L'Italia, insieme a Grecia e Ungheria, è l'unico paese europeo che non ha adottato la misura del reddito minimo garantito. Il sostegno della famiglia rimane a tutti gli effetti il grande ammortizzatore sociale utilizzato nel nostro paese
Probabilmente ormai nessuno se ne ricorda più, ma il ministro Elsa Fornero, a pochi giorni dall’insediamento, aveva dichiarato la propria preferenza personale per l’introduzione in Italia di un reddito minimo garantito. Questo aveva generato grandi aspettative, soprattutto tra chi attualmente si trova senza occupazione, ma purtroppo alle dichiarazioni non sono seguiti i fatti e il reddito minimo garantito non è mai entrato nell’agenda di governo. Si è tornati recentemente a parlare di questo tema grazie alla campagna di raccolta firme a sostegno della proposta di legge di iniziativa popolare per l’istituzione del reddito minimo garantito.
Questo disegno di legge prevederebbe l’erogazione di 600 euro mensili da parte dello stato a tutti gli individui (inoccupati, disoccupati, precariamente occupati) il cui reddito non superasse i 7200 euro annui. Per godere di questo reddito sarebbe necessario essere residenti sul territorio nazionale da almeno 24 mesi e si dovrebbe essere iscritti presso le liste di collocamento dei Centri per l’impiego. Il reddito minimo garantito verrebbe sospeso nei casi in cui il beneficiario dichiarasse il falso al momento della richiesta, venisse assunto con contratto di lavoro a tempo indeterminato, partecipasse a percorsi di inserimento lavorativo retribuiti, rifiutasse una proposta congrua di impiego dopo il riconoscimento delle sue competenze formali ed informali o al compimento dei 65 anni di età. L’introduzione di questo strumento avrebbe lo scopo di contrastare il rischio marginalità, garantire la dignità della persona e favorire la cittadinanza attraverso un sostegno economico. Molti di voi penseranno che sia utopistico pensare che lo stato possa erogare del denaro a tutti coloro che non hanno un lavoro fino a che non riescano a trovarne uno. Purtroppo avete parzialmente ragione: se in Italia tutto ciò è certamente un’utopia, nel resto d’Europa è ormai una realtà consolidata.
Tutti gli stati europei tranne Italia, Grecia e Ungheria hanno adottato questa misura. L’importo varia sensibilmente da paese a paese: si va dai circa 1200 euro mensili di Danimarca e Lussemburgo alle poche decine di euro della Lettonia. In generale l’importo viene calcolato tenendo conto dei bisogni di base: cibo, abiti, igiene, riscaldamento, educazione, ecc. ed è condizionato alla disponibilità di accettare eventuali opportunità di lavoro coerenti con la propria figura professionale e alla partecipazione a programmi di formazione professionale.
Ma è il resto d’Europa a essere particolarmente avanti oppure siamo noi a essere particolarmente indietro? Purtroppo siamo noi a non avere fatto il nostro dovere: ignoriamo da circa vent’anni la raccomandazione 92/441 del Consiglio europeo nella quale si auspicava l’introduzione del reddito minimo garantito in tutti gli stati membri. Invece di puntare su questo strumento che consentirebbe, tra le altre cose, di avere maggiore sicurezza e inclusione sociale, abbiamo deciso di surrogarlo con il sostegno della famiglia che rappresenta, a tutti gli effetti, il più grande ammortizzatore sociale utilizzato nel nostro paese. Pensate a tutte quelle persone che, a causa della crisi, sono attualmente disoccupate. Non sarebbe meglio che venissero aiutati dallo stato invece di dipendere, quando si è fortunati, dai propri genitori? E soprattutto: chi non può contare sulla famiglia a chi si deve rivolgere?
Penso sia giunto il momento di svolgere una riflessione seria su questo tema per trovare un modo per allinearci al resto d’Europa. L’introduzione del reddito minimo garantito, oltre ad essere una misura di equità e di inclusione sociale, rappresenterebbe anche un modo per colmare quella mancanza di fiducia nello stato e nelle istituzioni che sfortunatamente è, da ormai troppo tempo, una delle caratteristiche principali del nostro paese.
Giorgio Avanzino
[foto di Daniele Orlandi]
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