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L'occidente temeva un processo rischioso per i tanti scheletri nell'armadio. L'Europa ha voluto la guerra e la morte violenta ne fa parte: vietato condannare
Perché l’opinione pubblica sente l’esigenza di “condannare”? Qual’è il senso della “condanna” espressa su tv e giornali da forze politiche ed opinionisti? Che esigenza abbiamo di definire ciò che è male? Siamo forse un dio che deve dividere i buoni dai cattivi?
Giovedì, ad esempio, muore Gheddafi. C’era bisogno di dire che è morto in un modo che non si augura a nessuno? C’è qualcuno che non s’era accorto dell’atrocità della cosa? C’è forse il rischio di un qualche emulo esaltato? E allora perché aggiungere all’ovvio un biasimo ipocrita?
Invece che domandarsi se la frettolosa morte del Raìs non sia servita alle diplomazie occidentali per evitare un processo, magari a porte aperte, dove sarebbero potuti spuntare fuori imbarazzanti scheletri nell’armadio, l’opinione pubblica si affretta a “condannare”.
Mi chiedo che titolo abbiamo noi occidentali, e in particolare noi Italiani, di giudicare. Forse che noi ci siamo comportati meglio con i nostri dittatori? Non abbiamo fatto scempio anche noi del cadavere di Mussolini? Ci siamo già dimenticati dei calci, dei proiettili, degli ortaggi che non i militari, ma la popolazione, “brava gente”, ha scagliato contro una salma senza vita? Ci siamo dimenticati che ci fu chi urinò sul cadavere dell’incolpevole Claretta Petacci, la quale venne poi appesa a testa in giù senza mutande, prima che un parroco non avesse il pudore di fermarle la gonna con una cintura?
Probabilmente oggi, dal nostro comodo punto di vista, ci farebbe piacere dimenticare il passato e immaginare una realtà più pulita. Peccato che le cose non stiano così. Non si scopre oggi che la guerra genera mostri. E’ odio, rancore, desiderio di vendetta, di annichilimento del nemico. E’ questo che abbiamo voluto e promosso in Libia, da Sarkozy fino allo stesso Napolitano: abbiamo voluto che i Libici si uccidessero tra di loro. Cos’altro ci potevamo aspettare? Morire sotto una bomba, ustionati dentro un cingolato o massacrati da una folla inferocita è davvero tanto meglio rispetto a quello che è capitato a Gheddafi? Quanti soldati lealisti caduti in mano nemica sono morti, non ripresi dalle telecamere, in modo persino peggiore del Colonnello? Quanti ribelli torturati a morte nelle prigioni di Tripoli? Eppure sono queste le cose che sono andate in scena fino a ieri: violenze e barbarie, che hanno chiamato altre violenze e altre barbarie. Fino all’epilogo di giovedì.
E ora ci vogliamo arrogare il diritto di tagliare con la spada i massacri giusti da quelli sbagliati? Una spirale d’odio e di sangue è una macchina che non si ferma a comando. Capisco che la diplomazia internazionale viva anche di queste ipocrisie. Ma l’opinione pubblica non può lavarsi la coscienza così facilmente. La guerra di liberazione era davvero giusta? Andava davvero appoggiata con l’aviazione della NATO?
Beh, allora anche la fine di Gheddafi fa parte di quello che abbiamo appoggiato. E’ la guerra, bellezza: si prende tutto il pacchetto. Ed è per questo motivo che suscita tanto orrore.
Andrea Giannini