Per sapere se il governo riuscirà ad andare avanti bisogna guardare in casa PD, cercando di capire se il partito di maggioranza dimostrerà di avere lo stomaco sufficientemente forte per digerire un'alleanza con un pregiudicato per frode fiscale
Ora che Silvio Berlusconi è ufficialmente un pregiudicato, capitolando così dopo più di vent’anni di fuga dai numerosi processi pendenti, la domanda che tutti si fanno è: cosa succederà? Può il governo Letta sopravvivere alla condanna definitiva del principale leader alleato?
Per rispondere a queste domande non bisogna guardare ad Arcore. Il Cavaliere dimezzato è in una posizione di oggettiva debolezza e ha tutto da perdere a dar retta all’istinto, allo spirito guerriero che gli suggerirebbe di rovesciare il tavolo e portare tutti a nuove elezioni. Non è riesumando Forza Italia che può sperare davvero – al di là dei proclami – di ottenere quella maggioranza politica necessaria per togliersi di impaccio in Parlamento. Per cui, se la vecchiaia e la stanchezza non gli giocano brutti scherzi, Berlusconi farà di tutto per tenere in vita l’attuale esecutivo, nella certezza che per ora non rischia di finire in carcere e nella consapevolezza che solo tenendosi buono il PD può sperare di raccattare una qualche amnistia o leggina ad personam che lo metta al riparo da guai persino peggiori (processo Ruby). E dunque, per sapere se il governo riuscirà ad andare avanti, bisogna guardare proprio in casa PD, cercando di capire se il partito di maggioranza relativa dimostrerà di avere lo stomaco sufficientemente forte per digerire un’alleanza con un pregiudicato per frode fiscale.
A prima vista non parrebbero esserci problemi: il partito di Epifani si è messo da tempo alle spalle qualsiasi idealismo in nome della più bieca realpolitik. E non importa che nei fatti questa strategia si sia rivelata clamorosamente inconcludente. Il partito si è ormai legato mani e piedi all’obiettivo di garantire un governo all’Italia purchessia, senza discuterne la qualità o l’utilità. Ma in questo modo si è messo nella condizione di dover accettare di ingoiare rospi via via sempre sempre più grandi, per non dover ammettere che era stato un errore ingoiare quelli più piccoli; un po’ come la monaca di Monza descritta dal Manzoni ne I Promessi Sposi, che dapprima viene circuita dal padre, e poi in seguito è costretta a rinnovare voti sempre più saldi per non smentire sé stessa: «Dopo dodici mesi di noviziato, pieni di pentimenti e di ripentimenti, si trovò al momento della professione, al momento cioè in cui conveniva, o dire un no più strano, più inaspettato, più scandaloso che mai, o ripetere un si tante volte detto; lo ripeté, e fu monaca per sempre» (Capitolo 10).
D’altronde sarebbe un sofismo sostenere che la condanna definitiva cambia qualcosa: perché i fatti erano già sufficientemente accertati. Quello che Berlusconi ha commesso lo sapevano già tutti quelli che volevano farsi un’idea in merito. E lui è sempre lo stesso: era così ieri; era così due, cinque, o anche vent’anni fa. Pertanto non sembrerebbe esserci motivo sostanziale per ipotizzare che il governo venga picconato a breve: tutti hanno interesse a che le larghe intese continuino. Non a caso, da Napolitano a Letta, è stato tutto un appello a “la responsabilità”, a “l’interesse del paese”. La condanna, dunque, sembrerebbe solo una questione formale, destinata a non incidere più di tanto.
Eppure rimane un aspetto importante: ossia che la forma è sostanza. E nonostante tutto, per Berlusconi, per questo governo e per tutta questa classe politica, potrebbe essere cominciato davvero il conto alla rovescia. Se infatti i partiti hanno interesse a che nulla cambi, all’interno dell’opinione pubblica, invece, le cose cambiano eccome. Da ieri si può dire tranquillamente che Berlusconi è un delinquente senza tema di querela; si può dire, come ha detto Marco Travaglio, che l’antiberlusconismo ha avuto ragione, e non lo si può più contrapporre al berlusconismo come se si trattasse di un fenomeno equivalente; si può dire infine che è una contraddizione in termini quella di far riformare la giustizia, di far riscrivere la Costituzione e di affidare la lotta all’evasione fiscale a uno che si è beccato quattro anni per aver frodato il fisco.
Ciò significa che anche la balla secondo la quale siamo un popolo di evasori e corrotti, ed è per questo che la speculazione ci attacca, non potrà più essere raccontata, a meno di non compromettere le relazioni con il Cavaliere pregiudicato: sarà quindi necessario trovare una nuova scusa, col rischio però di smentire le ragioni che giustificherebbero questo governo, oppure giocarsi l’alleanza con il PDL, facendo cioè saltare di fatto questo governo. Come se non bastasse questa sentenza da forza, fuori dal Parlamento, ai movimenti che si oppongono a Berlusconi e, dentro al Parlamento, a SEL e M5S, che da oggi hanno nuovi e solidissimi elementi per criticare l’inciucio e mettere in difficoltà il PD. Se a ciò si aggiunge che il mese prossimo ci sono le elezioni in Germania (che con ogni probabilità non toglieranno le castagne dal fuoco alla politica europea) e che la crisi economica non si allenta, ecco che diventa sempre più probabile che l’attuale esecutivo sia destinato a sfasciarsi a breve giro. Come, ancora non è chiaro: ma le premesse ci sono tutte. E anche se non è possibile fare previsioni precise, una cosa si può dire: c’è la seria possibilità che a settembre, quando questa rubrica riprenderà, le cose si avvieranno ad essere molto, molto diverse.
Andrea Giannini