Crisi di governo e ritorno alle urne? Un nuovo stallo politico non è ipotizzabile. Sono altre le cose che devono farci paura, come la deintustrializzazione con svendita di aziende e marchi italiani e le analogie fra la repubblica di Weimer e la Grecia di oggi
Ora che siamo sull’orlo di una nuova crisi politica, davvero non ce la faccio a strapparmi i capelli. Sono mesi che cerco di spiegare perché il governo Letta non ha alcun senso: perché si è formato calpestando vergognosamente il responso delle urne, perché pretende di annullare le differenze tra destra e sinistra attraverso una rappresentazione unilaterale della crisi, e perché era già condannato a fine certa sin dall’inizio, avendo legato il proprio destino politico a una promessa di crescita che è un bluff. Tutto questo senza considerare la bomba a orologeria della situazione giudiziaria di Berlusconi: la quale magari è deflagrata prima del previsto, ma che comunque scandiva sin dal principio un ticchettio funesto per il destino dell’esecutivo, sia per la quantità e la serietà dei procedimenti pendenti, sia per la pressante pretesa di impunità del Cavaliere, che non poteva essere ignorata. E con la condanna definitiva era facile prevedere il destino che attende Letta junior.
Si, lo so che c’è lo spread che sale, la borsa che scende, la credibilità a rischio e gli investitori sconcertati proprio adesso che, grazie al “serio” discorso a New York del nostro “concreto” premier, erano già quasi alle porte del paese con valigie stracolme di denaro da regalare alle nostre imprese. Ma queste obiezioni lasciamole agli altri. Noi sappiamo già come stanno le cose: ed è facile prevedere che la speculazione si farà sentire, ma non ci massacrerà, almeno fintanto che non si capisce che piega prenderanno gli eventi. E qui mi par già di sentire quelli che lamentano la mancanza di “alternative politiche”.
Ribadiamolo una volta per tutte: le alternative si creano quando si pone in concreto il problema. Dire che non c’è alternativa a PD e PDL, dal momento che questi partiti nelle loro varie mutazioni occupano militarmente la scena politica da vent’anni, è una tautologia, un’ovvietà; ma quando queste forze cominceranno a precipitare, allora si creerà la domanda di nuova offerta politica e si svilupperanno nuove proposte. Lasciamo dunque che i partiti si autodistruggano, se è questo quello che hanno deciso di fare. Altri ne verranno.
Un’ulteriore obiezione è che, se si andasse alle elezioni senza una nuova legge elettorale, ci sarebbe il rischio di una replica della situazione di questa primavera: ossia un pareggio tra i tre maggiori partiti. Ora, posto che la legge elettorale andrebbe certamente cambiata, non credo che da essa dipendano le future sorti del paese. Innanzitutto non è detto che si vada ad elezioni, perché forse c’è il modo di formare un nuovo esecutivo. Secondariamente, se davvero si dovesse tornare a votare, è difficile che lo scenario non muti radicalmente.
Proviamo ad immaginare: non solo ci troveremmo un pregiudicato che fa campagna elettorale dagli arresti domiciliari, ma anche – cosa ben più importante – verrebbe sancito il fallimento di Napolitano, che aveva scelto di abbandonare i confini strettamente istituzionali per rivestire un vero e proprio ruolo politico e che, per coerenza con quanto dichiarato il giorno della rielezione, dovrebbe dimettersi. Grillo, dal canto suo, dovrebbe chiedersi seriamente cosa vuol fare da grande, non avendo più le larghe intese come obiettivo polemico. E forse sarebbe il turno di Renzi. Insomma, impossibile prevedere le conseguenze, ma certo tutti sarebbero costretti a fare le loro mosse: per cui un nuovo stallo non è ipotizzabile.
Infine qualcuno sostiene che potrebbe persino vincere Berlusconi… ma francamente mi pare una boiata pazzesca. Che Forza Italia 2.0 possa fare più di PD e M5S messi insieme è più che inverosimile, a meno di un suicidio pianificato. E’ pur vero che il Cavaliere mantiene intatto il proprio indice di gradimento nei sondaggi anche dopo la condanna definitiva, ma di che ci stupiamo? Non è forse lo stesso PD che fino a ieri teorizzava la necessità di tenere separati gli esiti giudiziari dal governo del paese?
No, comunque la si guardi, non è la crisi di governo che deve spaventare: sono altre le cose che fanno davvero paura in questo momento. Ad esempio stiamo assistendo impotenti ad un’assurda svendita di marchi e aziende italiani: una vera e propria deindustrializzazione che garantisce profitti agli acquisitori esteri, mentre consegna a noi un paese sempre più povero. E poi ci sono le inquietanti analogie tra la repubblica di Weimer degli anni ’30 e la Grecia di oggi: una paurosa recessione, un enorme debito pubblico, una politica economica suicida, una popolazione allo stremo e un partito ultra-xenofobo pronto al colpo di Stato.
Andrea Giannini