Ecco una tabella che riassume i vari termini di prescrizione oltre i quali non è più possibile far valere diritti e doveri riguardo obblighi vari e pagamenti
Nei giorni scorsi siamo stati contattati dal Movimento Commercianti e Artigiani Liberi della Sardegna, che ci ha chiesto maggiori precisazioni su alcune tipologie di prescrizioni che possono riguardare il settore del commercio e dell’artigianato.
Innanzitutto ricordiamo un paio di definizioni: la prescrizione è un mezzo con cui l’ordinamento giuridico opera l’estinzione dei diritti quando il titolare non li esercita entro il termine previsto dalla legge (codice civile, art.2934 e segg.).
La decadenza consiste nella perdita della possibilità di esercitare un diritto per il mancato esercizio in un termine perentorio (codice civile, art.2964 e segg.)In termini pratici i due concetti sono molto simili, ma giuridicamente no. La prescrizione, infatti, è stabilita solo dalla legge mentre la decadenza può anche essere frutto di accordi tra due parti. Gli esempi tipici sono il termine entro cui si devono contestare i vizi sui beni acquistati dai consumatori (due mesi dalla loro scoperta, la decadenza) ed il termine entro il quale tale diritto può essere esercitato, promuovendo magari una causa (due anni dall’acquisto, la prescrizione).
Diamo un occhio anche ad altre due definizioni, perché il termine di prescrizione può essere soggetto a sospensione o ad interruzione:
La sospensione può essere determinata dall’esistenza di particolari rapporti che legano le parti (tra coniugi, genitori e figli minori, tutore e interdetto, etc.), da vincoli a cui potrebbero essere sottoposti i beni delle persone coinvolte (amministrazione altrui), quando vi sia un occultamento doloso da parte del debitore e da particolari condizioni del titolare (minori non emancipati, interdetti per infermità di mente, militari in servizio in tempo di guerra, etc.). Per ogni dettaglio si veda l’art.2941 del codice civile.
L’ interruzione può avvenire per diversi motivi. Tipicamente ha luogo quando il diritto viene esercitato dal titolare tramite notificazione di un atto con il quale si inizia un giudizio o di una richiesta – o intimazione – scritta (la cosiddetta “costituzione in mora”, che può contenere o meno un termine, si veda il codice civile, art.1219 e segg.). Si interrompe, in ogni caso, quando il diritto viene riconosciuto da colui contro il quale può essere fatto valere.Gli effetti sono sostanzialmente diversi, perché mentre la sospensione crea una parentesi (il periodo anteriore al verificarsi della causa di sospensione si somma con quello successivo), l’interruzione toglie ogni valore al tempo anteriormente trascorso.
Tutte le volte che il termine di interrompe, infatti, inizia un nuovo periodo prescrittivo analogo al precedente.Da ricordare che la prescrizione decorre dal giorno in cui si può far valere il diritto e termina quando si è compiuto l’ultimo giorno. Il calcolo dev’essere fatto considerando il calendario comune (quindi comprendendo sabati e festivi) e non deve considerare il giorno nel corso del quale cade il momento iniziale del termine. Se il termine cade in un giorno festivo il diritto è prorogato al giorno successivo non festivo. Per i termini a mesi la scadenza cade nello stesso giorno del mese iniziale o, in mancanza, nell’ultimo giorno del mese. Come si fa a contestare l’avvenuta prescrizione di un diritto da parte di chi ci chiede qualcosa?
Una volta appurato che vi sono i presupposti per contestare il decorso di un termine di prescrizione, sarà bene provvedere a sollevare la questione per iscritto, rispondendo alle richieste ricevute tramite una raccomandata a/r. In certi casi potrà essere opportuna una diffida, in altri una messa in mora.
Per sintetizzare tutto quanto, mi sono permesso di fare una cosa che spero sia gradita dai lettori: un vademecum il più possibile completo (qui il pdf).
Alberto Burrometo
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