per l’Agenzia delle Entrate sarebbe stato ben difficile emettere un avviso di pagamento come quello ricevuto dalla lettrice.
Si noti bene, il pagamento viene richiesto in solido ad entrambi i coniugi: non importa chi paga, basta che si paghi la somma richiesta. Di solito si fa metà per uno e la pace è fatta, divorzio permettendo…
Alberto Burrometo
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