La democrazia italiana è una matriosca: la apri e dentro ci trovi un'altra democrazia; che si apre anch'essa, rivelando a sua volta ancora un'altra democrazia. E così via. In questo gioco meraviglioso, di democrazia in democrazia, di maggioranza in maggioranza, si arriva alla fine all'ultima bambola: un segretario di partito indicato da appena il 3% della popolazione italiana
L’Italia è un paese meraviglioso. Ma soprattutto è un paese profondamente democratico, dove la democrazia è davvero rispettata e ossequiata nel suo spirito più genuino.
Tutto origina dal popolo che si autogoverna eleggendo i suoi rappresentanti. In realtà non proprio tutto il popolo, perché per votare occorre avere diciotto anni. Ad esempio alle ultime politiche gli aventi diritto erano l’83% della popolazione. Ma decide pur sempre la maggioranza: e naturalmente gli altri, per rispetto della democrazia, si devono adeguare. Naturalmente.
Una scelta democratica è anche quella di esprimere dissenso o distacco dalla politica non partecipando al voto. L’anno scorso, ad esempio, i votanti per la Camera dei Deputati sono stati il 75% degli aventi diritto. Però decide sempre la maggioranza: e naturalmente quelli che non hanno votato, per rispetto della democrazia, si devono adeguare. Naturalmente.
Poi i rappresentanti del popolo, così democraticamente eletti, procedono a formare una maggioranza di governo. Ad esempio il governo Renzi alla Camera conta su un sostegno di 388 voti su 630. Dunque decide sempre la maggioranza: e naturalmente gli altri parlamentari, per rispetto della democrazia, si devono adeguare. Naturalmente.
All’interno della maggioranza di governo, però, i gruppi parlamentari minori non possono votare contro i provvedimenti dell’esecutivo. Possono farlo solo sulle questioni secondarie; ma rispetto ai punti più rilevanti, per i quali il governo pone la fiducia, un eventuale voto contrario della minoranza metterebbe a repentaglio la sopravvivenza della maggioranza (il famoso ricatto dei partitini): e questo sarebbe “manifestamente” antidemocratico. Ad esempio, in questo momento alla Camera i gruppi minori della coalizione di governo hanno tutti insieme solo 90 seggi: che è poca cosa rispetto ai 298 del Partito Democratico. Pertanto, anche se quest’ultimo aveva incassato solo il 27% dei voti della gente, in Parlamento bisogna che a decidere sia sempre la maggioranza: e naturalmente gli altri deputati, per rispetto della democrazia, si devono adeguare. Naturalmente.
Il partito di maggioranza relativa a sua volta deve decidere la linea politica da tenere. Ad esempio, il PD ha inventato uno strumento molto democratico: le primarie, con le quali elegge sia il suo segretario che l’Assemblea Nazionale. E nelle primarie del 2013 è stato eletto Matteo Renzi con oltre il 67% dei consensi. Pertanto, come si vede bene, ancora una volta decide la maggioranza: e naturalmente gli altri iscritti, per rispetto della democrazia, si devono adeguare. Naturalmente.
Infine, a maggior garanzia, sono poste delle limitazioni al potere del segretario e dei suoi fedelissimi. Infatti i mille membri che compongono l’Assemblea Nazionale, più varie assemblee regionali, eleggono a loro volta i membri della Direzione Nazionale, che può esprimere un indirizzo politico anche contrario rispetto a quello del segretario. Cosa che non è successa, a dire il vero, lo scorso 28 settembre, quando la Direzione ha confermato in pieno la linea di Renzi sul tema del lavoro. Eppure bisogna considerare che Renzi ha incassato 130 voti favorevoli su 161: un ottimo 81%. Dunque, anche questa volta a decidere è stata la maggioranza: e naturalmente gli altri membri della direzione, per rispetto della democrazia, si devono adeguare. Naturalmente.
Con ciò si dimostra che l’Italia è un paese perfettamente democratico. A decidere è solo Matteo Renzi: ma non certo perché sia un leader populista, pilotato da alcuni poteri forti e tollerato da altri (già pronti a sostituirlo, non appena completato il lavoro sporco). Certo che no: anzi, è l’esatto contrario. Renzi è lì a portare avanti le sue idee semplicemente perché siamo in democrazia. E in ossequio a questa democrazia ha avuto il sostegno – attenzione a non perdersi – dell’81% di 160 membri della Direzione, eletti da 1400 membri dell’Assemblea, eletta sulle base delle stesse consultazioni primarie che avevano incoronato Renzi con il 67% dei consensi; primarie a cui aveva partecipato un numero di elettori pari al 34% di quel 27% che aveva votato PD alle ultime elezioni politiche; politiche alle quali aveva partecipato il 75% dei votanti sull’83% degli aventi diritto!
La democrazia italiana, insomma, è una splendida matriosca: la apri e dentro ci trovi un’altra democrazia; che si apre anch’essa, rivelando a sua volta ancora un’altra democrazia. E così via. In questo gioco meraviglioso, di democrazia in democrazia, di maggioranza in maggioranza, si arriva alla fine all’ultima bambola: che è un segretario di partito indicato da appena il 3% della popolazione italiana.
Ora, questo in apparenza non sembrerebbe propriamente un concetto democratico. Ma se guardiamo meglio, capiamo subito che non c’è nulla di cui preoccuparsi: quella minoranza in realtà non ha esercitato un potere elettivo esclusivo; perché nei fatti, per fortuna, Renzi sta facendo tutto il contrario di quello che aveva promesso! Naturalmente.
Andrea Giannini