Letta e il PD hanno una strategia: la crisi tornerà a mordere le caviglie, l'obiettivo è portare Berlusconi a far cadere il governo prima di ottobre per poter scaricare su di lui le responsabilità e, intanto, spaccare il M5S con attività di scouting...
Questa volta sembrerebbe proprio che il PD sia seriamente intenzionato a togliere di mezzo Berlusconi. Di sicuro – l’abbiamo detto – molto, se non tutto, si deve alla presenza del M5S, che rischierebbe di fare man bassa di voti qualora i dirigenti democratici derogassero alla linea dell’anti-berlusconismo. Senza questa concretissima minaccia, probabilmente le cose sarebbero andate come sono sempre andate negli ultimi vent’anni: sarebbe arrivato il soccorso rosso – un escamotage partorito da qualche mente brillante della sinistra italiana – che avrebbe rimesso in sella ancora una volta il Cavaliere dimezzato. Tuttavia, un conto è adattarsi passivamente e contro voglia a una strada segnato, un altro conto è prendere atto della situazione e cercare di sfruttarla a proprio vantaggio. E potrebbe essere che, per una volta, il PD abbia deciso di imboccare questa seconda strada.
Ovviamente non c’è nulla di concreto: stiamo parlando di sensazioni; e visti i soggetti, ogni previsione è un azzardo. Eppure (starò impazzendo, ma…) pare proprio che questa volta il PD abbia una strategia.
Si, lo so: sembra assurdo. Proviamo però a riconsiderare le dichiarazioni di queste settimane. Non passa giorno senza che qualcuno non ricordi quali terribili disgrazie ci attendono, se Berlusconi fa cadere il governo: i sacrifici fatti vanificati, il ritorno della recessione, la calata dei lanzichenecchi della Commissione Europea, un paese allo sbando, carestia, povertà, cavallette, terremoti e tutte le sette piaghe d’Egitto. Benché a fare di queste osservazioni non sia il solo governo Letta (che si trova anzi nella buona compagnia di un fronte compatto che va da Bruxelles alla Confindustria), mi pare di scorgere, tuttavia, una strana insistenza da parte degli esponenti del PD, quasi a voler mettere le mani avanti. Se a ciò si aggiunge la reazione di Epifani al video-messaggio di Berlusconi, una reazione tanto più insolitamente dura, quanto più si consideri l’evidente reticenza del Cavaliere di fronte all’ipotesi di staccare la spina al governo Letta, ecco che viene quasi il sospetto che a sinistra qualcuno sia interessato ad accelerare la crisi di governo.
Si tratterebbe di un retro-pensiero del tutto opposto a quello che appare in facciata: eppure sarebbe un pensiero logico, considerando lo stato dell’economia. Infatti, questa microscopica inversione di tendenza che stiamo registrando – lo sanno tutti, e a maggior ragione non può essere ignorato dai dirigenti del PD – dipende in gran parte dal fatto che gli aggiustamenti fiscali, come l’aumento dell’IVA o la copertura da garantire dopo l’abolizione dell’IMU, sono stati finora rimandati: il che ha permesso un temporaneo allentamento della morsa tributaria a tutto vantaggio dei consumi. Insomma, paradossalmente il governo se la sta cavando proprio perché non sta facendo nulla; non ha fatto cioè quelle “riforme” grazie alle quali, in teoria, il paese dovrebbe star bene, e senza le quali, tuttavia, in pratica sta molto meglio.
Di converso si rischia di sforare il tetto del 3% di deficit, obiettivo che avevamo raggiunto appena qualche mese fa e che era stato ratificato dall’Unione Europea con la chiusura della procedura di infrazione (sbandierata come un successo della serietà di Letta, ma in realtà diretta conseguenza dei tagli di Monti). Purtroppo l’attuale governo ha una linea troppo filo-europeista per mettere i discussione i rigidi parametri di bilancio imposti da Bruxelles; e il risultato è che Letta e il PD sono stretti tra l’incudine dei piccoli accenni di ripresa, che vanno a scapito dei conti pubblici, e il martello del rigore contabile, che va a scapito dell’economia. In autunno si dovrà fare i conti con la realtà: o si fa contento Olli Rehn con nuove tasse, o si fa contento il paese sforando il deficit. In ogni caso ne uscirebbe del tutto sconfessata la linea dell’esecutivo, che pretende di coniugare il rigore (la famosa “credibilità” a livello europeo) con la crescita.
Una bella gatta da pelare. Che però Berlusconi potrebbe provvidenzialmente risolvere aprendo la crisi. A quel punto i dirigenti del PD potrebbero scaricare interamente sul Cavaliere ogni responsabilità per i problemi che arriveranno in autunno: “Andava tutto così bene! Se solo quel conclamato evasore di Berlusconi non avesse smesso di sostenere il governo, avremmo potuto continuare nel risanamento, migliorando i conti pubblici, consolidando la crescita, rafforzando la nostra credibilità…” e via col vento delle panzane.
Il piano potrebbe essere già pronto: “scouting” selvaggio a scapito del M5S (ossia una sfacciata compravendita di parlamentari), combinato con una martellante campagna mediatica sui rischi dell’ingovernabilità. A quel punto i grillini potrebbero spaccarsi sull’esigenza di dare un governo al paese, e una parte di essi potrebbe andare a sostenere un nuovo esecutivo a guida PD. In quest’ottica assumerebbe senso anche la decisione di Napolitano di nominare quattro senatori a vita, utili proprio a rimpolpare i voti di una nuova ipotetica maggioranza.
Se il piano non avesse successo, invece, si tornerebbe alle urne, con esiti incerti: ma almeno il PD eviterebbe di venire asfaltato, tornando dagli elettori con il carico di un’alleanza impresentabile fortemente voluta e finita male, un europeismo sterile e controproducente, ed infine un’economia italiana, di cui la Costa Concordia sarebbe davvero lo specchio più fedele. E’ stata risollevata, è vero: ma solo per essere demolita.
Andrea Giannini