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Furti e scandali della classe politica italiana: non è un problema di soldi

Il sistema Italia consiglia agli uomini di potere di circondarsi di cretini, disonesti, senza reputazione e quindi facilmente ricattabili. La prima regola è tenere le eccellenze lontane


5 Ottobre 2012Rubriche > "Polis" Critica Politica

Lo scandalo del consiglio ragionale del Lazio ha riportato all’attenzione generale il problema della degenerazione di questa classe politica, facendo divampare su tv, radio e giornali una propaganda “anti-casta” che probabilmente fa invidia a Beppe Grillo.

La cosa fa anche un po’ sorridere: per anni la grande informazione è andata al rimorchio proprio di questa stessa classe politica, che minimizzava, distingueva, prometteva e puntualmente, alla resa dei conti, non faceva un bel nulla. Comunque – si potrebbe pensare – finalmente ci sono arrivati: meglio tardi che mai!
E invece no. Sta passando il messaggio, infatti, che il problema siano i soldi rubati da una politica degenerata e sprecona, che va rottamata. Eppure, per quanto possano rubare i vari Lusi, Belsito e Fiorito l’importo sottratto non sarà mai così rilevante da poter essere comparato con i molti zeri dei problemi economici italiani o con i moltissimi zeri dei giochi dei mercati finanziari. Ciò non significa che gli scandali della classe politica siano irrilevanti: tutt’altro. Solo non è un problema di cifre: è qualcosa di più profondo.

Per molti commentatori, il malaffare che emerge giorno dopo giorno in seno alla politica italiana è ormai una metastasi. Ma la realtà è ancora peggiore. Siamo già oltre il cancro, oltre la malattia endemica: altrimenti non si capirebbe come mai i partiti non siano riusciti e non riescano tuttora, nemmeno dopo un’indignazione collettiva così aspra, a darsi dei codici di autoregolamentazione o delle leggi che arginino il malcostume imperante.

Si sente dire spesso in questi giorni che la migliore pubblicità a favore dell’antipolitica viene proprio dagli scandali della politica. Ed è vero. Ma allora bisogna concludere che se una classe politica cosciente di viaggiare verso l’autodistruzione non riesce a fermarsi, significa che non può farlo. La degenerazione a cui stiamo assistendo, insomma, non è un semplice inconveniente, per quanto grave: piuttosto è il presupposto stesso del sistema.

Qualcuno, a questo proposito, ha già coniato il termine “peggiocrazia”. Se in un normale sistema parlamentare è interesse dei cittadini essere rappresentati dalle persone più oneste e più capaci, che meglio cioè li amministrino e li rappresentino, nel nostro paese vige la regola contraria: una selezione naturale, scientificamente tollerata, che premia i disonesti, gli ignoranti, gli incapaci ed allontana i migliori.

Il motivo è semplice: gli onesti e i capaci non si controllano facilmente. Al contrario è necessario circondarsi di persone ricattabili, senza reputazione, avide o semplicemente ignare ed ignoranti, perché basta garantire denaro, potere, impunità, difesa corporativa, libero arricchimento personale (lecito od illecito non fa differenza) per assicurarsi il loro voto. In questo modo il parlamento è venduto al miglior offerente.

Questo è il senso della peggiocrazia; e questo è ciò che dovrebbe allarmarci davvero nel fenomeno della degenerazione della politica: vale a dire che i rappresentanti eletti da noi cittadini, al di là di quanto si intaschino, non stanno lavorando per noi, ma per qualcun altro. Il parlamento è di fatto alla mercé delle segreterie dei partiti, che impongono un certo voto ad un esercito di yes-man.
Così, ad esempio, si è consolidata la pratica del decreto-legge, fatta apposta per bypassare il voto parlamentare e già abbondantemente usata da Prodi prima, da Berlusconi poi e da Monti ora. I vertici dei partiti, non certo campioni di adamantina onestà e comprovata coerenza, sono avvicinabili ed influenzabili: l’attività lobbistica non è mica un reato.

Berlusconi, che perseguiva solo i suoi interessi personali, aveva trovato tranquillamente 314 parlamentari disposti a sostenere che è possibile scambiare una cubista minorenne marocchina per la nipote di un capo di Stato egiziano. Con un parlamento simile, qualcuno pensa davvero che sia difficile ottenere leggi contrarie agli interessi pubblici, ma favorevoli a ben precisi interessi privati?
Certo, ci sarebbe il quarto potere: l’informazione. Ma non è un segreto che i media italiani dipendano quasi tutti dalla politica o da quel corpo finanziario e industriale che con la politica ha sempre fatto comunella. E infatti ci viene raccontato che il problema è “Er Batman” Fiorito, non la democrazia italiana ormai ridotta a terra di conquista per potenti interessi privati. In questo contesto come si fa ad essere sicuri che le tasse si alzino, le banche siano rifinanziate, i diritti siano messi in discussione, i servizi pubblici vengano ridotti, tutto esclusivamente nel nostro interesse?

Andrea Giannini


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