Riforma elettorale e riforma costituzionale firmata Matteo Renzi: è davvero così difficile capire che l'autoritarismo interno e l'europeismo di facciata sono lo stesso attacco coordinato alla nostra Costituzione?
La critica al “riformismo” renziano sta crescendo a vista d’occhio. Domenica Il Fatto Quotidiano titolava a tutta pagina: “La Democrazia Autoritaria”, con tanto di grafica stile impero romano e la la faccia di Renzi sul busto di Augusto. Seguiva un lungo editoriale di Marco Travaglio che illustrava in 10 punti chiave il combinato letale di riforma elettorale e riforma costituzionale, in grado di produrre “un regime da “uomo solo al comando” senza opposizioni né controlli né garanzie“. Mercoledì sullo stesso giornale Maurizio Viroli commentava un saggio di Calamandrei del 1944, scrivendo: “Matteo Renzi e i suoi sodali, se riusciranno a realizzare il loro progetto di devastazione costituzionale, creeranno un’autocrazia, vale a dire un governo di pochi senza pesi e contrappesi degni del nome, sotto le apparenze […] di un regime democratico“.
Parallelamente si svolgeva a Roma un incontro promosso da Libertà e Giustizia per discutere delle stesse proposte di riforma con costituzionalisti ed esponenti “critici” del Partito Democratico. Domenico Gallo, giudice della corte di Cassazione, dichiarava: «Come Berlusconi pochi anni fa anche Matteo Renzi insegue lo stesso modello: quello di un solo uomo al comando, capace di decidere sciolto dai vincoli, i condizionamenti e gli ostacoli che hanno afflitto i capi politici durante la storia della Repubblica». Dello stesso tenore la costituzionalista Lorenza Carlassare: «Quella che è in gioco non è solo la democrazia costituzionale, ma forse la democrazia nel suo complesso». Ancora più duro Massimo Villone, ex PDS e docente di Diritto Costituzionale: «Quando un governo ha in mano tutto e ha sotto di sé una maggioranza garantita e inerte in Parlamento, ha accesso ai diritti costituzionali: sono in pericolo i diritti di libertà».
Questi giudizi dimostrano che ero stato anche troppo tenero quando avevo scritto a inizio febbraio che: “il progetto di riforma di Renzi […] ha lo stesso identico obiettivo di rafforzamento dell’esecutivo che è da sempre storicamente un obiettivo delle destre“. O forse nel frattempo è cresciuta la consapevolezza e la frustrazione per il decisionismo di un leader che dovrebbe rappresentare, teoricamente, una forza “socialdemocratica”. Adesso è ripartita la contestazione della società civile.
Sta rinascendo, infatti, quel fronte critico, per quanto minoritario (e forse anche un po’ elitario), che nel passato recente ha svolto un ruolo importante nell’opporsi ai progetti di sfascio costituzionale di Berlusconi. E oggi questo fronte, per via della sua autorevolezza e del suo carisma, qualora si allargasse, potrebbe anche arrivare a diventare una minaccia per la compattezza del Partito Democratico.
Tuttavia, al di là di quello che possa essere il reale peso di queste iniziative, resta comunque una buona notizia il fatto che esista ancora una coscienza critica; che i nostri intellettuali non si mostrino interamente adagiati, per mera convenienza, sul pensiero dominante. Per cui, vista la mal parata generale, si potrebbe anche registrare, finalmente, un dato positivo. Se non fosse per un piccolo dettaglio.
A tutti questi “spiriti critici”, a questi giornalisti “spine nel fianco” del potere, a questi parlamentari “ribelli”, a questi insigni giuristi e a questi fini costituzionalisti proprio non viene di fare una domanda elementare: e l’Europa che fine ha fatto? L’Unione Europea, vincitrice del nobel per la pace, unico baluardo tra noi e la terza guerra mondiale, presidio di civiltà, garante dei diritti civili, custode del rigore economico, sempre pronta a farsi sentire quando in ballo ci sono parametri economici, stavolta, rispetto a questo disegno eversivo, non ha niente da obiettare?
E poi si potrebbero unire i puntini. Il fronte politico-istituzionale Napolitano-Renzi-PD, che è il principale fautore di questo progetto di riforma, è lo stesso che si rifiuta anche solo di prendere in considerazione la semplice idea che l’UE possa essere messa in discussione; è lo stesso che prende impegni per continuare “le riforme”, che poi si scoprono essere queste concezioni liberticide – che però non possono essere discusse perché ne va della nostra “credibilità”.
Non è strana la coincidenza? Non viene il dubbio che le due cose possano essere connesse? Non nasce il sospetto che Babbo Natale non esiste, ossia che la spinta all’unificazione politica europea non sia una cosa tanto buona che un’illuminata élite internazionale vuole regalare ai popoli per il loro bene, ma sia in realtà un modo per creare un nuovo assetto istituzionale? Che serva proprio a scardinare quelle costituzioni antifasciste, ispirate al bene pubblico e allo stato sociale, che danno tanto fastidio agli analisti di JP Morgan?
Solo Travaglio ha le decenza di ricordare, nel succitato articolo, che i cittadini saranno “scippati della sovranità nazionale (delegata a misteriose e imperscrutabili autorità europee)“. Ma è poca cosa. Capisco che tutte queste grandi personalità non si preoccupino di leggere quello che scrivo io: ma è davvero così difficile capire che l’autoritarismo interno e l’europeismo di facciata sono lo stesso attacco coordinato alla nostra Costituzione?
Andrea Giannini