Presentati a Genova i progetti di legge per l’introduzione del reato di tortura, la riforma delle carceri e la depenalizzazione del consumo di droghe. Necessarie 50 mila firma in tutta Italia: code di firmatari in piazza De Ferrari
Introdurre il delitto di tortura nel codice penale, cambiare la legge Fini-Giovanardi sul consumo di droghe, restituire dignità ai detenuti ripristinando la legalità nelle carceri superaffollate: tre punti cardine per il presente e il futuro della giustizia democratica nel nostro Paese che un “cartello” di oltre venti associazioni (www.3leggi.it), impegnate a vario titolo nel sociale, ha tradotto in progetti di legge di iniziativa popolare.
Affinché le proposte vengano prese in esame dal Parlamento, come previsto dall’art. 71 della Costituzione, sono necessarie le firme di almeno 50 mila elettori, entro il 31 luglio. Un traguardo tutt’altro che impossibile a giudicare dalla costante affluenza di firmatari, in prevalenza under 30, che ieri pomeriggio (martedì 9 aprile ndr) hanno affollato l’apertura della campagna di raccolta a Genova, nello Spazio Aperto di Regione Liguria, in piazza De Ferrari, affiancati da volti molto noti in città come don Gallo, Luca Borzani e i coniugi Giuliani.
In giorni cui va tanto di moda parlare di programmi di governo, ecco una proposta concreta, dal basso.
I tre progetti di legge sono assolutamente autonomi ma interconnessi tra loro, come spiega Patrizia Bellotto di Cgil Liguria, tra le organizzatrici della raccolta firme: «Il filo comune della nostra iniziativa è il rispetto della dignità delle persone. Le carceri sono strapiene anche perché c’è chi paga un prezzo assurdo per qualcosa che non può essere un reato, come la clandestinità che punisce una condizione dell’individuo e non il compimento di un’azione illegale. Discorso simile si può fare per le pene derivanti da consumo di droghe leggere, che si sono trasformate in un sovraffollamento degli istituti penitenziari, senza alcuna possibilità di recupero per gli individui».
Ma vediamo nel dettaglio di cosa parlano i tre progetti di legge.
DELITTO DI TORTURA
La prima proposta è immediata e mira a introdurre nel Codice penale un articolo 608-bis dedicato al reato di tortura, colmando così una grave lacuna come imposto dal diritto internazionale. In questo caso, il testo ricalca la definizione di tortura codificata dalla Convenzione delle Nazioni Unite: “Il pubblico ufficiale o l’incaricato di pubblico servizio che infligge ad una persona, con qualsiasi atto, lesioni o sofferenze, fisiche o mentali, al fine di ottenere segnatamente da essa o da una terza persona informazioni o confessioni, di punirla per un atto che essa o una terza persona ha commesso o è sospettata di aver commesso, di intimorirla o di far pressione su di lei o su di una terza persona, o per qualsiasi altro motivo fondato su ragioni di discriminazione, è punito con la reclusione da quattro a dieci anni. La pena è aumentata se ne deriva una lesione personale. È raddoppiata se ne deriva la morte. Alla stessa pena soggiace il pubblico ufficiale o l’incaricato di pubblico servizio che istiga altri alla commissione del fatto, o che si sottrae volontariamente all’impedimento del fatto, o che vi acconsente tacitamente”. Inoltre, si vieta al governo italiano di garantire l’immunità diplomatica a stranieri condannati per questo reato in un altro Paese e se ne impone l’estradizione.
«L’introduzione del reato di tortura è un punto fondamentale per il nostro ordinamento – ha commentato l’avvocato Alessandra Ballerini – basti ricordare la sentenza sul processo del G8 in cui viene ribadito che se tale reato fosse stato previsto, alcuni poliziotti e alcuni medici avrebbero dovuto risponderne».
Secondo Stella Acerno di Amnesty International Liguria la questione è, inoltre, «strettamente legata alla formazione delle forze dell’ordine, che devono essere attori chiave del sistema di tutela e garanzia dei diritti, temi su cui ci interrogano, ad esempio, le sentenze sui casi Sandri, Aldrovandi e Cucchi».
Più complessi i 26 articoli che puntano a una riforma del sistema detentivo italiano per ridurre il sovraffollamento delle carceri. «C’è una riscoperta sensibilità sul tema delle carceri, forse anche grazie alla recente sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo che l’8 gennaio ha condannato l’Italia per tortura» sottolinea Ballerini, che prosegue: «In Italia ci sono attualmente 66mila detenuti a fronte di una capienza massima di 44mila. In questo momento, se una persona finisce in carcere, sa che sarà sottoposta a tortura: vogliamo evitare che chi deve scontare una pena detentiva, entri in carcere finché non sia garantita la tutela della propria dignità».
Tra i principali obiettivi di questo progetto di legge vi sono la conversione della pena in caso di mancanza di posti disponibili nelle case circondariali, la modifica delle disposizioni della legge ex Cirielli sulla recidiva, l’abrogazione del reato di clandestinità previsto dalla legge Turco-Napolitano, l’istituzione di sanzioni alternative per i reati che al momento prevedono una detenzione fino a sei anni e l’introduzione di un Garante nazionale dei detenuti che vigili sullo stato delle carceri italiane.
DROGHE
La terza proposta, infine, vuole modificare l’attuale impianto legislativo sul consumo di droghe, superando il sistema punitivo introdotto dalla legge Fini-Giovanardi, per giungere a una radicale depenalizzazione del consumo e a una netta differenziazione tra assunzione di droghe leggere e pesanti. «Con questa terza legge – conclude l’avvocato Ballerini – puntiamo a una profonda riforma delle azioni che dovrebbero garantire l’accesso ai programmi di recupero per i detenuti tossicodipendenti in contrapposizione agli inutili percorsi punitivi».
Simone D’Ambrosio